RISULTATI AGENZIA ENTRATE 2016: SOLO PROPAGANDA E IPOCRISIA

Roma -

Un incomprensibile entusiasmo ha accompagnato la presentazione dei risultati raggiunti nel 2016 dall’Agenzia delle Entrate.

Il Ministro Padoan e il Direttore dell’Agenzia delle Entrate esaltano le linee operative del Governo, magnificando i risultati ottenuti per il 2016 (19 miliardi di incasso) ed esaltando la tax compliance quale nuova frontiera di un rinnovato rapporto tra Fisco e contribuenti (leggi grandi imprese e banche).

Il ragionamento alla base della tax compliance è tanto sbagliato quanto socialmente iniquo: per attrarre investimenti dall’estero bisogna ridurre il carico fiscale e poco importa, poi, se i bilanci essiccati dal deficit delle entrate, vengono ripianati esasperando la tassazione sui redditi da lavoro dipendenti e da pensione e tagliando i servizi sociali.

Il “nuovo” corso della politica fiscale, al di là della propaganda governativa alla quale si associano prontamente anche i vertici della nostra amministrazione, sta pian piano mutando la funzione sociale del nostro lavoro non più orientato a contrastare la piaga dell’evasione fiscale ma trasformato in attività di consulenza proprio di quei soggetti (banche e grandi imprese) che campano e fanno profitti eludendo ed evadendo il fisco.

Di tutto questo crediamo non ci sia nulla di cui rallegrarsi…

Non c’ è nulla da rallegrarsi per 19 miliardi di introiti fiscali se l’evasione annua ammonta a 180 miliardi, se i controlli fiscali diminuiscono, e se ben 4 di quei 19 miliardi provengono dalla vergogna di quel condono delicatamente e ipocritamente chiamato voluntary disclosure che sta consentendo, a chi ha illegalmente esportato all’estero capitali, di farli rientrare godendo di impunità penale e sconti sulle sanzioni.

Non c’ è nulla da rallegrarsi se nella delega fiscale e nel cambiaverso sono contenute norme che strizzano palesemente l’occhio agli evasori mentre aumenta il carico fiscale irpef sui redditi da lavoro dipendente e da pensione.

Non c’è nulla da rallegrarsi se il fisco da strumento di redistribuzione della ricchezza diventa la leva per acuire le diseguaglianze sociali.

Non c’è è nulla da rallegrarsi se il personale è in costante diminuzione e se si chiudono uffici invece di potenziare il comparto per dichiarare davvero guerra all’evasione fiscale.

Né, per quanto riguarda il futuro del Fisco, è sufficiente ripetere ancora lo stucchevole ritornello sull’ autonomia delle agenzie fiscali che, al di là della retorica, si è tradotto in politiche retributive spregiudicate nei confronti di una ristretta minoranza del personale mentre vincoli, lacci e lacciuoli vengono puntualmente invocati quando occorre dare risposte a tutto il personale.

E suonano fastidiosi i rituali complimenti rivolti dal Direttore dell’Agenzia ai lavoratori per il raggiungimento degli obbiettivi mentre, tra provvedimenti disciplinari, direttive unilaterali ed attività inquisitoria dell’Audit, si trasformano gli uffici in tante piccole caserme.

O mentre si blatera sulla valorizzazione delle risorse quando al danno di un blocco contrattuale senza fine, si aggiunge la beffa del nostro salario accessorio tagliato ogni anno senza colpo ferire.

O quando si mettono sul piatto risorse minime per finanziare le progressioni economiche e si vuole trasformare un istituto contrattuale nato per dare risposte a tutti i lavoratori, in una resa dei conti attraverso l’introduzione di meccanismi di valutazione.

Siate seri, risparmiateci almeno la vostra ipocrisia …