AL DIRITTO DI SCIOPERO NON RINUNCEREMO. Leonardi (CUB), se necessario sfideremo una legge iniqua e antidemocratica

In allegato il testo approvato in CdM

Nazionale -

“Siamo in presenza di un attacco profondo ai diritti democratici costituzionalmente tutelati ed indisponibili”, così Pierpaolo Leonardi, Coordinatore nazionale CUB, sul provvedimento anti sciopero varato dal Consiglio dei Ministri. “Dopo le ronde, le restrizioni ai cortei e alle manifestazioni, le cariche agli operai, oggi si cerca di impedire il conflitto sociale ben sapendo che i costi della crisi si stanno scaricando proprio sui lavoratori. Le caute dichiarazioni di apprezzamento a questo orrendo provvedimento da parte di esponenti del centro sinistra e di sindacalisti fanno pensare che  il sonno della ragione stia generando mostri”.

 

“Non c’è un nesso reale tra i diritti degli utenti e quelli dei lavoratori – sottolinea Leonardi - non solo perché i lavoratori sono essi stessi utenti, ma perché i dati statistici presentati a sostegno del provvedimento sono a dir poco strabici. Ad esempio, le aziende del Trasporto Pubblico Locale che operano in Italia sono oltre 1500 e, in base a quanto riportato dalla Commissione di garanzia, solo in un azienda su 6 si è arrivati allo sciopero. Di contro nessuno dice che il Contratto di lavoro degli Autoferrotranvieri è scaduto da oltre 14 mesi – aggiunge Leonardi - il che non è accettabile in tempi di crisi; nessuno rileva che su questi ritardi, tutti attribuibili ai datori di lavoro e non ai lavoratori, non era e non è prevista alcuna sanzione. E’ quindi evidente che il motivo della stretta è un altro, e non è da ricercare nei disagi all’utenza”.

 

Conclude il Coordinatore CUB: “Oltre a batterci fin dalle prossime ore perché il decreto sia ritirato e stracciato, cominceremo a ragionare anche su nuove forme di lotta che mantengano alta la mobilitazione. Allo sciopero non rinunciamo, e se necessario sfideremo una legge iniqua e antidemocratica come quella che si prospetta. Lo sappiano Sacconi, Berlusconi e Bonanni”.

 

 

 

 

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28 febbraio 2009 - Il Manifesto

SINDACATI DI BASE SUL PIEDE DI GUERRA
I Cub: «Norme incostituzionali, non siamo obbligati a rispettarle»

Durissime le reazioni del sindacalismo di base al decreto legislativo sullo sciopero nei trasporti, giudicato incostituzionale. Per Piero Bernocchi dei Cobas, oltre a ledere i principi della Carta, la legge sarebbe anche «inapplicabile, dato che nessuno è in grado di valutare chi ha il 50% dei lavoratori di un settore». Per Bernocchi inoltre, «solo Sacconi può ritenere i lavoratori così idioti da fare lo sciopero virtuale». Pierpaolo Leonardi, coordinatore nazionale Cub, denuncia un «attacco ai diritti democratici tutalmente tutelati». I Cub non rinunceranno allo sciopero: «sfideremo una legge iniqua e antidemocratica», ha dichiarato Leonardi. Fabrizio Tomiselli della Sdl ricorda come lo sciopero sia «un diritto individuale» e che se si comprimono i diritti, «il lavoratore a un certo punto si arrabbia».

DIRITTI
Guerra al diritto di sciopero
Approvata la legge delega che controriforma il diritto di sciopero. Confermata l'adesione preventiva e lo sciopero virtuale. Resta il nodo della democrazia. E tra due anni arriverà un Testo unico valido anche per tutti gli altri settori. La Cgil isolata. Il governo esulta, insieme a Confindustria, Cisl e Uil
di Sara Farolfi

Un Testo unico sul diritto di sciopero, entro due anni. E' negli ultimi capoversi del disegno di legge (ddl) approvato ieri dal consiglio dei ministri che si coglie il progetto complessivo del governo: coerentemente agli obiettivi della legge, «il governo è altresì delegato ad apportare all'ordinamento vigente ogni ulteriore modifica e integrazione, con la possibilità di redigere, entro 24 mesi, un testo unico delle disposizioni in materia di diritto di sciopero». Il testo approvato ieri - in nessun punto del quale, peraltro, si legge che si tratta di norme «limitate» al settore dei trasporti - non è dunque che l'inizio, i trasporti l'apripista. Gli 'scalini' per avere diritto alla proclamazione di uno sciopero salgono addirittura a tre mentre - «ammesso che sia lecito collegare un diritto a una soglia di rappresentanza», nota Fabrizio Solari (Cgil) - resta insoluto il nodo dei nodi: come si certifica la titolarità di un'organizzazione sindacale a firmare accordi o proclamare scioperi. Tutto ciò che non è Cgil, Cisl e Uil viene tagliato fuori e proprio nel settore dove più sono presenti sindacati di base, basti pensare al caso Alitalia o alle Ferrovie. Sacconi e Brunetta esultano, l'intendenza Cisl e Uil segue. Confindustria rilancia e chiede l'export delle nuove norme anche nel privato. Risalta la solitudine di Epifani (Cgil): «Mettere una cappa su un diritto di libertà, come è quello di sciopero, è il segno che si vuole rendere più debole la capacità di rappresentazione e di risposta del lavoro, per rendere più forte quella della sua controparte. Per noi questo non è accettabile».
Diritto di sciopero virtuale
Il governo avrà ora un anno di tempo per firmare i decreti che modificano le regole nel settore dei trasporti (e a seguire un altro anno per redigere il Testo unico). Il testo approvato ieri dai ministri ne definisce i contorni dell'intervento, restringendone ancora di più l'esercizio. Potranno proclamare scioperi quelle organizzazioni sindacali che, nel settore, hanno un grado di rappresentatività superiore al 50 per cento. Chi non ci arriva, ma deve raggiungere una soglia di rappresentatività di almeno il 20%, potrà indire un referendum tra i lavoratori, e lo sciopero potrà farsi se almeno il 30% sarà favorevole. Nei servizi di particolare rilevanza (non si dice quali) sarà obbligatoria l'adesione preventiva di adesione allo sciopero da parte del singolo lavoratore: un modo ottimale per consentire alle aziende di sostituire chi protesta o, alla peggio, per provvedere alla dissuasione. Contro il cosiddetto «effetto annuncio», la revoca degli scioperi dovrà essere comunicata con largo anticipo.
Resta lo sciopero virtuale, che sarà regolamentato nei vari contratti: si tratta di quella forma di agitazione in cui il lavoratore resta al lavoro ma senza percepire stipendio, mentre all'azienda viene comminata una sorta di multa da devolvere in beneficenza. Si tratta di una forma di protesta da tempo esistente, quasi mai utilizzata (per la difficoltà di trovare accordi sull'entità della 'multa' da comminare all'azienda). Perciò Sacconi ha voluto renderlo più agevole con la possibilità per il lavoratore di restare al lavoro senza rinunciare allo stipendio, magari «con un segno distintivo al braccio, penso a una fascia al braccio che indica uno stato di malessere...». Lo sciopero virtuale sarà obbligatorio «in alcuni settori per la delicatezza del servizio». mai nel testo si dice che le norme sono 'limitate' ai trasporti: l'accento viene posto sulla difesa del diritto alla mobilità. Cambia anche il ruolo della Commissione di garanzia, la cui terzietà già oggi non era certo cristallina, e che potrà avere competenze «conciliative, anche obbligatorie» per la risoluzione di conflitti, servendosi, guarda un po', delle strutture del ministero del lavoro. Arrivano infine sanzioni amministrative (da 500 a 5000 euro) per chi viola le norme e per chiunque «blocchi strade, porti, aereoporti, e stazioni».
Il nodo della democrazia
Resta insoluto il vecchio nodo della rappresentanza e della rappresentatività - l'unico settore 'regolato' da questo punto di vista è il pubblico impiego - ossia di come venga stabilita la titolarità a proclamare scioperi o firmare accordi.
«Se ci vuole una soglia, ossia una verifica del reale consenso, per proclamare uno sciopero, e ammesso che questo sia lecito, non si capisce perché non debba esserci un meccanismo di verifica quando si fanno piattaforme o si firmano contratti», nota Fabrizio Solari (Cgil). Sarà obbligatorio un referendum per decidere un'astensione, mentre non lo è per verificare il consenso dei diretti interessati su un'accordo. Persino se oggetto dell'accordo sono le regole della contrattazione, come è avvenuto il 22 gennaio scorso con la firma dell'accordo sul modello contrattuale senza quella della maggiore confederazione in termini di iscritti (la Cgil). E senza che nell'accordo stesso si preveda il ricorso alla misurazione. Anche il ricorso alla delega al governo, ha detto Epifani, non è appropriato su materie tanto delicate, sulle quali dovrebbe essere il parlamento a esprimersi. «Il confronto continua, non è un decreto legge, non entra in vigore stanotte», dice Sacconi, «non potevamo stare a guardare tutti questi scioperi». Secondo il segretario della Cisl si tratta di regole «equilibrate, rispettose delle esigenze di ciascuno e della maggioranza dei lavoratori». Secondo i sindacati di base (Cub, Cobas e Sdl) il disegno di legge è «incostituzionale e inapplicabile». 50% LA SOGLIA che i sindacati dovranno raggiungere per proclamare uno sciopero, senza dovere ricorrere al referendum. 20% LA SOGLIA per potere indire il referendum tra i lavoratori sullo sciopero, che è legittimo con il consenso di almeno il 30%.


