Argomento:

Agenzie Fiscali - Le ragioni del NO (ma quale progressività...)

Il principio ispiratore del nostro sistema fiscale dovrebbe essere la progressività della tassazione sui redditi. Se però si analizza l’effetto che l’aumento nominale del reddito provoca sulle detrazioni (figli a carico e lavoro dipendente), la progressività è ben lungi dall’essere realizzata.

 

Un ipotetico aumento di  1000 euro lordi annui, nell’ipotesi di un lavoratore dipendente con due figli a carico al 50% di età maggiore di tre anni, comporta un carico fiscale effettivo (tassazione 2008) dovuto all’effetto congiunto maggiore irpef/minori detrazioni, per nulla progressivo [vedi tabella su comunicato]. Se così stanno le cose, una politica dei redditi che prevede “aumenti” contrattuali strettamente legati alla fascia economica, senza che la progressività della tassazione ammortizzi il disequilibrio, comporta per forza di cose un allargamento fuori controllo della forbice retributiva. Ecco una delle spiegazioni dell'impoverimento del ceto medio, al centro delle ricerche degli istituti di statistica e di qualche  estemporaneo servizio giornalistico, ma non dell’azione politica di chi ha il potere di intervenire  per evitare effetti ancora più drammatici di quelli che già colpiscono il potere d’acquisto dei lavoratori dipendenti a reddito medio-basso.

 

Il fiscal drag, ovvero l’effetto perverso che l’aumento nominale del reddito ha sulla tassazione, impedisce infatti un reale recupero di potere d’acquisto di retribuzioni già ridotte all’osso da una politica dei redditi totalmente insufficiente. La contrattazione di secondo livello potrebbe compensare in parte l’assenza  di una  politica redistributiva e fiscale adeguata se introducesse a sua volta  meccanismi di ripartizione non strettamente legati alla fascia economica. Peraltro, l’introduzione nei contratti collettivi della flessibilità di mansioni all’interno delle aree, per cui lavoratori inquadrati in fasce economiche diverse possono essere adibiti alle stesse funzioni, basterebbe da sola a giustificare il pagamento del salario accessorio in maniera slegata dalla fascia  di appartenenza.

 

La nostra proposta di introdurre un’indennità unica di area ambisce a dare risposta alle questioni poste. L’argomento principale con cui è stata finora contrastata è stato proprio quello che la progressività della  tassazione, incidendo in maggior misura sui redditi più alti, avrebbe fatto guadagnare meno un dirigente rispetto ad un impiegato. Che ciò sia falso la tabella ce lo indica chiaramente. Che politica dei redditi sia insufficiente a garantire il potere d’acquisto dei nostri stipendi e il fiscal drag un problema a cui bisognerà porre rimedio, pure.

 

Nessun rimedio arriverà se i lavoratori non porranno la questione salariale al centro del dibattito politico-sindacale. Quello che governo e sindacati concertativi ci stanno proponendo, con contratti a 70 euro e riforma del sistema contrattuale che ne allunga la vigenza economica, non risolve affatto le problematiche di un reddito ormai insufficiente ad arrivare a fine mese. Solo acquisendo consapevolezza dell’esigenza di cambiare le logiche che governano le dinamiche salariali a tutti i livelli e dando forza alle proposte di  chi quel cambiamento lo vuole realmente potremmo evitare di cadere nella trappola tesa dalla disinformazione istituzionale che  vende come positiva una riforma che non è altro che  l’occasione formale per diluire su tre anni “aumenti” che sono già insufficienti se spalmati su due.

 

Iniziamo col dare un forte, segnale di dissenso verso il CCNL appena firmato e sulla pseudo riforma del sistema contrattuale votando e votando NO al referendum indetto in questa settimana da RdB nelle Agenzie Fiscali.