Lettera aperta a Ruffini

Roma -

All’Avv. Ernesto Maria Ruffini

 

Egregio Direttore,

 

ci rivolgiamo a Lei all’indomani del suo insediamento al vertice dell’Agenzia, per aprire un confronto serio sui temi che interessano il comparto, nell'interesse dei lavoratori e della collettività.

Siamo da sempre convinti del ruolo strategico del Fisco e della inderogabile funzione sociale che la Costituzione ci assegna, ma da tempo riscontriamo un pericoloso disinvestimento sul fronte della lotta all’evasione fiscale e, di conseguenza, sul comparto.

I segnali di questo disinvestimento li cogliamo non solo in politiche fiscali troppo benevolenti nei confronti della piaga dell’evasione fiscale, ma anche in politiche di gestione del personale troppo sbilanciate verso una cerchia ristretta del personale a scapito della stragrande maggioranza dei lavoratori.

Con l'attribuzione di incarichi dirigenziali fuori da ogni procedura concorsuale, l'aumento a dismisura degli incarichi di responsabilità pagati con il Fondo di tutti i Lavoratori, l'utilizzo dell'Audit in funzione esclusivamente repressiva anche per semplici errori formali e il conseguente abuso delle sanzioni disciplinari, si è alimentato nei confronti dei lavoratori del Fisco, un pericoloso clima da caccia alle streghe, e scavato un solco profondo fra il management dell'Agenzia e il resto del personale.

Ad accentuare questa distanza, hanno contribuito anche recenti inchieste giudiziarie che hanno coinvolto alcuni dirigenti di questa Agenzia.

Non compete a noi emettere sentenze, ma non possiamo non rilevare che, mentre si dedicava, ben al di là di ogni ragionevolezza, una spasmodica attenzione verso ogni singolo comportamento dei lavoratori, si sviluppavano, in alcuni casi, pericolose commistioni con un mondo economico scaltro e spregiudicato rispetto al quale, siamo fermamente convinti, occorrerebbe ribadire la piena distinzione dei ruoli.

Per queste ragioni, chiediamo segnali chiari di discontinuità rispetto alle gestioni precedenti, non limitandosi alle belle parole tante volte indirizzate nei confronti dei lavoratori, ma poi sistematicamente contraddette da comportamenti che andavano in direzione esattamente contraria.

Occorre potenziare il comparto sia attraverso un piano massiccio di assunzioni, sia attraverso il pieno riconoscimento di quelle professionalità che i lavoratori hanno acquisito sul campo, a partire dalla riapertura immediata della trattativa sulle progressioni economiche, con una accordo che si concluda nell’anno in corso, mettendo sul piatto tutte le risorse disponibili e senza introduzione di strumenti arbitrari di valutazione.

Nel contempo Le chiediamo un intervento forte presso l’autorità politica per stabilizzare quote del nostro salario accessorio, condizione necessaria per garantire sviluppi economici a tutto il personale.

Ma occorre anche archiviare definitivamente la stagione degli incarichi dirigenziali e delle soluzioni tampone attraverso il bando di un vero concorso pubblico per dirigenti che riconosca finalmente pari opportunità a tutti i partecipanti e che restituisca, a chi svolge questo ruolo, la necessaria indipendenza.

Egualmente, sul fronte del clima interno, il tanto invocato “benessere organizzativo” deve tradursi in atti concreti. Da questo punto di vista, le tante domande presentate per la procedura del telelavoro, gestita dall’Amministrazione in maniera opaca ed arbitraria, costituiscono un preoccupante sintomo non solo della sempre crescente difficoltà di conciliazione tra tempi di vita e tempi di lavoro, ma anche del persistente malessere che si vive negli uffici.

Un malessere riconducibile anche all’annosa questione dei rischi professionali nei quali i lavoratori, per la delicatezza della funzione che svolgono, incorrono e rispetto ai quali troppe volte questa Amministrazione ha mostrato disinteresse lasciando da solo il personale, senza garantirgli quel sacrosanto diritto alla giusta difesa del quale l’Amministrazione, in qualità di datore di lavoro, dovrebbe naturalmente farsi carico.

In questo quadro crediamo debba essere ripensato anche il ruolo dell’Audit: fermo restando la necessità di tale istituto in ottica anti corruzione, occorre che l’attività a presidio della correttezza “amministrativo contabile”, sia orientata ad affiancare l’attività lavorativa, e non ad intervenire ex post in funzione meramente sanzionatoria.

Questi aspetti, che abbiamo brevemente illustrato, rappresentano quei segnali di discontinuità da noi invocati, utili a rilanciare il ruolo strategico del Fisco e, al contempo, ad instaurare un clima lavorativo più sereno.

Su questi temi chiediamo che si apra al più presto un confronto, al quale come O.S, ci rendiamo subito disponibili.

 

Piacenza, 28 giugno 2017                                      Distinti saluti