28 febbraio 2009 - La Gazzetta del Sud

Il Cdm ha approvato all'unanimità il disegno di legge delega.
Il ministro Sacconi auspica un "ulteriore coinvolgimento" delle parti sociali
Scioperi nei trasporti, norme più severe
Da Cisl, Uil, Ugl e Confindustria arriva un giudizio positivo.
Contrarietà della Cgil e dei sindacati di base
di Barbara Marchegiani

ROMA - Via libera alla riforma degli scioperi nei trasporti. Le nuove regole, che di fatto rendono più difficile la possibilità di incrociare le braccia, hanno ottenuto l'ok dal Consiglio dei ministri, con l'approvazione all'unanimità del disegno di legge delega. Un «percorso molto cauto», ha sottolineato il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, che lascia spazio ad un «ulteriore coinvolgimento» delle parti sociali. Unanime invece non è stata la risposta del fronte sindacale, con le sigle di base che bocciano senza appello il provvedimento e le confederazioni ancora una volta divise tra loro. Da Cisl, Uil, Ugl e anche Confindustria è arrivato un giudizio sostanzialmente positivo, mentre la Cgil con il leader Guglielmo Epifani è tornata a lanciare l'avvertimento ad evitare «rapporti di forza» e svolte «autoritarie». Non c'è stato alcun autoritarismo, ha replicato Sacconi: «Tutte le critiche pregiudiziali» sono «assolutamente fuori luogo», ha detto, chiedendo tuttavia di continuare il dialogo. La riforma, che comunque prima di essere operativa dovrà vedere il compimento della delega e dei successivi decreti delegati con il passaggio in Parlamento, senza l'esclusione del recepimento anche di eventuali avvisi comuni tra le parti, fissa una serie di paletti. Il fine è garantire «una più efficace conciliazione tra il sacrosanto e tutelato diritto di sciopero e il diritto alla libera circolazione» delle persone, ha sottolineato Sacconi, spiegando di essersi «limitati al settore del trasporto» perchè «in tale ambito si sono manifestate le criticità maggiori». Di qui, dunque, le nuove regole che vanno dalla soglia del 50% di rappresentatività dei sindacati per poter proclamare uno sciopero, all'obbligo di referendum preventivo per le sigle che invece hanno almeno il 20% di rappresentatività e che, per scendere in piazza, devono ottenere almeno il 30% dei consensi allo stop tra i lavoratori. Le norme mirano a mettere fine anche all'effetto annuncio, affidano la riscossione delle sanzioni ad Equitalia, rendendole «finalmente effettive», ha sottolineato il titolare del Lavoro. Giro di vite contro le proteste «selvagge» (con multe sino a 5 mila euro), i blocchi della circolazione (con un divieto per chiunque di bloccare strade e aeroporti) ed i fermi dei tir (con la garanzia di servizi minimi e un limite alla durata dell'astensione). Arrivano anche l'adesione preventiva individuale e lo sciopero virtuale (che potrà essere obbligatorio se il servizio è necessario) che saranno disciplinati per via contrattuale. Proprio su questi due ultimi punti si sono più divisi i pareri, tra consensi e perplessità. Nel testo «ci sono cose che non vanno» bene, ha detto Epifani, riferendosi in particolare all'adesione preventiva e alla soglia del 20% che obbliga il referendum. Il leader della Cgil ha bocciato anche lo strumento legislativo scelto: «Su una materia come questa è meglio non delegare niente a nessuno», ha detto. I sindacati di base parlano di norme incostituzionali. «Non ci riteniamo vincolati a osservarle», ha detto la Cub; «sono inapplicabili» per i Cobas. Al contrario il numero uno della Cisl, Raffaele Bonanni, si è detto «rassicurato» dal ddl delega visto che «è molto largo e rinvia alla contrattazione».


28 febbraio 2009 - Il Messaggero Veneto

Sì alla legge delega sulle restrizioni. Critiche da Pd e Cgil. Cub e Cobas: i limiti sono incostituzionali
Scioperi, via alle nuove norme. Il ministro: niente autoritarismi

ROMA - Via libera alla riforma degli scioperi nei trasporti. Le nuove regole, che di fatto rendono più difficile la possibilità di incrociare le braccia, hanno ottenuto l'ok dal Consiglio dei ministri, con l'approvazione all'unanimità del disegno di legge delega.
Un «percorso molto cauto», ha sottolineato il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, che lascia spazio ad un «ulteriore coinvolgimento» delle parti sociali.
Da Cisl, Uil e anche Confindustria è arrivato un giudizio sostanzialmente positivo, mentre la Cgil con il leader Guglielmo Epifani è tornata a lanciare l'avvertimento ad evitare «rapporti di forza» e svolte «autoritarie».
La riforma fissa una serie di paletti ai conflitti. Le nuove regole vanno dalla soglia del 50% di rappresentatività dei sindacati per poter proclamare uno sciopero, all'obbligo di referendum preventivo per le sigle che invece hanno almeno il 20% di rappresentatività e che, per scendere in piazza, devono ottenere almeno il 30% dei consensi allo stop tra i lavoratori. Le norme mirano a mettere fine anche all'effetto annuncio, affidano la riscossione delle sanzioni a Equitalia, rendendole «finalmente effettive», ha sottolineato il titolare del Lavoro. Giro di vite contro le proteste "selvagge" (con multe sino a 5 mila euro), i blocchi della circolazione (con un divieto per chiunque di bloccare strade e aeroporti) e i fermi dei Tir (con la garanzia di servizi minimi e un limite alla durata dell'astensione). Allo stesso tempo si punta a aumentare il ricorso a conciliazione e arbitrato nei poteri della rinnovata Commissione per le relazioni di lavoro.
Arrivano anche l'adesione preventiva individuale e lo sciopero virtuale (che potrà essere obbligatorio se il servizio è necessario) che saranno disciplinati per via contrattuale.
Proprio su questi due ultimi punti si sono più divisi i pareri, tra consensi e perplessità.
Nel testo «ci sono cose che non vanno» bene, ha detto Epifani, riferendosi in particolare all'adesione preventiva e alla soglia del 20% che obbliga il referendum. Il leader della Cgil ha bocciato anche lo strumento legislativo scelto. Al contrario il numero uno della Cisl, Raffaele Bonanni, si è detto «rassicurato» dal ddl delega visto che «è molto largo e rinvia alla contrattazione», mentre il segretario generale della Uil, Luigi Angeletti, ha promosso l'impianto, apprezzando lo sciopero virtuale, ma non «l'imposizione» della dichiarazione preventiva. È «l'inizio del percorso», ha commentato il leader dell'Ugl, Renata Polverini. Per il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, il ricorso al referendum potrebbe essere allargato anche ad altre categorie. Sulla linea opposta i sindacati di base che parlano di norme incostituzionali. «Non ci riteniamo vincolati a osservarle», ha detto la Cub; «sono inapplicabili» per i Cobas.
«Preoccupazione» è il sostantivo più usato dai dirigenti del Pd per commentare il provvedimento. A destare il sospetto di tutti, da Enrico Letta a Pierluigi Bersani, è innanzitutto la scelta del governo di ricorrere a una legge delega, per non parlare del sospetto che questo possa preludere a interventi anche in altri settori più sensibili, come la scuola, per congelare un eventuale «autunno caldo»; e infine c'è il timore che il governo miri a spaccare ulteriormente i sindacati confederali durante il confronto con le parti annunciato da Sacconi.


28 febbraio 2009 - Il Secolo XIX

le reazioni al provvedimento
L'universo Cobas si ribella, i piloti dicono sì
I sindacati di base: «Norme incostituzionali». Annunciato un possibile referendum.
L'Anpac: «La legge andava cambiata»

ROMA - I sindacati di base bocciano le nuove norme sul diritto di sciopero previste dalla delega appena approvata dal Governo e minacciano di non osservarle mentre un ok arriva dalla principale organizzazione dei piloti convinta che riduca la frammentazione sindacale. I Cobas parlano di norme incostituzionali, annunciano proteste e si dichiarano preoccupati per l'attacco al diritto di sciopero. In assenza di condivisione delle regole resta in campo quindi il rischio di scioperi selvaggi.
«Sono norme incostituzionali - dice il coordinatore nazionale Cub Pierpaolo Leonardi, sindacato forte soprattutto nel trasporto pubblico locale - non ci riteniamo vincolati a osservarle. Si previene la possibilità che si organizzi il conflitto, si tenta di mettere il bavaglio alla lotta. Faremo di tutto perché queste regole non vengano approvate dal Parlamento, ma comunque si tratta di norme incostituzionali e quindi non ci sentiamo obbligati a rispettarle. Valuteremo di volta in volta».
«Abbiamo dubbi sulla costituzionalità del provvedimento - afferma Fabrizio Tomiselli della Sdl (sindacato dei lavoratori intercategoriale) - lo sciopero è un diritto individuale. Le incongruenze sono moltissime. Le leggi vanno rispettate, ma se le norme non danno la possibilità di fare sciopero e di far emergere il conflitto il conflitto rischia di esserci lo stesso anche se non attraverso il sindacato. In tutte le situazioni in cui si comprimono i diritti c'è un punto oltre il quale non si può andare. Il lavoratore a un certo punto si arrabbia». «Abbiamo già la normativa più restrittiva in Europa sullo sciopero - dice il responsabile comunicazione dell'Orsa - primo sindacato tra i macchinisti delle compagnie ferroviarie - ora si prende il peggio degli impianti degli altri Paesi e li somma al nostro. Si rende di fatto impraticabile lo sciopero, si reprime il diritto e non si affrontano i problemi. Qualora questa legge venga approvata raccoglieremo firme per il referendum abrogativo. Crea presupposti per una forte tensione sociale specie nei trasporti».
«Mi auguro che il Parlamento e il confronto con le parti sociali porti delle correzioni al provvedimento - dice il presidente dell'Anpav, associazione degli assistenti di volo, Massimo Muccioli - non abbiamo mai fatto un uso spropositato delle sciopero e al di fuori delle regole e continueremo a non farlo ma riteniamo che questa delega debba subire dei correttivi in modo da non annullare l'azione di protesta quando necessaria».
Convinto dell'effetto «positivo» del provvedimento sulla frammentazione sindacale e soprattutto per l'utenza è il vicepresidente dell'Anpac, associazione che rappresenta la larga maggioranza dei piloti, Stefano De Caro: «La legge del 1990 necessitava una rivisitazione, la valorizzazione della rappresentativitàè importante, un elemento qualificante delle relazioni industriali. Dovrebbe servire ad aggregare i soggetti sindacali. Lo sciopero è un diritto ma sarebbe utile che si minimizzi l'impatto sull'utenza massimizzando quello per l'azienda». «Non siamo preventivamente contro questo tipo di operazione - dice segretario generale Cisal - Francesco Cavallaro - ma rischia di non avere facile applicazione».


