Agenzie Fiscali - Cartoline dal futuro

Roma -

Abbiamo parlato dello sciopero del 17 ottobre come di un punto di non ritorno, grazie a un'adesione senza precedenti che ha ridato fiato e fiducia ai lavoratori pubblici e ai loro bisogni. La realtà rimane in costante e rapida evoluzione anche se nulla sta accadendo oggi che ieri non fosse largamente prevedibile.

 

A leggere con più attenzione le norme del decreto 112, convertito nella legge 133, ci si trovano ampi passaggi ispirati dal memorandum sottoscritto dai sindacati confederali durante la luna di miele con l'ormai defunto Governo Prodi. I tagli al personale, le razionalizzazioni di spesa, la mobilità territoriale e le ristrutturazioni, perfino la stessa sottile ideologia che ha trasformato i dipendenti pubblici in soggetti moralmente deprecabili, tutto stava già lì.

 

Sarebbe arrivato, lo avevamo detto, ed è arrivato. Che la cosa crei un certo imbarazzo è evidente. Mentre scriviamo il fronte dello sciopero si disgrega. Non si capisce chi andrà allo sciopero e chi rinuncerà alla mobilitazione spacciando per successo quello che è un colossale tradimento.

 

Con l'intesa del tardo pomeriggio di oggi - preannunciata dalle adesioni di una settimana fa alla proposta brunettiana - si promette di restituire i soldi che sono stati tolti ai lavoratori del Fisco, dimenticando di dire che dal 2010 ci saranno tagli fissi del 20% al salario di produttività, che tagli del 15-20% sono intervenuti sul 2007 e che per il 2008 non ci sarà niente per nessuno. Un piede nel conflitto e uno nella concertazione, è questa l'offerta sindacale che arriva dall'area confederale?

 

Oggi i lavoratori delle Agenzie Fiscali si trovano di fronte a una sfida molto difficile dalla quale dipenderà il futuro di tutta la categoria (oltre 60mila persone). I tagli al salario accessorio permangono e solo offendendo l'intelligenza media che tutti possediamo si può prestar fede ai proclami di chi ha sottoscritto la proposta avanzata dal Governo, che si traduce nella rinuncia a seppur miseri aumenti contrattuali in cambio dell'impegno a rimettere qualche soldo sui fondi di produttività già massacrati dal ministro dell'Economia.

 

Una rinuncia in cambio di un impegno non può essere un successo sindacale e non è comunque il motivo per cui noi abbiamo proposto - e la gente ha aderito in massa - lo sciopero del 17 ottobre. Che per ora, lo ricordiamo, resta l'unico atto visibile e tangibile di rivolta alla legge 133, insieme con lo sciopero di due ore indetto sempre da RdB il 16 luglio scorso nello stesso comparto Agenzie Fiscali. All'orizzonte arriva per tutti, spinto sempre dal vento della legge 133, il taglio delle dotazioni organiche, cioè la riduzione del fabbisogno di personale che porta con sé problemi drammatici: la definitiva rinuncia al diritto alla carriera e alla possibilità di aprire procedure per i passaggi tra le aree ed entro le aree; la rinuncia ad investire nel potenziamento della macchina fiscale con la stessa messa in pericolo del piano triennale di assunzioni che avrebbe dovuto rilanciare il ruolo pubblico delle Agenzie Fiscali come "macchina da guerra" contro la piaga delle evasioni; in definitiva, il tramonto del modello agenziale del quale alla sua nascita - appena otto anni fa - denunciammo i troppi limiti e le troppe ombre.

 

In più si profilano pesanti ristrutturazioni, che per smottamento organizzativo porteranno al superamento dell'attuale modello organizzativo alle Entrate sia per la presenza territoriale sia per il ruolo istituzionale (non più contrasto all'evasione, ma sostegno all'adesione). Che ne sarà dei mestieri e dei profili, della polifunzionalità e del lavoro in team, delle posizioni organizzative e degli incarichi di responsabilità che abbiamo criticato quando altri ne illustravano le meraviglie?

 

Ciò che da una parte tramonta dall'altra sorge: alle Dogane saltano fuori le declaratorie dei mestieri, come se nulla fosse accaduto, come se i fondi con cui pagare mestieri e professionalità fossero ancora lì e non fossero diventati nel frattempo un ingannevole impegno governativo avallato dalla frettolosa adesione dei confederali. Intanto i lavoratori del Territorio vedono assottigliarsi ogni giorno le loro funzioni, grazie al decentramento catastale che preannuncia lo svuotamento di compiti in vista del federalismo fiscale.

 

I lavoratori dei Monopoli si trovano con un contratto nazionale che li ha attratti nell'orbita delle Agenzie: hanno più doveri e sanzioni e non hanno mai assaggiato nemmeno lo zuccherino di una progressione economica. Sembra di assistere a una recita senza copione, a una sgangherata messinscena senza trama e con una colonna sonora che ripete: tagliare, tagliare, tagliare. Dicono che sia colpa della crisi internazionale, anche se la crisi internazionale non ha impedito di raggiungere accordi con Confindustria per un nuovo modello contrattuale che agevola le imprese e danneggia i lavoratori; non ha impedito sostegni finanziari governativi alle banche; non impedirà sgravi fiscali sempre alle imprese.

 

L'occasione del 17 non deve essere sprecata: i lavoratori si devono riprendere il loro protagonismo, devono togliere fiducia a chi secondo loro non la merita e dare credito a chi ha mostrato di avere muscoli forti e idee chiare. Il futuro dipende da quanto essi sapranno costruire oggi.