Agenzia Entrate - Eppur si muove?!?

Nulla di fatto sulla mobilità nazionale. Appuntamento fra dieci giorni.

Roma -

Tempo di fumate nere al tavolo dell'Agenzia Entrate. Dopo il niente di fatto registrato in occasione dell'improbabile accordo sui CAM, anche la procedura per la mobilità nazionale dovrà aspettare almeno sette giorni per vedere la luce. La riunione del 26 maggio è andata a vuoto e se ne riparlerà il prossimo 6 giugno. Molti i nodi da sciogliere.

 

L'impressione registrata al tavolo è che ci sia bisogno di una ventata d'aria nuova su tutto il meccanismo che governa la mobilità volontaria sul territorio nazionale. Nel corso di quasi sei anni, dal settembre 2002 ad oggi si sono stratificati svariati accordi che mostrano oggi tutto il peso del tempo. Sarebbe quindi opportuno procedere a una rivisitazione sostanziale dell'accordo, a partire dalla ponderazione dei titoli. Pur essendo necessario definire anche gli aspetti numerici, non ci piace l'idea di sederci al tavolo limitandoci ad avanzare proposte meramente quantitative volte ad ampliare la platea dei soggetti potenzialmente interessati o a modificare i contingenti in entrata o in uscita dalle varie regioni.

 

Crediamo invece di dover dare priorità ad altri aspetti più strutturali, primo fra tutti appunto la rivisitazione dei titoli - e dei relativi punteggi che da essi scaturiscono - utili per acquisire una posizione valida "in uscita". Ma vanno risolte anche altre questioni, tra cui quella di assicurare maggiore fluidità alla graduatoria nazionale che spesso si cristallizza a causa dell'indecisione di molti vincitori che al termine del periodo di riflessione scelgono di rinunciare al diritto acquisito.

 

Deve certamente essere assicurata a tutti la possibilità di cambiare idea a fronte di insorti imprevisti, ma deve allo stesso tempo essere individuato un meccanismo che favorisca chi effettivamente ha maturato la scelta di cambiare la sede di lavoro. I dati forniti dall'amministrazione sembrano invece evidenziare l'abitudine a partecipare sempre e comunque alla procedura di mobilità nazionale, quasi che a ciò si affidasse l'esito di un ipotetico futuro che non si sa se realizzare effettivamente. Nulla di male, se ciò non comportasse il congelamento delle graduatorie e tempi di attesa troppo lunghi per chi invece desidera effettivamente - e senza incertezze - cambiare sede di lavoro.

 

Non condividiamo poi i tentativi fatti al tavolo di introdurre solo alcuni piccoli "ritocchi" alla valutazione dei titoli in nome della necessità di soddisfare le esigenze di Lavoratori che si trovano in condizioni particolari. Il rischio che si corre operando in questo modo e cioè fuori da una rivisitazione complessiva dell'accordo è quello di dar vita, più o meno consapevolmente, a provvedimenti ad personam o giù di lì.

 

Infine auspichiamo che il nuovo accordo, qualora ne dovesse arrivare uno, tenga conto della necessità di separare la mobilità dipendente da motivi di salute da quella legate a scelte di natura logistica: un conto è doversi muovere per ricevere magari delle cure mediche specialistiche che vengono erogate da particolari strutture sanitarie e un altro conto è la necessità di avvicinarsi al nucleo familiare proprio o a quello di origine. Siamo di fronte a esigenze tutte rispettabili ma è evidente che ci sono delle priorità ed è altrettanto evidente che alcuni bisogni non possono essere messi in graduatoria. Andrebbe poi regolato meglio il meccanismo degli scambi di sede, evitando di imputare questi movimenti al conto della mobilità e garantendo massima trasparenza e più opportunità di accesso a tutti, per evitare corsie preferenziali.

 

C'è molto lavoro da fare, per ottenere un accordo sulla mobilità al passo con i bisogni dei Lavoratori, in attesa del giorno in cui a spostarsi sul territorio sia il lavoro e non siano più le persone.