28 febbraio 2009 - La Stampa

A FIUMICINO
Multe fino a 5 mila euro per chi blocca le strade. Il sindacato di categoria della Cgil «Queste sono norme inaccettabili». Nuovo scontro tra la Filt e Alitalia
Sotto la soglia di rappresentatività del 20% sarà vietato proclamare agitazioni
di ROBERTO GIOVANNINI

ROMA - Le nuove regole sugli scioperi nascono limitate al settore dei trasporti, e rispetto alle anticipazioni dei giorni scorsi il disegno di legge delega approvato dal Consiglio dei ministri ieri prevede qualche passo indietro e qualche rinvio in più alla contrattazione collettiva. Tuttavia il percorso della riforma, che sarà lungo, difficilmente sarà pacifico. La Cgil si mette ancora di traverso, annunciando un dissenso per adesso espresso con relativa moderazione, mentre il fronte del sindacalismo autonomo e di base proclama la guerra ad oltranza. E sullo sfondo - è un tema evocato esplicitamente ieri dal numero di Confindustria Emma Marcegaglia - c’è un giro di vite sull’esercizio del diritto di sciopero anche nel settore privato.
Difficile sintetizzare una normativa articolata e solo delineata nella delega legislativa, che dovrà essere approvata dalle Camere prima di entrare nelle definizioni di dettaglio. Per proclamare uno sciopero occorrerà che i sindacati abbiano una rappresentatività superiore al 50% nel settore. Se hanno solo il 20%, dovranno prima superare un referendum preventivo tra i lavoratori, raggiungendo almeno un 30% dei consensi. In alcuni servizi o attività «di particolare rilevanza» per poter scioperare servirà una adesione individuale e preventiva (fattispecie definita nei contratti). Sempre nei contratti sarà delineato lo sciopero «virtuale», che sarà obbligatorio per le categorie in cui lo sciopero azzera un servizio essenziale, e le parti sociali definiranno le regole dell’adesione preventiva individuale. Sarà stoppato l’effetto annuncio di scioperi che non si vogliono veramente fare, e saranno vietate tutte le forme di protesta che possano essere «lesive» del diritto alla mobilità e alla libertà di circolazione (blocchi stradali, ferroviari o altro). Chi viola le regole subirà una sanzione da 500 a 5.000 euro che verranno riscosse da Equitalia (cioè diventeranno cartelle esattoriali). Servizi minimi e limitazioni anche per gli scioperi degli autotrasportatori. Saranno stabiliti intervalli minimi tra uno sciopero e l’altro, e infine ci sarà un maggiore ricorso a conciliazione ed arbitrato nei poteri della rinnovata Commissione per le relazioni di lavoro.
Regole che per il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi rappresentano un «percorso molto cauto», che lascia spazio ad un «ulteriore coinvolgimento» delle parti sociali. «Nessun autoritarismo», dice Sacconi, che definisce le critiche Cgil «pregiudiziali ed assolutamente fuori luogo». Concorda anche stavolta col ministro il leader della Cisl, Raffaele Bonanni, che si dice «rassicurato» dal ddl delega, «molto largo e che rinvia alla contrattazione». Sempre Bonanni attacca frontalmente Epifani, definito un «latitante» e dipinto come uno arroccato su «un monte a criticare tutto», gridando di continuo «al lupo». Il segretario generale della Uil, Luigi Angeletti promuove l’impianto, apprezzando soprattutto lo sciopero virtuale (vecchia proposta Uil) ma non «l’imposizione» della dichiarazione preventiva. «È l’inizio del percorso», spiega il leader dell’Ugl Renata Polverini. Il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, parla di un provvedimento «complessivamente positivo» e dice che l’istituto del referendum preventivo sugli scioperi va esteso: «Crediamo che sia giusto che si misuri la rappresentatività dei sindacati che decidono di proclamare uno sciopero», dice Marcegaglia, secondo cui questo tema va «affrontato nel privato e nel pubblico».
Sul fronte opposto c’è la Cgil. Nel pomeriggio Guglielmo Epifani aveva detto che «un conto è questo intervento sui trasporti», un altro è «provare a partire dai trasporti per mettere una cappa su un diritto di libertà che è per tutti noi il diritto allo sciopero». In serata poi la Filt, il sindacato dei trasporti Cgil, definisce la riforma «inaccettabile». Dura, infine, la reazione del sindacalismo di base - dai Cobas alla Cub al Sdl all’Orsa - che parla di iniziative «antidemocratiche» e che nel complesso preannuncia «nuove forme di lotta» e la ripresa del «conflitto». Infine, due battute dal mondo della politica. La riforma «tutela e rispetta lavoratori e cittadini», afferma il presidente dei senatori del Pdl, Maurizio Gasparri, mentre per l’ex ministro del Lavoro Pd Tiziano Treu «il tema esiste, ma non vedo alcun motivo di essere tanto precipitosi e approvare una legge delega in fretta e furia». Nell’hangar 6 di Fiumicino una convention della «nuova» Alitalia, fuori la Filt Cgil che manifesta invitando tutti i lavoratori in turno e fuori turno. Il sindacato parla di una scelta di «cattivo gusto», tanto più grave se si considera il «momento di crisi sia dell’azienda che del Paese». In una nota, la Filt evidenzia che la «convention» viene organizzata in un hangar «chiuso per loro scelta, dopo le esternalizzazioni delle attività che in esso erano svolte e la messa in Cigs del personale (circa il 50% della forza lavoro)». Quindi critica scelte industriali e criteri di selezione dei nuovi assunti.

Tra i lavoratori si torna a parlare di protesta come nel 2003
All’Atm di Milano studiano già le nuove barricate
di SUSANNA MARZOLLA

MILANO - C’è chi si indigna di brutto: «E’ una vergogna, l’ennesima bastardata contro i lavoratori»; chi la prende più con ironia: «Ma se lo faccian loro lo sciopero virtuale, vuoi vedere che magari lavorano». Soprattutto chi osserva: «Con la crisi che c’è, non hanno altro a cui pensare?».
I lavoratori dell’Atm di Milano sono al momento lontani dalla sommossa, ma anche dall’apatica rassegnazione; la terza opzione - il consenso con le norme sugli scioperi prospettate dal governo - non viene neppure considerata. Qui siamo tra quei tranvieri, autisti, addetti alla manutenzione che il 1 dicembre del 2003, da tempo in vana attesa del rinnovo contrattuale, decisero che era tempo di reagire e attraverso un tam-tam spontaneo, che tagliò fuori gli stessi sindacati, trasformarono una «normale agitazione» (blocco dalle 8,45 alle 15) in uno «sciopero selvaggio» che così «selvaggio» non si vedeva da tempo. Quel giorno i mezzi non uscirono dai depositi fin dall’alba; i lavoratori in assemblea decisero di andare avanti a oltranza e Milano si ritrovò improvvisamente appiedata. Nessuno, allora, si pentì di quella scelta; che comunque diede una bella spinta alla chiusura del contratto. E adesso, con le nuove norme, sarebbe ancora possibile? «Forse più di prima, paradossalmente. Perché i lavoratori sono arrabbiati e, di restrizione in restrizione, finisce che qualcuno può sbottare: se in ogni modo si viola qualche norma allora tanto vale violarle tutte insieme. Ragionamenti così ho cominciato a sentirli. L’altro giorno - racconta Francesco Morisano, funzionario sindacale della Cgil - ero a un’assemblea al deposito del Ticinese quando è arrivata la notizia della proposta governativa. Un boato e, assicuro, unanime».
Che non sia tanto facile da digerire, in Atm, se n’è accorto anche Giovanni Abimelech, funzionario della Cisl: ai suoi iscritti mostrava, quasi a mo’ di volantino, il comunicato della segreteria Fit sottolineandone le parti più critiche. «Perché noi - spiega - sosteniamo che la regolamentazione degli scioperi non è certo la priorità; che prima di tutto bisogna chiudere i contratti. E poi siamo contrari allo sciopero virtuale, al referendum preventivo, all’obbligo per i lavoratori di comunicare l’eventuale adesione».
Stare poco appiattiti sulle posizioni ufficiali del sindacato ha permesso alla Cisl di quasi pareggiare la Cgil nella Rsu. Dove il «sindacalismo di base» (Cobas, Cub, Orsa) ha comunque quasi un quarto dei 120 delegati. E dove, soprattutto, al di là delle tessere, tutti i rappresentanti sindacali sanno bene che i lavoratori se ne infischiano di chi organizza gli scioperi: se la protesta è sentita partecipano in massa; se è una semplice «ritualità» son capaci di presentarsi al lavoro pure i più arrabbiati.
Che cosa provocherà questa nuova «stretta» governativa è quindi ancora un’incognita. Se ne rende conto Marco Tassillo, operaio addetto alla manutenzione dei treni, delegato Cgil: «La notizia è troppo fresca; per il momento quasi tutti osservano che la normativa attuale è già abbastanza restrittiva e che non si capisce che bisogno ci sia di inasprirla ulteriormente. Soprattutto c’è un diffuso malessere per la situazione economica, che sta montando sempre di più. Potrebbe pure arrivare uno sciopero come quello del dicembre 2003? E chi può dirlo? Se l’esasperazione monta tutto può essere». «I colleghi da un lato mi dicono che questa legge è una pagliacciata, ma dall’altro cominciano a rendersi conto che, con questa legge, si vuol far passare di tutto e di più contro i lavoratori - osserva Daniele Totaro, autista di autobus, delegato Cobas - solo che al momento c’è dispersione; c’è la divisione fomentata dalle vecchie organizzazioni sindacali. E c’è questa situazione politica. Una volta, davanti a una norma del genere, si sarebbe rivoltata l’Italia; adesso invece...»


28 febbraio 2009 - Il Cittadino

Istituita la soglia del 50 per cento di rappresentatività dei sindacati
per poter proclamare una mobilitazione
Regole più severe per gli scioperi
Il ministro Sacconi: «Multe di 5mila euro a chi blocca le strade»
di Barbara Marchegiani

ROMA - Via libera alla riforma degli scioperi nei trasporti. Le nuove regole, che di fatto rendono più difficile la possibilità di incrociare le braccia, hanno ottenuto l’ok dal Consiglio dei ministri, con l’approvazione all’unanimità del disegno di legge delega. Un «percorso molto cauto», ha sottolineato il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, che lascia spazio ad un «ulteriore coinvolgimento» delle parti sociali. Unanime invece non è stata la risposta del fronte sindacale, con le sigle di base che bocciano senza appello il provvedimento e le confederazioni ancora una volta divise tra loro. Da Cisl, Uil e anche Confindustria è arrivato un giudizio sostanzialmente positivo, mentre la Cgil con il leader Guglielmo Epifani è tornata a lanciare l’avvertimento ad evitare «rapporti di forza» e svolte «autoritarie».Non c’è stato alcun autoritarismo, ha replicato Sacconi: «Tutte le critiche pregiudiziali» sono «assolutamente fuori luogo», ha detto, chiedendo tuttavia di continuare il dialogo. La riforma, che comunque prima di essere operativa dovrà vedere il compimento della delega e dei successivi decreti delegati con il passaggio in Parlamento fissa una serie di paletti ai conflitti. Il fine è garantire «una più efficace conciliazione tra il sacrosanto e tutelato diritto di sciopero e il diritto alla libera circolazione» delle persone, ha sottolineato Sacconi, spiegando di essersi «limitati al settore del trasporto» perché «in tale ambito si sono manifestate le criticità maggiori». Di qui, dunque, le nuove regole che vanno dalla soglia del 50% di rappresentatività dei sindacati per poter proclamare uno sciopero, all’obbligo di referendum preventivo per le sigle che invece hanno almeno il 20% di rappresentatività e che, per scendere in piazza, devono ottenere almeno il 30% dei consensi allo stop tra i lavoratori. Le norme mirano a mettere fine anche all’effetto annuncio, affidano la riscossione delle sanzioni ad Equitalia, rendendole «finalmente effettive», ha sottolineato il titolare del Lavoro. Giro di vite contro le proteste "selvagge" (con multe fino a 5mila euro), i blocchi della circolazione (con un divieto per chiunque di bloccare strade e aeroporti) ed i fermi dei tir (con la garanzia di servizi minimi e un limite alla durata dell’astensione). Allo stesso tempo si punta ad aumentare il ricorso a conciliazione e arbitrato nei poteri della rinnovata Commissione per le relazioni di lavoro. Arrivano anche l’adesione preventiva individuale e lo sciopero virtuale (che potrà essere obbligatorio se il servizio è necessario) che saranno disciplinati per via contrattuale. Proprio su questi due ultimi punti si sono più divisi i pareri, tra consensi e perplessità. Nel testo «ci sono cose che non vanno» bene, ha detto Epifani, riferendosi in particolare all’adesione preventiva e alla soglia del 20% che obbliga il referendum. Il leader della Cgil ha bocciato anche lo strumento legislativo scelto: «Su una materia come questa è meglio non delegare niente a nessuno», ha detto. Al contrario il numero uno della Cisl, Raffaele Bonanni, si è detto «rassicurato» dal ddl delega visto che «è molto largo e rinvia alla contrattazione», mentre il segretario generale della Uil, Luigi Angeletti, ha promosso l’impianto, apprezzando soprattutto lo sciopero virtuale, ma non «l’imposizione» della dichiarazione preventiva. È «l’inizio del percorso», ha commentato il leader dell’Ugl, Renata Polverini. Per il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, il ricorso al referendum potrebbe essere allargato anche ad altre categorie, oltre a quella dei trasporti. Sulla linea opposta i sindacati di base che parlano di norme incostituzionali. «Non ci riteniamo vincolati a osservarle», ha detto la Cub; «sono inapplicabili» per i Cobas. «Tutela e rispetta lavoratori e cittadini», ha detto il presidente dei senatori del Pdl, Maurizio Gasparri mentre per l’ex ministro del Lavoro Cesare Damiano (Pd) non va bene né il ricorso alla legge delega né la definizione delle soglie.


