A PROPOSITO DI DECENTRAMENTO DELLE FUNZIONI CATASTALI (appunti per un'Assemblea, idee per un decentramento possibile)

Roma -

La legge delega n.59/97, la cosiddetta legge Bassanini è decisamente il motore trainante di tutto il processo di cambiamento attuato negli ultimi anni della P.A , processo insito proprio nel criterio di sussidiarietà . Infatti  la legge 59/97 “delega al Governo per il conferimento alle Regioni ed agli Enti Locali di funzioni e compiti amm.vi relativi alla cura di interessi … nonché tutte le funzioni e i compiti amm.vi  localizzabili nei rispettivi territori in atto esercitati da qualunque organo o amministrazione dello Stato, centrali o periferici ovvero tramite Enti o altri soggetti pubblici... e prevede ... la soppressione, trasformazione o accorpamento delle strutture centrali  e periferiche interessate dal conferimento di tali funzioni e compiti amm.vi”.

 Il decreto legislativo 112/98, poi, individua le aree di applicazione determinando il concreto decentramento del catasto agli enti locali. In particolare l’art.66 di questo decreto determina che tutte le principali funzioni catastali sono conferite agli enti locali lasciando allo Stato (art.65) le Conservatorie e lo studio di metodologie e procedure utili a modificare la normativa catastale, mentre l’art.7 dello stesso determina il trasferimento parziale dei beni e risorse finanziarie, strumentali, organizzative  e umane, indicando genericamente le modalità e le procedure per il trasferimento di personale. Il successivo DPCM 19.12.2000 integra ma non esaurisce il gravoso problema di trasferimento di personale (art. 2) e di risorse finanziarie (art. 3).

Negli ultimi anni l’attuazione del 112/98 è rimasta in una posizione di stand-by, anche per il cambiamento di Governo ma in questi giorni alla luce delle recenti elezioni il nuovo esecutivo sembra aver dato una incredibile accelerata.  Alcuni organi di stampa, in sostanza,  hanno affermato che il Governo, varando una finanziaria con cospicui tagli agli Enti locali, compenserà gli stessi regalandogli le funzioni catastali. In altre parole l’Agenzia del Territorio diventerebbe merce di scambio per una duplice ragione: da una parte accontentare l’Europa quadrando i conti con una finanziaria selvaggia, dall’altra facendosi perdonare dagli Enti locali regalandogli, per così dire, la gestione completa del Catasto.

Anche noi abbiamo una duplice ragione per infuriarci: da un lato come cittadini per l’inequità fiscale alla quale sicuramente andremo incontro correndo il rischio che due abitazioni identiche in comuni limitrofi potrebbero avere base imponibile diversa, creando di conseguenza un sperequazione che avrà immediata ricaduta su ICI, imposta di Registro (quindi su compravendite, successioni, ecc.) e dichiarazione dei redditi, dall’altro lato, inutile dirlo, come lavoratori ridotti a sentirci solo un costo, cioè un peso, e non una risorsa da utilizzare, costringendo i Comuni ad una inutile organizzazione e formazione i cui costi, ovviamente, ricadranno sui cittadini.

In data 28 settembre 2006,poi,  il decentramento catastale è stato rilanciato da un Protocollo d’Intesa siglato tra ANCI e Governo. L’Intesa prevede che i Comuni e l’Agenzia del Territorio (?) definiscano in maniera concertata un programma che permetta ai Comuni di dotarsi degli strumenti e delle competenze adeguate per la gestione della banca dati catastale (art.1), stabilendo i tempi per la realizzazione del decentramento in base alle risorse finanziarie ed umane messe a disposizione (art. 2). Ogni commento appare superfluo!

