L'OCSE all'Agenzia delle Entrate

Roma -

Tra la riforma della Pubblica Amministrazione che dà enormi poteri alla dirigenza e cancella la contrattazione collettiva e il governo Renzi che con il suo cambiaverso sta mascherando una gigantesca operazione di dismissione dell'apparato fiscale (vedi nostro comunicato) c'è da chiedersi cosa resterà delle Agenzie fiscali da qui a breve.

 

Una riflessione più ampia sulla nostra amministrazione è stata fatta nel corso di un incontro avuto con la delegazione OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) che in questi mesi ha condotto insieme al Fondo Monetario Internazionale un'indagine sulla PA italiana con particolare attenzione proprio al nostro comparto.

 

Abbiamo dichiarato all'OCSE presente con il capo delegazione dott. Russo e al ministro Padoan, rappresentato dal suo consigliere politico Vieri Ceriani che la nostra organizzazione sindacale si era opposta al modello delle Agenzie sin dalla loro nascita e che oggi le ragioni di quella nostra opposizione sono evidenti a tutti. Perfino a quelle organizzazioni sindacali che qusto modello lo sponsorizzarono a tutti i livelli e fra i lavoratori, promettendo mari e monti in termini di prospettive di crescita retributiva e professionale.

 

Tutte quelle promesse si sono infrante sul muro di una dirigenza attenta esclusivamente agli interessi della propria bottega, come ha dimostrato la vicenda degli incaricati e pronta a farsi più realista del re quando c'era da bastonare i lavoratori.

 

Al resto ci hanno pensato i governi di turno con riforme che di fatto hanno azzerato ogni possibilità di crescita retributiva, chiudendo le porte dei passaggi fra le aree e trasformando con la complicità sindacale perfino le progressioni economiche, pagate con i soldi di tutti i lavoratori, in un estenuante percorso a ostacoli fatto di valutazione individuale, paletti, barriere e lunghi anni di stop.

 

Un terzo della vita delle Agenzie fiscali è passato all'ombra del blocco contrattuale che ha impoverito le retribuzioni e nell'impossibilità di finanziare perfino le progressioni economiche.

 

Ciò non ha impedito alla dirigenza di vedere crescere esponenzialmente la propria retribuzione dentro quell'uso fin troppo disinvolto degli incarichi che nel tempo l'ha trasformata in un circolo esclusivo per pochi eletti. E mentre ciò accadeva, la stessa dirigenza esercitava enormi pressioni sui lavoratori, aumentandone i carichi di lavoro, le responsabilità, le pressioni anche con un uso del codice disciplinare che definire minaccioso è eufemistico.

 

I lavoratori si sono trovati così fra l'incudine del Governo e il martello della dirigenza, ricevendo il peggio da ciascuno dei due mentre il lavoro aumentava, la qualità della vita lavorativa peggiorava e le retribuzioni continuavano a diminuire drasticamente per effetto di blocchi, tagli, tetti ai fondi.

 

Il bilancio è quindi ampiamente negativo e ciò viene ammesso anche da quelle organizzazioni sindacali che tutto ciò hanno permesso o avallato ai tavoli negoziali e nei loro intrecci politici.

 

Oggi le Agenzie fiscali sono sotto il tiro del governo e dell'opinione pubblica, che ci sparano addosso per ragioni opportunistiche che nulla hanno a che fare con il buon funzionamento della macchina fiscale. Tutti gli errori commessi in questi anni sono diventati altrettante contraddizioni e hanno prodotto una spaccatura interna fra i lavoratori che forse è il punto di maggiore debolezza.

 

Perché dovremmo difendere un'Amministrazione che ha curato gli interessi di una ristretta cerchia, negando possibilità di sviluppi professionale, diritti elementari come il part time, prospettive stabili di crescita retributiva? Questa è la domanda che migliaia di lavoratori si fanno ogni giorno e che li porta a identificarsi più in coloro che hanno attaccato con veemenza le Agenzie senza riflettere che di questo attacco proprio i lavoratori sono il bersaglio più grosso.

 

Mentre il Governo trama per indebolire la lotta all'evasione fiscale, cedendo i servizi fiscali ai privati (CAF, Patronati, studi tributari) e avocando il controllo politico delle Agenzie e della leva fiscale. Con la prossima imminente riduzione dei comparti lo stesso Governo si appresta a spazzare via il nostro contratto: si tratta di una gigantesca operazione di macelleria amministrativa che porterà ulteriore riduzione di diritti, ulteriore compressione salariale, meno democrazia e più appiattimento in tutto il panorama della PA.

 

Per un comparto ad alta specializzazione tecnico-professionale com'è il nostro, si aprono due strade: o il ritorno al modello ministeriale che rappresenta un ritorno al passato dentro il disegno governativo di svilimento e cancellazione della PA; oppure il mantenimento di quell'autonomia tanto invocata dai vertici delle Agenzie - e anche da qualche sponda sindacale - che però si rischia di ottenere solo attraverso più spregiudicate forme di privatizzazione.

 

USB si sta battendo con ogni iniziativa che ha incluso anche lo sciopero generale, per lo sblocco dei contratti e contro la loro cancellazione. Se il ritorno al passato e cioè al modello ministeriale significa rinunciare a costruire modelli organizzativi più moderni e al passo con i tempi (tra l'altro per molti lavoratori si tratterebbe di una novità, dato che la loro vita professionale è nata proprio dentro le Agenzie) la privatizzazione in qualunque forma accada va scongiurata così come andrebbe scongiurata l'ulteriore cessione di funzioni fiscali ai privati. Basterebbe fare un onesto esame di coscienza per riconoscere i tanti errori fatti dall'Amministrazione e dalle organizzazioni sindacali compiacenti per correggere il tiro e rimettere in moto con nuovo slancio la macchina fiscale, rimuovendo tutti gli ostacoli legislativi che l'hanno inceppata e modificando i punti deboli del modello Agenzie.

 

Dopo quindici anni di promesse mancate o mantenute solo in minima parte tutti sanno cosa ha impedito di dare ai lavoratori stabili sviluppi professionali, una costante crescita retributiva, più diritti e migliori condizioni di lavoro. Quelle stesse forze che hanno impedito di raggiungere questi obiettivi oggi stanno lavorando per mettere la parola fine a ogni tentativo di costruire una PA più moderna, efficace ed efficiente quanto mai necessaria in ogni ambito, in ogni servizio alle persone e ovviamente anche in un settore che dovrebbe far pagare le tasse a chi non le ha mai pagate per redistribuire redditi, diritti, dignità alle fasce sociali sempre più deboli e sempre più vaste.