28 febbraio 2009 - Il Sole 24 Ore

L'Idv: soppressa una libertà - Casini: giusto porre dei limiti
Pd: sbagliata la via della delega

ROMA - Il Pd si dice preoccupato, l'Idv denuncia l'uccisione di un diritto, mentre l'Udc saluta con favore la novità: è questa in sintesi l'accoglienza riservata dall'opposizione al provvedimento del Governo che introduce limiti agli scioperi nei trasporti. Come quelle confederali, anche le altre sigle sindacali si dividono: i Cobas parlano di norme incostituzionali, i piloti sono invece convinti che il Ddl delega potrà ridurre la frammentazione sindacale.
«È molto preoccupante –commenta dal Pd Pier Luigi Bersani – che il Governo pensi a una legge delega perchè siamo di fronte a temi di profilo costituzionale rilevante e non è mai buona cosa affidare al governo, qualunque esso sia, la definizione di materie così delicate». «Il governo o fa decreti o chiede deleghe – fa notare Massimo D'Alema – uno strano modo di governare un Paese democratico ». Sulla stessa lunghezza d'onda gli altri commenti dei democratici: da Enrico Letta che definisce «sbagliato» lo strumento della delega agli ex ministri Tiziano Treu (che aveva espresso il suo timore in un'intervista al Sole 24 Ore di ieri) e Cesare Damiano. Molto più netta la presa di posizione del partito di Antonio Di Pietro: «Questa legge – osserva Paolo Brutti, responsabile delle politiche del lavoro dell'Idv – prima sequestra il diritto di sciopero mettendolo nelle mani dei sindacati di comodo e poi lo uccide, obbligando chi protesta a lavorare senza essere pagato».
Positiva, invece, la valutazione dell'Udc: «Il diritto allo sciopero è sacrosanto – ha detto il leader Pier Ferdinando Casini – il suo abuso nei trasporti essenziali è una cosa che deve essere assolutamente affrontata nel rispetto dei milioni di cittadini che tutte le mattine si recano al lavoro».
Molto variegate le posizioni delle sigle sindacali non confederali: «Sono norme incostituzionali – dice il coordinatore nazionale Cub Pierpaolo Leonardi, sindacato forte soprattutto nel trasporto pubblico locale – non ci riteniamo vincolati a osservarle. Più dialogante l'Anpav ( assistenti di volo): «Riteniamo che questa delega - dice il presidente Massimo Muccioli – debba subire dei correttivi in modo da non annullare l'azione di protesta quando necessaria ». Favorevole, infine, il vicepresidente dell'Anpac, associazione che rappresenta la larga maggioranza dei piloti, Stefano De Caro: «La valorizzazione della rappresentatività è importante, un elemento qualificante delle relazioni industriali. Dovrebbe servire ad aggregare i soggetti sindacali».(R.Fe.)

Il settore: una giungla composta da 31 sigle

ROMA - Il Ddl delega approvato ieri dal Consiglio dei ministri assegna alla futura Commissione per le relazioni di lavoro ( erede dell'attuale Authority per l'attuazione della legge sullo sciopero) il compito di valutare il grado di rappresentatività dei sindacati che proclamano la protesta al fine di stabilire l'obbligo di svolgere o meno un referendum. Sarà l'occasione per tracciare la mappa dettagliata di un settore affollato di sigle: a rappresentare i lavoratori occupati nei trasporti concorrono, secondo l'elenco fornito dal ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, ben 31 sigle. Di queste, però, solo le organizzazioni confederali ( e non tutte) possono vantare adesioni sopra il 20%, soglia minima stabilita dalle nuove regole per proclamare lo sciopero. Succede, per esempio, nel trasporto pubblico locale: FiltCgil e Fit-Cisl si attestano entrambe al 22%, mentre la UiltUil si ferma al 14% e l'Ugl al 6, superata dalla Faisa-Cisal, l'organizzazione degli autoferrotranvieri. A spartirsi un restante 7% sono altre dieci sigle (tra cui Cobas e Cub trasporti). Passando al comparto aereo, invece, spicca tra i controllori di volo il "solitario" 30,5% della Cisl, mentre Licta (14,8%) e Anpcat (13,6%) hanno più iscritti di Cgil (9,9) e Uil (6,7). Confederazioni tradizionalmente meno forti anche tra i piloti, dove Anpac e Up (nella vecchia Alitalia) contano su 1.200 iscritti.


28 febbraio 2009 - Il Gazzettino

«Lo sciopero non si tocca»
I Cobas: scenderemo in piazza contro le nuove norme

Udine - "Un colpo di mano che va sventato sul nascere, insieme a tutti i tentativi protesi a mettere al bando la Costituzione ed i diritti fondamentali". Commentando così le nuove norme previste dal Governo sul diritto di sciopero, i Comitati unitari di base (Cub, Cobas e Sdl) del Fvg annunciano già che scenderanno in piazza - e non virtualmente - organizzando una manifestazione nazionale a Roma il prossimo 28 marzo e uno sciopero generale il 23 aprile "anche per difendere il diritto di sciopero e la democrazia sindacale". Ma la prima occasione di protesta contro "questo ennesimo tentativo di eliminare il diritto di sciopero" saranno le astensioni dal lavoro già programmate, a partire da quella per il trasporto aereo del 4 marzo prossimo.
"Con le nuove norme previste dal Governo sul diritto di sciopero si sta andando rapidamente verso un nuovo e pericolosissimo capitolo del più vasto tema della limitazione delle libertà sindacali e costituzionali, della democrazia nel mondo del lavoro e nella società" - sostengono infatti Willy Puglia (Confederazione unitaria di base), Daniela Antoni (Confederazione Cobas) e Mario Ferrucci (Sdl Intercategoriale). Secondo i tre esponenti dei "Cobas", «Dietro un linguaggio formalmente tecnicistico, presentato come un intervento per il solo settore trasporti il Governo predispone la legislazione per gestire la fase attuale e futura di grave crisi economica e le conseguenti risposte dei lavoratori al tentativo di farne pagare a loro il costo». E ancora, «nel Paese si sta realizzando una nuova concertazione tra Governo, Confindustria e sindacati confederali che si è trasformata in una vera e propria alleanza neocorporativa. Ciò avviene proprio quando più grave è la crisi economica, più pesanti le conseguenze per i lavoratori e maggiore la necessità di risposte determinate».
Secondo i sindacati di base - inoltre -, "è illegittima e autoritaria l’ipotesi di consegnare lo sciopero, che è un diritto individuale sancito dalla Costituzione, alla disponibilità gestionale di sindacati che rappresentano il 50% dei lavoratori; assurdo - sostengono - perché in molte aziende la sindacalizzazione non arriva neanche al 50%". Così come - sottolineano ancora Puglia, Antoni e Ferrucci - è "inaccettabile infine la forma di lotta virtuale, che di fatto elimina il diritto di sciopero ed assegna alle parti la capacità-volontà di individuare la "penale" per l’azienda in caso di "sciopero lavorato", mentre ai lavoratori si ritira l’intera giornata di lavoro: quindi la perdita secca della giornata per il lavoratore ed una impercettibile riduzione dei profitti per l’azienda».


28 febbraio 2009 - La Tecnica della Scuola

Cub, Cobas, Sdl: "Mobilitarsi contro Governo, padroni, Cisl e Uil"
di R.P.

I sindacati di base prendono una dura posizione contro il ddl Sacconi sulla regolamentazione del diritto di sciopero e lasciano intendere di essere pronti ad una alleanza strategica con Cgil. Quali saranno le ripercussioni nel comparto scuola? Il disegno di legge Sacconi sull’esercizio del diritto di sciopero sta già aprendo un ampio dibattito all’interno delle diverse organizzazioni sindacali. Il provvedimento messo a punto dal Ministro del Lavoro, è bene precisarlo, riguarda in particolare il settore dei trasporti ma le dinamiche che sta mettendo in movimento avranno certamente ripercussioni anche negli altri comparti. La reazione "a caldo" di Cisl e Uil è stata improntata alla cautela, mentre dal leader della Cgil Guglielmo Epifani è subito arrivato un mezzo stop: "Il Governo stia attento perché in materia di libertà del diritto di sciopero costituzionalmente garantito bisogna procedere con molta attenzione". Pesantissima la presa di posizione dei sindacati di base (Cub - Cobas – SdL), i più penalizzati dall’intero provvedimento che prevede che gli scioperi possano essere proclamati soltanto da organizzazioni che raggiungono complessivamente il 50 per cento della rappresentatività. "L'attacco al diritto di sciopero è un attacco alla democrazia - si legge in un comunicato congiunto dei tre sindacati di base - con le nuove norme previste dal Governo sul diritto di sciopero si sta andando rapidamente verso un nuovo e pericolosissimo capitolo del più vasto tema della limitazione delle libertà sindacali e costituzionali, della democrazia nel mondo del lavoro e nella società". "Contro questo ennesimo tentativo di eliminare il diritto di sciopero - conclude il comunicato - rispondiamo con la mobilitazione immediata contro Governo e padroni, Cisl, Uil e Ugl", frase che lascia invece la porta ad una alleanza strategica con Cgil. D’altronde i principi ispiratori del disegno di legge Sacconi non piacciono neppure a Enrico Panini, segretario confederale Cgil e segretario nazionale della Flc fino a pochi mesi fa, che dichiara: "L’idea che solo i sindacati con il 50% di rappresentatività possano indire uno sciopero, così come il concetto dell’adesione preventiva, costituiscono delle gravi riduzioni delle libertà dei lavoratori" C’è da capire quali ripercussioni sul comparto scuola potrebbe avere una eventuale alleanza Cgil/sindacati di base. Ma è ancora presto per poterlo dire. Per intanto Gilda ha dichiarato lo stato di agitazione sulla materia degli organici e non è da escludere che il sindacato di Rino Di Meglio decida di proclamare lo sciopero del personale della scuola per la stessa data già decisa da Flc-Cgil (18 marzo).