La nostra O.S. guarda con grande preoccupazione al concetto di decentramento così come si sta delineando e a quanto esso sia pericoloso. Le ultime scelte del Governo sembrano non tenere conto dello scardinamento che si andrebbe a compiere relativamente a quelli che sono e devono rimanere poteri dello Stato primo fra tutti di garantire una politica fiscale equa ed uniforme su tutto il territorio nazionale. La nostra storia ci insegna che l’eccessiva valorizzazione dei Comuni va a cozzare con i principi sanciti nella Costituzione. Infatti prima dell’unificazione d’Italia  i tipi di catasto erano addirittura 24  e con atto di grande civiltà nel 1886 venne istituito l’Ufficio Generale del Catasto e della Commissione Censuaria proprio in base al principio di equità tributaria. Nel corso dei tempi, poi, fu istituita l’ICI in base alla quale i Comuni hanno il potere di stabilire le aliquote della loro maggiore imposta nell’ambito di una forbice stabilita dallo Stato in quanto la base imponibile, cioè gli estimi catastali, sono stabiliti esclusivamente dallo Stato stesso.

I Comuni già intervengono in parte sull’ICI (così come sui condoni edilizi e sui controlli degli abusivismi) ma il decentramento darebbe loro il potere di intervenire sugli estimi catastali sia con una revisione delle tariffe sia con il puntale accertamento sulle nuove costruzioni e sulle variazioni. Questo è il vero nodo del problema. Gli estimi catastali rappresentano la base imponibile sulla quale viene costruita l’ICI, l’imposta di Registro, l’Irpef, l’ISEE, ecc.. Gli estimi catastali danno il potere ai Comuni di modificare i classamenti e le rendite catastali.

Abbiamo letto, in questi giorni, una campagna stampa diffamatoria e totalmente infondata in base alla quale questo decentramento sarebbe giustificato dal fatto che i Comuni sarebbero (Sole 24 ore del 29/09/06) “più rapidi ad aggiornare rendite e classamenti, in qualche caso fermi da decenni. E la conferma viene dalle prime sperimentazioni, che hanno aumentato il gettito ICI del 20%”. Niente di più falso!

L’Agenzia del Territorio attraverso il lavoro dei suoi dipendenti  (a tempo indeterminato e determinato) ha completamente smaltito l’arretrato, ha raggiunto la completa informatizzazione delle procedure di aggiornamento del Catasto Terreni e Fabbricati e si stava accingendo alla riforma del sistema degli estimi, vale a dire non la revisione dell’estimo in se stesso ma di tutta la struttura che determina l’imponibile. Tutto ciò sta a significare che, dopo anni di silenzi politici sull’argomento, finalmente si sarebbe potuto assistere ad un  tentativo serio di raggiungere quanto più possibile una reale equità fiscale.

La riforma del sistema degli estimi, in altre parole, se fatta in maniera “equa” e senza “pressioni” di categoria o necessità di fare “cassa”, ci permetterebbe per esempio, di andare a sanare eventuali sperequazioni non solo in aumento ma anche in diminuzione e a rivedere le posizioni di  patrimoni immobiliari di banche, assicurazioni, ecc 

Va da se che questo tipo di riforma può essere tale solo se fatta in ambito nazionale e non può essere demandata ai singoli sindaci di ogni singolo comune, non solo per l’evidente rischio di disomogeneità dei tributi, ma soprattutto perché gli stessi non avrebbero la forza per contrastare sicure pressioni di categorie interessate.

In altre parole nel momento in cui l’Agenzia del Territorio era finalmente pronta per una riforma del sistema degli estimi, questo Governo stoppa tale operazione riproponendo un decentramento selvaggio e posticipando ancora una volta una riforma che i cittadini aspettano da troppo tempo, delegando agli Enti Locali una responsabilità che gli stessi non possono essere in grado di gestire.

Uno dei maggiori rischi che si corre è quello che molti Comuni nella impossibilità oggettiva di gestire il catasto appalteranno lo stesso a società private  (Consorzi, Fondazioni , Associazioni Professionali )………!

Probabilmente queste società private coprirebbero gli interessi solo di alcune categorie viste, per esempio, le scettiche reazioni del Presidente di Conferedilizia il quale al Sole 24 ore sul passaggio ai Comuni del Catasto dichiara “Grandi vantaggi per i cittadini, con le visure che sono disponibili on-line, non credo ne vengano. Per quel che riguarda i nuovi estimi, la Corte Costituzionale è stata chiara: il Catasto è solo provvisoriamente a valore. Quindi deve basarsi sul reddito.”