28 febbraio 2009 - Liberazione

Fabrizio Tomaselli Coordinatore nazionale di SdL Intercategoriale
«E' incostituzionale legare la protesta alla rappresentatività»

di Roberto Farneti

Un vero e proprio «attacco alla democrazia», un «colpo di mano che va sventato sul nascere». Questo il duro giudizio dei sindacati di base Cub, Confederazione Cobas e SdL Intercategoriale sulle nuove regole per gli scioperi contenute nel disegno di legge delega varato ieri dal Consiglio dei ministri. Un attacco che ha come obiettivo quello di «imporre per legge la pace sociale» e che necessita di una risposta immediata, a partire dallo sciopero del trasporto aereo del 4 marzo. La difesa del diritto di sciopero e della democrazia sindacale saranno inoltre al centro della manifestazione nazionale del 28 marzo a Roma contro la politica economica del governo e dello sciopero generale indetto dalle tre organizzazioni per il 23 aprile.
Fabrizio Tomaselli, coordinatore nazionale di SdL. La Costituzione tutela il diritto di sciopero «nell'ambito delle leggi che lo regolano». Non è quindi incostituzionale proporre nuove regole. Perché sostenete il contrario?
Perché quando una legge di fatto impedisce l'esercizio del diritto di sciopero, questa è una violazione della Costituzione. Con queste norme in alcuni settori non si potrà più scioperare. Legare la possibilità di indire uno sciopero alla rappresentatività più o meno ampia di chi lo propone, di fatto trasforma il diritto individuale del lavoratore in un diritto esclusivamente prerogativa delle organizzazioni sindacali. Oggi come oggi anche gruppi di lavoratori non inquadrati in una specifica organizzazione sindacale possono promuovere scioperi. E' il caso di tanti coordinamenti di base: basti ricordare l'ultimo sciopero per la sicurezza effettuato dall'assemblea nazionale dei ferrovieri. Queste norme non solo sono incostituzionali ma anche inapplicabili, perché a tutt'oggi non esiste una legge sulla rappresentanza in grado di misurare la rappresentatività delle singole organizzazioni ai vari livelli: aziendale, di settore e nazionale. Nelle aziende dove gli iscritti ai sindacati sono meno del 50% dei lavoratori - e sono tantissime - ogni sciopero dovrebbe essere preceduto da un referendum, mentre in quelle dove la sindacalizzazione fosse più bassa del 20% il diritto di sciopero verrebbe di fatto abolito.
La questione della rappresentatività è stata sollevata anche da Antonio Martone, presidente della Commissione di garanzia. Martone cita l'esempio di uno sciopero Alitalia che avrebbe provocato la cancellazione di oltre 200 voli pur avendo ottenuto poche decine di adesioni...
Quello che dice Martone non è vero. L'equivoco nasce dal fatto che quando c'è uno sciopero nel settore dei trasporti, spesso l'adesione di molti lavoratori non viene conteggiata a causa delle cancellazioni preventive di treni e voli operate dalle aziende, al fine di evitare disagi ai passeggeri.
Misurare in via preventiva il livello di adesione agli scioperi non può essere un modo per venire incontro alle esigenze dei cittadini?
In qualsiasi parte del mondo l'esercizio dello sciopero è libero. Un lavoratore ha il diritto di decidere il giorno stesso se scioperare o meno. Anche perché, dal giorno della proclamazione, lo stato della vertenza può cambiare. L'adesione preventiva individuale espone invece il singolo lavoratore a forme di intimidazione da parte delle aziende, soprattutto in quelle piccole.
Si parla di sciopero virtuale. Ma per quale motivo un lavoratore dovrebbe dichiararsi in sciopero e lavorare gratis?
Parlare di sciopero "virtuale" è una contraddizione in termini. E' evidente che in questo modo si rischia di creare un forte squilibrio tra quello che ci rimetterebbe il lavoratore, pur lavorando, e il danno subito dall'impresa. Inoltre, specie nei trasporti e nei servizi, l'efficacia dello sciopero è legata anche al danno di immagine per le aziende.
Intanto il Codacons si schiera con voi e la Cgil e al governo manda a dire «di non utilizzare la scusa dei consumatori per violare la Costituzione». Una solidarietà inaspettata?
Questa contrapposizione con l'utenza spesso è strumentalizzata. Basti ricordare le battaglie comuni tra pendolari e lavoratori per l'efficienza dei servizi di trasporto ferroviario. Ci sembra che questa volta il Codacons abbia colto correttamente l'incostituzionalità delle norme proposte dal governo.


28 febbraio 2009 - La Provincia

La bocciatura dei Cobas. Più morbidi i piloti Anpac

ROMA - I sindacati di base bocciano le nuove norme sul diritto di sciopero previste dalla delega appena approvata dal governo e minacciano di non osservarle mentre un ok arriva dalla principale organizzazione dei piloti, l'Anpac, convinta che riduca la frammentazione sindacale. I Cobas parlano di norme incostituzionali, annunciano proteste e si dichiarano preoccupati per l'attacco al diritto di sciopero. In assenza di condivisione delle regole resta in campo quindi il rischio di scioperi selvaggi. «Sono norme incostituzionali - dice il coordinatore nazionale Cub Pierpaolo Leonardi, sindacato forte soprattutto nel trasporto pubblico locale - non ci riteniamo vincolati a osservarle. Si previene la possibilità che si organizzi il conflitto, si tenta di mettere il bavaglio alla lotta. Noi faremo di tutto perchè queste regole non vengano approvate dal Parlamento ma comunque si tratta di norme incostituzionali e quindi non ci sentiamo obbligati a rispettarle. Valuteremo di volta in volta».


28 febbraio 2009 - America Oggi

Scioperi. La riforma una realtà. Approvato il disegno di legge delega

ROMA - Via libera alla riforma degli scioperi nei trasporti. Le nuove regole, che di fatto rendono più difficile la possibilità di incrociare le braccia, hanno ottenuto l'ok dal Consiglio dei ministri, con l'approvazione all'unanimità del disegno di legge delega. Un "percorso molto cauto", ha sottolineato il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, che lascia spazio ad un "ulteriore coinvolgimento" delle parti sociali.
Unanime, invece, non è stata la risposta del fronte sindacale, con le sigle di base che bocciano senza appello il provvedimento e le confederazioni ancora una volta divise tra loro. Da Cisl, Uil e anche Confindustria è arrivato un giudizio sostanzialmente positivo, mentre la Cgil con il leader Guglielmo Epifani è tornata a lanciare l'avvertimento ad evitare "rapporti di forza" e svolte "autoritarie".
Non c'é stato alcun autoritarismo, ha replicato Sacconi: "Tutte le critiche pregiudiziali" sono "assolutamente fuori luogo", ha detto, chiedendo tuttavia di continuare il dialogo. La riforma, che comunque prima di essere operativa dovrà vedere il compimento della delega e dei successivi decreti delegati con il passaggio in Parlamento, senza l'esclusione del recepimento anche di eventuali avvisi comuni tra le parti, fissa una serie di paletti ai conflitti. Il fine è garantire "una più efficace conciliazione tra il sacrosanto e tutelato diritto di sciopero e il diritto alla libera circolazione" delle persone, ha sottolineato Sacconi, spiegando di essersi "limitati al settore del trasporto" perché "in tale ambito si sono manifestate le criticità maggiori".
Di qui, dunque, le nuove regole che vanno dalla soglia del 50% di rappresentatività dei sindacati per poter proclamare uno sciopero, all'obbligo di referendum preventivo per le sigle che invece hanno almeno il 20% di rappresentatività e che, per scendere in piazza, devono ottenere almeno il 30% dei consensi allo stop tra i lavoratori.
Le norme mirano a mettere fine anche all'effetto annuncio, affidano la riscossione delle sanzioni ad Equitalia, rendendole "finalmente effettive", ha sottolineato il titolare del Lavoro. Giro di vite contro le proteste "selvagge" (con multe sino a 5 mila euro), i blocchi della circolazione (con un divieto per chiunque di bloccare strade e aeroporti) ed i fermi dei tir (con la garanzia di servizi minimi e un limite alla durata dell'astensione).
Allo stesso tempo si punta ad aumentare il ricorso a conciliazione e arbitrato nei poteri della rinnovata Commissione per le relazioni di lavoro. Arrivano anche l'adesione preventiva individuale e lo sciopero virtuale (che potrà essere obbligatorio se il servizio è necessario) che saranno disciplinati per via contrattuale. Proprio su questi due ultimi punti si sono più divisi i pareri, tra consensi e perplessità.
Nel testo "ci sono cose che non vanno" bene, ha detto Epifani, riferendosi in particolare all'adesione preventiva e alla soglia del 20% che obbliga il referendum. Il leader della Cgil ha bocciato anche lo strumento legislativo scelto: "Su una materia come questa è meglio non delegare niente a nessuno", ha detto.
Al contrario il numero uno della Cisl, Raffaele Bonanni, si è detto "rassicurato" dal ddl delega visto che "é molto largo e rinvia alla contrattazione", mentre il segretario generale della Uil, Luigi Angeletti, ha promosso l'impianto, apprezzando soprattutto lo sciopero virtuale, ma non "l'imposizione" della dichiarazione preventiva. È "l'inizio del percorso", ha commentato il leader dell'Ugl, Renata Polverini.
Per il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, il ricorso al referendum potrebbe essere allargato anche ad altre categorie, oltre a quella dei trasporti. Sulla linea opposta i sindacati di base che parlano di norme incostituzionali. "Non ci riteniamo vincolati a osservarle", ha detto la Cub; "sono inapplicabili" per i Cobas.


27 febbraio 2009 - Agi

SCIOPERI: CUB, PRONTI A SFIDARE LEGGE INIQUA E ANTIDEMOCRATICA

(AGI) - Roma, 27 feb. - "Siamo in presenza di un attacco profondo ai diritti democratici costituzionalmente tutelati ed indisponibili". Cosi' Pierpaolo Leonardi, coordinatore nazionale Cub, sul ddl varato dal Consiglio dei Ministri. "Dopo le ronde, le restrizioni ai cortei e alle manifestazioni, le cariche agli operai, oggi si cerca di impedire il conflitto sociale ben sapendo che i costi della crisi si stanno scaricando proprio sui lavoratori. Le caute dichiarazioni di apprezzamento a questo provvedimento da parte di esponenti del centro sinistra e di sindacalisti fanno pensare che il sonno della ragione stia generando mostri". "Oltre a batterci fin dalle prossime ore - conclude Leonardi - perche' il decreto sia ritirato e stracciato, cominceremo a ragionare anche su nuove forme di lotta che mantengano alta la mobilitazione. Allo sciopero non rinunciamo, e se necessario sfideremo una legge iniqua e antidemocratica come quella che si prospetta".


27 febbraio 2009 - Ansa

SCIOPERI: GOVERNO VARA STRETTA; SACCONI, NO AUTORITARISMI
(RIEPILOGO GENERALE)
di Barbara Marchegiani

(ANSA) - ROMA, 27 FEB - Via libera alla riforma degli scioperi nei trasporti. Le nuove regole, che di fatto rendono più difficile la possibilità di incrociare le braccia, hanno ottenuto l'ok dal Consiglio dei ministri, con l'approvazione all'unanimità del disegno di legge delega. Un «percorso molto cauto», ha sottolineato il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, che lascia spazio ad un «ulteriore coinvolgimento» delle parti sociali. Unanime invece non è stata la risposta del fronte sindacale, con le sigle di base che bocciano senza appello il provvedimento e le confederazioni ancora una volta divise tra loro. Da Cisl, Uil e anche Confindustria è arrivato un giudizio sostanzialmente positivo, mentre la Cgil con il leader Guglielmo Epifani è tornata a lanciare l'avvertimento ad evitare «rapporti di forza» e svolte «autoritarie». Non c'è stato alcun autoritarismo, ha replicato Sacconi: «Tutte le critiche pregiudiziali» sono «assolutamente fuori luogo», ha detto, chiedendo tuttavia di continuare il dialogo. La riforma, che comunque prima di essere operativa dovrà vedere il compimento della delega e dei successivi decreti delegati con il passaggio in Parlamento, senza l'esclusione del recepimento anche di eventuali avvisi comuni tra le parti, fissa una serie di paletti ai conflitti. Il fine è garantire «una più efficace conciliazione tra il sacrosanto e tutelato diritto di sciopero e il diritto alla libera circolazione» delle persone, ha sottolineato Sacconi, spiegando di essersi «limitati al settore del trasporto» perchè «in tale ambito si sono manifestate le criticità maggiori». Di qui, dunque, le nuove regole che vanno dalla soglia del 50% di rappresentatività dei sindacati per poter proclamare uno sciopero, all'obbligo di referendum preventivo per le sigle che invece hanno almeno il 20% di rappresentatività e che, per scendere in piazza, devono ottenere almeno il 30% dei consensi allo stop tra i lavoratori. Le norme mirano a mettere fine anche all'effetto annuncio, affidano la riscossione delle sanzioni ad Equitalia, rendendole «finalmente effettive», ha sottolineato il titolare del Lavoro. Giro di vite contro le proteste 'selvaggè (con multe sino a 5 mila euro), i blocchi della circolazione (con un divieto per chiunque di bloccare strade e aeroporti) ed i fermi dei tir (con la garanzia di servizi minimi e un limite alla durata dell'astensione). Allo stesso tempo si punta ad aumentare il ricorso a conciliazione e arbitrato nei poteri della rinnovata Commissione per le relazioni di lavoro. Arrivano anche l'adesione preventiva individuale e lo sciopero virtuale (che potrà essere obbligatorio se il servizio è necessario) che saranno disciplinati per via contrattuale. Proprio su questi due ultimi punti si sono più divisi i pareri, tra consensi e perplessità. Nel testo «ci sono cose che non vanno» bene, ha detto Epifani, riferendosi in particolare all'adesione preventiva e alla soglia del 20% che obbliga il referendum. Il leader della Cgil ha bocciato anche lo strumento legislativo scelto: «Su una materia come questa è meglio non delegare niente a nessuno», ha detto. Al contrario il numero uno della Cisl, Raffaele Bonanni, si è detto «rassicurato» dal ddl delega visto che «è molto largo e rinvia alla contrattazione», mentre il segretario generale della Uil, Luigi Angeletti, ha promosso l'impianto, apprezzando soprattutto lo sciopero virtuale, ma non «l'imposizione» della dichiarazione preventiva. È «l'inizio del percorso», ha commentato il leader dell'Ugl, Renata Polverini. Per il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, il ricorso al referendum potrebbe essere allargato anche ad altre categorie, oltre a quella dei trasporti. Sulla linea opposta i sindacati di base che parlano di norme incostituzionali. «Non ci riteniamo vincolati a osservarle», ha detto la Cub; «sono inapplicabili» per i Cobas. «Tutela e rispetta lavoratori e cittadini», ha detto il presidente dei senatori del Pdl, Maurizio Gasparri; mentre per l'ex ministro del Lavoro, Cesare Damiano (Pd) non va nè il ricorso alla legge delega nè, nel merito, la definizione delle soglie.

SCIOPERI: CUB, NORME INCOSTITUZIONALI, NON LE OSSERVEREMO

(ANSA) - ROMA, 27 FEB - Le nuove norme sul diritto di sciopero approvate dal Governo ''sono incostituzionali'' per la Cub (Confederazione unitaria di base) che si dichiara intenzionata a ''valutare di volta in volta cosa fare'' e eventualmente anche a non osservarle. ''Sono norme incostituzionali - dice il coordinatore nazionale Pierpaolo Leonardi - non ci riteniamo vincolati a osservarle''. Intanto per il 28 il sindacato insieme alle altre confederazioni di base sta organizzando per il 28 marzo, in corrispondenza del G14 dei ministri del Welfare una manifestazione a Roma anche in difesa del diritto di sciopero. Secondo la Cub, sindacato forte soprattutto nel settore del trasporto pubblico locale, in questo modo si ''attacca il diritto di sciopero'' e ci si prepara nei prossimi mesi a ''far pagare la crisi ai lavoratori''. ''Si previene la possibilita' - dice Leonardi - che si organizzi il conflitto, si tenta di mettere il bavaglio alla lotta. Noi faremo di tutto perche' queste regole non vengano approvate dal Parlamento ma comunque si tratta di norme incostituzionali e quindi non ci sentiamo obbligati a rispettarle''. Alla domanda se sara' possibile che si metta in campo di nuovo uno sciopero selvaggio su modello di quanto avvenne negli anni scorsi nel trasporto pubblico locale Leonardi ha sottolineato che il sindacato ''valutera' di volta in volta cosa fare. I dati - ha detto - vengono spesso presentati in modo strumentale. Nel 2008 ci sono stati 219 scioperi nel trasporto pubblico locale ma in questo settore le aziende sono piu' di 1.500, non mi sembra questo cataclisma''.

SCIOPERI: UNIVERSO COBAS SI RIBELLA, OK DA PILOTI

(ANSA) - ROMA, 27 FEB - I sindacati di base bocciano le nuove norme sul diritto di sciopero previste dalla delega appena approvata dal Governo e minacciano di non osservarle mentre un ok arriva dalla principale organizzazione dei piloti convinta che riduca la frammentazione sindacale. I Cobas parlano di norme incostituzionali, annunciano proteste e si dichiarano preoccupati per l'attacco al diritto di sciopero. In assenza di condivisione delle regole resta in campo quindi il rischio di scioperi selvaggi. «Sono norme incostituzionali - dice il coordinatore nazionale Cub Pierpaolo Leonardi, sindacato forte soprattutto nel trasporto pubblico locale - non ci riteniamo vincolati a osservarle. Si previene la possibilità che si organizzi il conflitto, si tenta di mettere il bavaglio alla lotta. Noi faremo di tutto perchè queste regole non vengano approvate dal Parlamento ma comunque si tratta di norme incostituzionali e quindi non ci sentiamo obbligati a rispettarle. Valuteremo di volta in volta». «Abbiamo dubbi sulla costituzionalità del provvedimento - afferma Fabrizio Tomiselli della Sdl (sindacato dei lavoratori intercategoriale) - lo sciopero è un diritto individuale. Le incongruenze sono moltissime. Le leggi vanno rispettate ma se le norme non danno la possibilità di fare sciopero e di far emergere il conflitto il conflitto rischia di esserci lo stesso anche se non attraverso il sindacato. In tutte le situazioni in cui si comprimono i diritti c'è un punto oltre il quale non si può andare. Il lavoratore a un certo punto si arrabbia». «Abbiamo già la normativa più restrittiva in Europa sullo sciopero - dice il responsabile comunicazione dell'Orsa - primo sindacato tra i macchinisti delle compagnie ferroviarie - questo provvedimento prende il peggio degli impianti degli altri Paesi e li somma al nostro. Si rende di fatto impraticabile lo sciopero. Si reprime il diritto e non si affrontano i problemi. Qualora questa legge venga approivata raccoglieremo firme per il referendum abrogativo. Crea presupposti per una forte tensione sociale soprattutto nei trasporti». «Mi auguro che il Parlamento e il confronto con le parti sociali porti delle correzioni al provvedimento - dice il presidente dell'Anpav, associazione degli assistenti di volo, Massimo Muccioli - non abbiamo mai fatto un uso spropositato delle sciopero e al di fuori delle regole e continueremo a non farlo ma riteniamo che questa delega debba subire dei correttivi in modo da non annullare l'azione di protesta quando necessaria». Convinto dell'effetto «positivo» del provvedimento sulla frammentazione sindacale e soprattutto per l'utenza è il vicepresidente dell'Anpac,associazione che rappresenta la larga maggioranza dei piloti, Stefano De Caro: «la legge del 1990 necessitava una rivisitazione, la valorizzazione della rappresentatività è importante, un elemento qualificante delle relazioni industriali. Dovrebbe servire ad aggregare i soggetti sindacali. Lo sciopero è un diritto ma sarebbe utile che si minimizzi l'impatto sull'utenza massimizzando quello per l'azienda». «Non siamo preventivamente contro questo tipo di operazione - dice segretario generale della Cisal - Francesco Cavallaro - ma rischia di non avere facile applicazione».