Da quanto analizzato fino ad ora le conclusioni sembrano ovvie: il passaggio del catasto ai Comuni non porterebbe nessun giovamento ai cittadini in termini di efficienza dei servizi  (ma sull’argomento ci torneremo) e soprattutto in termini di equità fiscale, probabilmente ci troveremmo a pagare più ICI  per la prima casa, a scontare l’appartenenza geografica al nord e/o al sud del Paese e a vedere arricchirsi ulteriormente una serie di categorie comunque di per sé già privilegiate.

Nell’ambito di tutto questo ragionamento non abbiamo sottolineato il fatto che l’agenzia del territorio comprende non solo le funzioni catastali ma gestisce, anche, le Conservatorie dei registri Immobiliari. Le Conservatorie, per legge, non possono essere esternalizzate e/o privatizzate e la loro funzione è quella di vigilare ed aggiornare i registri immobiliari per un corretto e trasparente funzionamento del mercato immobiliare stesso. Il passaggio del catasto ai Comuni significherebbe anche una scissione tra la funzione “catasto” e i Registri Immobiliari dello Stato con una irrecuperabile dispersione di notizie per la gestione della cosa pubblica.

Ma tornando alle infauste dichiarazioni del Sole 24 ore per il quale i Comuni sarebbero “più rapidi ad aggiornare rendite e classamenti, in qualche caso fermi da decenni. E la conferma viene dalle prime sperimentazioni, che hanno aumentato il gettito ICI del 20%” è necessario entrare nel merito delle prime sperimentazioni .

Le prime sperimentazioni appunto, nascono circa 5 anni fa con l’apertura di alcuni “poli catastali” (circa 30) vale a dire sportelli in tutto e per tutto con funzioni catastali “gestiti” da personale del Comune affiancati, almeno per un certo periodo, dal personale dell’Agenzia del Territorio. Il primo polo nato in via sperimentale è quello di San Giovanni in Persiceto, comune del bolognese.

Ed è a San Giovanni  in Persiceto che il “nostro” ha fatto visita il 25 settembre u.s. per rilanciare e, diciamo, celebrare l’imminente decollo del decentramento. Il personale dell’Agenzia del Territorio, capitale di professionalità altissimo, non deve preoccuparsi si parlerà con loro per averli partecipi e consapevoli - nonché gioiosi – del decentramento questo quello che ha detto in estrema sintesi  Alfiero Grandi, mentre il sindaco di San Giovanni ha aggiunto che La sperimentazione è andata benissimo, abbiamo avuto ottimi risultati abbiamo avvicinato il vecchio catasto al cittadino, possiamo recuperare per evasione ed elusione almeno il 20% di rendita ICI :il catasto ha fatto molti errori di attribuzioni delle rendite.

Peccato che i giornali si siano, diciamo così, dimenticati di riportare anche le dichiarazioni del Direttore Generale dell’Agenzia Dottor Mario Picardi e quelle del Direttore dell’Ufficio Provinciale di Bologna, Ingegner Marco Selleri il quale ha dichiarato che In cinque anni il polo di San Giovanni non ha fatto niente di più o di meglio dell’ufficio provinciale che ancora deve supportare il polo ………

Se il polo di San Giovanni è “la vetrina migliore” della sperimentazione è facile dedurre che la realtà di tutti gli altri poli aperti negli ultimi anni non è molto diversa. La sperimentazione ha dimostrato che gli impiegati dei Comuni non sono dei Superman o forse sarebbe più corretto dire che i lavoratori del Catasto non sono più quei personaggi fantozziani descritti per troppo tempo; la sperimentazione ha dimostrato che il supporto di alta professionalità dell’Agenzia del Territorio è la condizione senza la quale i Comuni non possono gestire autonomamente la macchina catastale.

In realtà ci sono state collaborazioni intelligenti tra Comuni e Agenzia, Protocolli d’Intesa che hanno però sempre salvaguardato sia  l’autonomia, sia la capacità professionale dell’Agenzia stessa,  tenendo sempre ben presente la linea di confine che delimita le competenze.