SCIOPERI: TIBONI (CUB), SE VOGLIONO CONFLITTO LO AVRANNO

(ANSA) - MILANO, 27 FEB - Dura presa di posizione della Confederazione di base (Cub) sul ddl che modifica il diritto di sciopero: «Se vogliono il conflitto, stiano pur certi che lo avranno, anche perchè queste incredibili proposte sono le ultime di un governo che, pezzo per pezzo, vuole smantellare i diritti sanciti dalla nostra Costituzione», afferma il coordinatore nazionale del sindacato di base Piergiorgio Tiboni. «Queste sparate - aggiunge Tiboni - mi ricordano le gag del comico Tognella, il cui padrone gli organizzava gli scioperi la domenica pomeriggio perchè la sua ditta era come una famiglia. Ma scherzi a parte è un tentativo del ministro del welfare di rendere impraticabile l'esercizio del diritto sancito dalla Costituzione». «La nuova normativa - sottolinea il sindacalista - punta a una pericolosissima limitazione alla libertà sindacale e allo stesso sottostante principio di democrazia nello stesso mondo del lavoro. Simulato da un linguaggio apparentemente tecnico e presentato come un intervento limitato al solo settore trasporti, Palazzo Chigi mira a gestire l'attuale crisi economica eliminando già sul nascere le possibili e legittime risposte provenienti dal mondo dei lavoratori, su cui grava l'attuale dissesto finanziario, economico e sociale».


27 febbraio 2009 - Asca

SCIOPERI: CUB, SACCONI LIMITA LIBERTA' SINDACALE E DEMOCRAZIA

(ASCA) - Milano, 27 feb - La nuova normativa sul diritto di sciopero presentata dal ministro Sacconi al Consiglio dei Ministri rappresenta ''una nuova e pericolosissima limitazione alla liberta' sindacale e al principio di democrazia nel mondo del lavoro''. E' il duro commento della Confederazione Unitaria di Base sul ddl delega approvato dal Consiglio dei Ministri. Dito puntato in particolare sul cosiddetto 'sciopero virtuale': ''Queste sparate - attacca Piergiorgio Tiboni, coordinatore nazionale della Confederazione Unitaria di Base - mi ricordano le gag del comico Tognella, il cui padrone gli organizzava gli scioperi la domenica pomeriggio perche' la sua ditta era come una famiglia''. Dopo aver ricordato che ''il diritto di sciopero e l'esercizio dell'attivita' sindacale sono espressamente tutelati dagli articoli 39 e 40 della Carta Costituzionale'', Tiboni annuncia battaglia contro il ddl: ''Se vogliono il conflitto, stiano pur certi che lo avranno. Anche perche' - conclude il coordinatore nazionale della Cub - queste incredibili proposte sono le ultime di un governo che, pezzo per pezzo, vuole smantellare i diritti sanciti dalla nostra Costituzione''.

SCIOPERI: AUTONOMI SI FERMERANNO IL 23 APRILE

(ASCA) - Roma, 27 feb - I sindacati autonomi hanno proclamato uno sciopero generale, sia per il settore pubblico che per quello privato, per l'intera giornata del 23 aprile prossimo. In una nota, Cub, Cobas e SdL, indicano una serie di rivendicazioni a sostegno dell'agitazione, tra le quali spicca la ''difesa al diritto allo sciopero'', aumenti di salari e pensioni, aggancio dei salari al reale costo della vita, Cig per i lavoratori precari, nuova occupazione tramite un piano straordinario per lo sviluppo delle energie rinnovabili, stabilizzazione dei precari e piano straordinario abitativo con il reperimento di un milione di alloggi popolari.


27 febbraio 2009 - Genova press

COBAS: L'ATTACCO AL DIRITTO DI SCIOPERO E' UN ATTACCO ALLA DEMOCRAZIA

Con le nuove norme previste dal Governo sul diritto di sciopero si sta andando rapidamente verso un nuovo e pericolosissimo capitolo del più vasto tema della limitazione delle libertà sindacali e costituzionali, della democrazia nel mondo del lavoro e nella società. Dietro un linguaggio formalmente tecnicistico, presentato come un intervento per il solo settore trasporti, il governo predispone la legislazione per gestire la fase attuale e futura di grave crisi economica e le conseguenti risposte dei lavoratori al tentativo di farne pagare a loro il costo. Ciò è confermato dal fatto che il governo ha annunciato norme che dovrebbero impedire di bloccare strade, aeroporti e ferrovie, forme di lotta utilizzate da tutti i lavoratori in casi particolarmente drammatici. L'attacco al contratto nazionale, le nuove norme che si intendono introdurre sulla rappresentatività sindacale, la nuova concertazione tra governo, confindustria e sindacati confederali che si è trasformata in una vera e propria alleanza neocorporativa, sono elementi finalizzati ad impedire le rivendicazioni e la difesa dei diritti dei lavoratori. Ciò avviene proprio quando più grave è la crisi economica, più pesanti le conseguenze per i lavoratori e maggiore la necessità di risposte determinate. Lo scopo del governo è quello di imporre per legge la pace sociale, vietando e criminalizzando il diritto di sciopero. Di ridurre al silenzio i lavoratori mentre si celebrano i misfatti nel settore dei trasporti - Fs , Tirrenia, Alitalia - con migliaia di esuberi, di messa in mobilità, di licenziamenti e il relativo aggravio sulla qualità del servizio e dei costi. Illegittima e autoritaria l'ipotesi di consegnare lo sciopero, che è un diritto individuale sancito dalla Costituzione, alla disponibilità gestionale di sindacati che rappresentino il 50% dei lavoratori; assurdo perché in molte aziende la sindacalizzazione non arriva neanche al 50%. Nonché il referendum preventivo che tende a dilazionare e snaturare l'azione di sciopero, già oggi estremamente contrastata dalle limitazioni della Commissione di Garanzia e dai ripetuti divieti del governo. Altrettanto improponibile è l'adesione preventiva allo sciopero, un non senso giuridico che prevederebbe l'impossibilità del singolo di poter mutare il proprio atteggiamento rispetto ad un'azione sindacale indetta. Inaccettabile infine la forma di lotta virtuale che di fatto elimina il diritto di sciopero ed assegna alle parti la capacità/volontà di individuare la "penale" per l'azienda in caso di "sciopero lavorato", mentre ai lavoratori si ritira l'intera giornata di lavoro: quindi la perdita secca della giornata per il lavoratore ed una impercettibile riduzione dei profitti per l'azienda. Il sindacalismo di base ha indetto una manifestazione nazionale a Roma il 28 marzo e uno sciopero generale per il 23 aprile anche per difendere il diritto di sciopero e la democrazia sindacale.


27 febbraio 2009 - L'Unione Sarda.it

Cub-Cobas-Sdl: "Colpo di mano del Governo"
Confermano, quindi, le iniziative di lotta contro il governo, ma anche contro i "padroni, Cisl, Uil e Ugl": il 4 marzo stop del trasporto aereo, il 28 marzo manifestazione nazionale a Roma, il 23 aprile sciopero generale

Sindacati di base sul piede di guerra contro le linee di riforma dello sciopero domani all'esame del consiglio dei ministri. In un comunicato unitario, Cub, Cobas e Sdl dicono 'no' a "colpi di mano da parte del governo", convinti che si stia andando "rapidamente verso un nuovo e pericolosissimo capitolo del più vasto tema della limitazione delle libertà sindacali e costituzionali, della democrazia nel mondo del lavoro e nella società". Confermano, quindi, le iniziative di lotta contro il governo, ma anche contro i "padroni, Cisl, Uil e Ugl": il 4 marzo stop del trasporto aereo, il 28 marzo manifestazione nazionale a Roma, il 23 aprile sciopero generale. "Dietro un linguaggio formalmente tecnicistico, presentato come un intervento per il solo settore trasporti, - affermano - il governo predispone la legislazione per gestire la fase attuale e futura di grave crisi economica e le conseguenti risposte dei lavoratori col tentativo di farne pagare a loro il costo. Ciò è confermato dal fatto che il governo ha annunciato norme che dovrebbero impedire di bloccare strade, aeroporti e ferrovie, forme di lotta utilizzate da tutti i lavoratori in casi particolarmente drammatici". Secondo Cub, Cobas e Sdl, lo scopo del governo è "di imporre per legge la pace sociale, vietando e criminalizzando il diritto di sciopero. Di ridurre al silenzio i lavoratori mentre si celebrano i misfatti nel settore dei trasporti con migliaia di esuberi, di messa in mobilità, di licenziamenti e il relativo aggravio sulla qualità del servizio e dei costi: un colpo di mano che va sventato sul nascere insieme a tutti i tentativi protesi a mettere al bando la Costituzione e i diritti fondamentali".


27 febbraio 2009 - Affaritaliani.it

Scioperi/ Cub, pronti a sfidare legge antidemocratica

"Siamo in presenza di un attaccoprofondo ai diritti democratici costituzionalmente tutelati ed indisponibili". Cosi' Pierpaolo Leonardi, coordinatorenazionale Cub, sul ddl varato dal Consiglio dei Ministri. "Dopo le ronde, le restrizioni ai cortei e alle manifestazioni, lecariche agli operai, oggi si cerca di impedire il conflitto sociale ben sapendo che i costi della crisi si stannoscaricando proprio sui lavoratori. Le caute dichiarazioni di apprezzamento a questo provvedimento da parte di esponenti delcentro sinistra e di sindacalisti fanno pensare che il sonno della ragione stia generando mostri". "Oltre a batterci fin dalle prossime ore - conclude Leonardi - perche' il decreto sia ritirato e stracciato,cominceremo a ragionare anche su nuove forme di lotta che mantengano alta la mobilitazione. Allo sciopero non rinunciamo,e se necessario sfideremo una legge iniqua e antidemocratica come quella che si prospetta".