Alla luce di alcune esperienze interessanti ci sentiamo nella condizione di avanzare una proposta di decentramento possibile. Si potrebbe, con un accorpamento di vari Comuni a carattere provinciale costituendo, appunto, una sorta di “polo provinciale” collegato alla banca dati catastale in modo da avere tutti gli strumenti necessari, aggiornati in tempo reale, per effettuare i controlli relativi all’ICI, alla TARSU (tassa sui rifiuti) agli abusivismi, ecc. e che possa stipulare delle Convenzioni in base alle quali l’agenzia stessa svolgerebbe per loro conto aggiornamenti, accertamenti, verifiche, controlli e rettifiche sulle unità immobiliari ricadenti nel territorio di competenza migliorando. Questa stretta collaborazione porterebbe sicuri benefici sia al lavoro dell’Agenzia del Territorio che avrebbe maggiori informazioni dal Comune (PRG, piani di riqualificazione, modifiche dello stradario, ecc) sia nella lotta all’evasione del Comune con i dati sempre aggiornati del Catasto.

La gestione in convenzione rappresenta l’unico decentramento possibile attraverso il quale possono venir fatte salve la professionalità dell’Agenzia stessa con tutto quello che contiene  e, contemporaneamente, la gestione stessa del complesso sistema-Catasto.

L’Ente Provincia (Regione), poi, potrebbe essere in qualche modo il super-visore ed al contempo il garante  del corretto rapporto comune – catasto, un rapporto che comunque dovrebbe garantire la centralità  delle funzione catastale dello Stato in questo caso rappresentata dall’Agenzia stessa.

Nella peggiore delle ipotesi, peraltro, un tipo di decentramento moderato garantirebbe se non altro la sopravvivenza dell’Agenzia del Territorio in termini di risorse umane. 

Risorse umane appunto, vale a dire lavoratori  o meglio impiegati del Catasto la cui definizione fa sorridere. L’opinione pubblica è stata a lungo legata a questo modello di impiegato statale un po’ goffo e tendenzialmente lavativo, etichetta appiccicata addosso a questi lavoratori, loro malgrado, solo per il fatto di appartenere  a questa categoria. 

Peccato che non ci sia stata la stessa solerzia ed onestà intellettuale da parte dei mass-media e, diciamolo, anche della classe politica in generale ad informare la cittadinanza che il Catasto è stato trasformato in Agenzia del Territorio e con esso anche il suo personale.

In cinque anni  è stato “forgiato” un lavoratore tipo al quale è stato chiesto molto e, visti gli ultimi sviluppi, c’è stato anche una sorta di inganno.

In realtà il sistema lavorativo da sempre definito inadeguato è stato completamente stravolto ed è stato forgiato un nuovo dipendente del catasto assolutamente efficiente ed efficace all’azione non solo amministrativa ma anche e soprattutto produttiva.

Il bluff è consistito nel chiedere a questi lavoratori di diventare moderni ed efficienti  perché solo offrendo un servizio  qualitativamente valido potevano garantirsi la sopravvivenza.

Così l’Agenzia del Territorio e, quindi, i suoi dipendenti ha completamente smaltito l’arretrato, ha raggiunto gli obietti cosiddetti sfidanti, ha migliorato la leva tecnologica informatizzando completamente le procedure di aggiornamento del Catasto Terreni e Fabbricati abbassando notevolmente i tempi di aggiornamento della banca dati catastale e di rilascio di visure e certificazioni.

Ma c’è di più sono stati  assunti a tempo determinato circa 1500 lavoratori  che da 8 anni si prodigano affinché la baracca vada avanti, 1500 lavoratori con la qualifica specifica di geometri affinché  il vecchio Catasto diventasse quello che oggi è l’Agenzia del Territorio: alte e specifiche professionalità  create con l’obiettivo di servire sempre meglio il Paese.

Professionalità difficilmente rimpiazzabili, se non con tempi lunghi e costi esorbitanti, senza le quali risulta impossibile gestire in maniera adeguata il Catasto. Quindi oltre il danno anche la beffa: complimenti lavoratori tutti dell’Agenzia del Territorio avete confezionato un pacco regalo perfetto e ora gioiosamente, consegnatelo ai Comuni che avranno tempo e modo per ridurlo quello che era 120 anni fa, un’accozzaglia di dati non confrontabili tra loro!


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