27 febbraio 2009 - Il Salvagente

Via libera del governo alla legge antisciopero, perplessa la Cgil,
contrari i sindacati di base

Per una valutazione più accurata occorrerà valutare il testo nel merito. Epifani chiede al governo di non intaccare i diritti fondamentali. Via libera dal Consiglio dei ministri al disegno di legge che regolamenta con nuove regole gli scioperi. Addio alle agitazioni "selvagge", alle giornate da incubo per i cittadini. Questa, almeno, è l'intenzione dei promotori della legge. La bozza sul tavolo del governo - nata mentre infuriava la polemica per le agitazioni Alitalia - prevede anche lo "sciopero virtuale" nei servizi essenziali, in particolare nei trasporti. Il progetto, come recita il titolo, è volto alla "regolamentazione e prevenzione dei conflitti collettivi di lavoro con riferimento alla libera circolazione delle persone" e lo sciopero virtuale "può essere reso obbligatorio per determinate categorie professionali le quali, per le peculiarità della prestazione lavorativa e delle specifiche mansioni, determinino o possano determinare, in caso di astensione dal lavoro, la concreta impossibilità di erogare il servizio principale ed essenziale".
Epifani: Il diritto di sciopero è una liberà fondamentale
Dalla Cgil era arrivato già ieri un rigido altolà. E il segretario Guglielmo Epifani aveva avvertito: "Se il governo intende, partendo dal problema del rispetto dei diritti degli utenti, ridurre una libertà fondamentale, la Cgil si opporrà ora e dopo. Anche perché il sindacato – precisa Epifani - è sempre stato attento a conciliare il diritto di sciopero con quello degli utenti in alcuni settori particolari come i trasporti". Al leader Cgil lo sciopero virtuale proprio non piace, e al massimo, specifica, "potrà essere aggiuntivo, non sostitutivo". Anche perché "il fatto di dichiarare prima individualmente la propria adesione può essere un modo di rendere inutile l'azione sindacale".
Il "no" dei sindacati di base
Arriva subito il "no" dei sindacati di base Cub, Confederazione Cobas e SdL intercategoriale. "Con le nuove norme previste dal governo sil diritto di sciopero - dicono - si sta andando rapidamente verso un nuovo e pericolosissimo capitolo del più vasto tema della limitazione delle libertà sindacali e costituzionali, della democrazia nel mondo del lavoro e nella società. Dietro un linguaggio formalmente tecnicistico, presentato come un intervento per il solo settore trasporti, il governo predispone la legislazione per gestire la fase attuale e futura di grave crisi economica e le conseguenti risposte dei lavoratori al tentativo di farne pagare a loro il costo. Ciò è confermato dal fatto che il governo ha annunciato norme che dovrebbero impedire di bloccare strade, aeroporti e ferrovie, forme di lotta utilizzate da tutti i lavoratori in casi particolarmente drammatici. L'attacco al contratto nazionale, le nuove norme che si intendono introdurre sulla rappresentatività sindacale, la nuova concertazione tra governo, Confindustria e sindacati confederali che si è trasformata in una vera e propria alleanza neocorporativa, sono elementi finalizzati ad impedire le rivendicazioni e la difesa dei diritti dei lavoratori". Questi sindacati autonomi accusano anche il governo "di voler ridurre al silenzio i lavoratori, mentre si celebrano i misfatti nel settore dei trasporti - Fs , Tirrenia, Alitalia - con migliaia di esuberi, di messa in mobilità, di licenziamenti e il relativo aggravio sulla qualità del servizio e dei costi". La conclusione immediata è di "colorare" con questi nuovi obbiettivi gli scioperi già programmati, a partire da quello del trasporto aereo del 4 marzo.
Procedure complesse per scioperare
Per attuare una sospensione dal lavoro nel settore dei trasporti sarà inoltre necessario un referendum consultivo preventivo obbligatorio. A meno che non si tratti di proclamazioni da parte di sindacati che hanno più del 50% di rappresentatività. In aggiunta, nei servizi di particolare rilevanza, serve anche l'adesione preventiva da parte del singolo lavoratore. Il disegno di legge dispone, infatti, "l'introduzione dell'istituto del referendum consultivo preventivo obbligatorio, a meno che non si tratti di proclamazioni da parte di organizzazioni sindacali complessivamente dotate di un grado di rappresentatività superiore al 50% dei lavoratori, e della dichiarazione preventiva di adesione allo sciopero stesso da parte del singolo lavoratore almeno con riferimento a servizi o attività di particolare rilevanza". Il progetto governativo si preoccupa anche delle conseguenze negative dell'"effetto annuncio". Spesso, infatti, basta la proclamazione di uno sciopero per bloccare il traffico in una città da parte di chi teme di non poter andare a lavorare con i mezzi pubblici. Si prevedono, quindi, procedure specifiche anche per i tempi della revoca.


27 febbraio 2009 - Borsa Italiana

Trasporti: sindacati proclamano sciopero generale 23 aprile

ROMA (MF-DJ)--Le confederazioni ed organizzazioni sindacali Cub, Confederazione Cobas, SdL Intercategoriale, proclamano lo sciopero generale di tutte le categorie pubbliche e private per l'intera giornata del 23 aprile 2009. Durante lo sciopero generale saranno garantiti i servizi minimi essenziali. Lo annunciano i sindacati in una lettera inviata al Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, ai ministri del Welfare Maurizio Sacconi e della Funzione Pubblica Renato Brunetta e al Presidente la Commissione di Garanzia ex Legge 146/90, Antonio Martone. Lo sciopero e' indetto, tra l'altro, per blocco dei licenziamenti; riduzione dell'orario di lavoro a parita' di salario; aumenti consistenti di salari e pensioni, introduzione di un reddito minimo garantito per chi non ha lavoro; aggancio dei salari e pensioni al reale costo della vita; cassa integrazione almeno all'80% del salario per tutti i lavoratori, precari compresi, continuita' del reddito per i lavoratori atipici, con mantenimento del permesso di soggiorno per gli immigrati; nuova occupazione mediante un piano straordinario per lo sviluppo di energie rinnovabili ed ecocompatibili, promuovendo il risparmio energetico e il riassetto idrogeologico del territorio, rifiutando il nucleare e diminuendo le emissioni di CO2; piano di massicci investimenti per la messa in sicurezza dei luoghi di lavoro e delle scuole, sanzioni penali per gli omicidi sul lavoro e gli infortuni gravi; eliminazione della precarieta' lavorativa attraverso l'assunzione a tempo indeterminato dei precari e la re-internalizzazione dei servizi; piano straordinario di investimenti pubblici per il reperimento di un milione di alloggi popolari, tramite utilizzo di case sfitte e mediante recupero, ristrutturazione e requisizioni del patrimonio immobiliare esistente.


27 febbraio 2009 - Il Manifesto

COBAS - SDL - CUB
«Il governo attacca la democrazia e salva le corporazioni»
di Francesco Piccioni

Grazie alla formula «limitativa» scelta dal governo («nei servizi pubblici essenziali») il provvedimento antisciopero che oggi prenderà in esame il consiglio dei ministri ha un primo nemico chiaramente indicato: il sindacalismo di base. Ex quadri Cgil delusi da politiche «concertative» che facilitavano spesso il sistema clientelare, ex «nuova sinistra», lavoratori di un po' tutti i tipi. Negli anni hanno fatto la storia delle vertenze in Alitalia, Ferrovie dello stato, nella scuola, in molti comparti del pubblico impiego e della sanità; ma anche in Telecom o all'Enel, in Atesia.
Insieme a questa componente politicamente chiara, sono esistite anche forme di microsindacalismo corporativo, spesso fatto di poche decine di iscritti, abilissimo nell'annunciare scioperi che non avrebbe poi mai fatto per meglio contrattare sottobanco privilegi e sinecure da «casta». Questi rimarranno vivi, naturalmente. Magari all'interno di quel più grande contenitore corporativo che è l'attuale Cisl di Bonanni.
Il sindacalismo di base ha reagito ieri dimostrando di aver ben chiara la portata politica di questo provvedimento, che fa da apripista ad analoghi diktat sul settore privato (mettendo al muro anche la Cgil), con l'intento di metter fine a un diritto costituzionale (il diritto di sciopero, secondo la Carta, è individuale e non delegabile ad alcuna organizzazione, di qualunque entità). In una nota inviata alla stampa Cobas, Sdl e Cub lo definiscono «un attacco alla democrazia». La ragione è semplice: c'è la crisi, diventerà più pesante e questo esecutivo si prepara a governarla nell'unico modo che conosce, quello «militare». «Dietro un linguaggio formalmente tecnicistico - dicono i tre sindacati - il governo predispone la legislazione per gestire la fase attuale e futura di grave crisi economica e le conseguenti risposte dei lavoratori al tentativo di farne pagare a loro il costo». Non è un'illazione malevola, nel testo ci sono «norme che dovrebbero impedire di bloccare strade, aeroporti e ferrovie, forme di lotta utilizzate da tutti i lavoratori in casi particolarmente drammatici». Del resto, il combinato disposto di tutte le «novità» introdotte in materia di regolamentazione delle relazioni industriali appare decisamente a senso unico. E chiarissimo. «L'attacco al contratto nazionale, le nuove norme che si intendono introdurre sulla rappresentatività sindacale, la nuova concertazione tra governo, confindustria e sindacati confederali (meno la Cgil, ndr) che si è trasformata in una vera e propria alleanza neocorporativa, sono elementi finalizzati ad impedire le rivendicazioni e la difesa dei diritti dei lavoratori». Da un lato, dunque, si impedisce di fatto lo sciopero (comunque già più difficile, in tempi di crisi e disoccupazione crescente), dall'altra si dichiara preventivamente illegale qualsiasi altra forma di lotta «non virtuale».
La memoria storica dei ferrovieri italiani, Ezio Gallori, ha facile gioco a ricordare che «per noi extra confederali, delle nuove regole oggi non ce n'era neppure bisogno: lo sciopero era quasi vietato». Tra differimenti di autorità, precettazioni, «procedure di raffreddamento» e via limitando. Con un messaggio finale al custode della Carta: «voglio ricordare ciò che diceva il mio concittadino Piero Calamandrei, padre della Costituzione: 'in una società dove esistono più classi, lo sciopero è un valore per questo non va represso ma caso mai stimolato'. Oggi questo non è più vero perché c'è una classe sola: quella dei padroni». Naturalmente quella di Gallori & co. non è una resa. Il sindacalismo di base ha già convocato una manifestazione nazionale a Roma per 28 marzo. Mercoledì 4 ci sarà anche il secondo sciopero (in due mesi) dell'«era Cai». Non solo per dire «ci siamo», ma a costituire un punto di riferimento per chi, dentro le nuove gabbie, ci sta decisamente stretto.


27 febbraio 2009 - La Nuova Venezia

TRASPORTI
«Le regole sugli scioperi ci sono già»
I sindacati criticano la nuova proposta di legge
di GIANNI FAVARATO

Di scioperi nei trasporti pubblici veneziani se ne condano tanti, ma - secondo il sindacato dei lavoratori dei trasporti della Cgil - «sempre nell’ambito della legge che già regola gli scioperi nei servizi essenziali e sempre per inadempienze delle aziende, dalle Ferrovie dello Stato, ad Actv, Atvo, Save e le società di handling dell’aeroporto Maro Polo».
A Mestre e Venezia, solo in poche occasioni, a onor di cronaca, si sono visti scioperi «selvaggi», effettuati, cioè, senza l’avvio della prevista procedura di «raffreddamento» e la dichiarazione abbondantemente anticipata dello sciopero e l’autorizzazione della «Commissione nazionale di Garanzia». Come lo sciopero improvviso del trasporto urbano indetto dai sindacati confederali di categoria, nel 2003, che paralizzò le città italiana degli autobus o le «fermate» organizzate dai lavoratori addetti ai bagagli dell’aeroporto Marco Polo. Tranne questi casi, a Venezia di scioperi «selvaggi» non se ne sono visti altri.
«Se i lavoratori scioperano - dice Umberto Tronchin, segretario della FIlt-Cgil -. è perché le aziende non rispettano i contratti nazionali e integrativi o decidono senza prima consultare gli organismi di rappresentanza sindacale. In verità questo Governo vuole togliere ai lavoratori il diritto più sacrosanto che hanno, quello di scioperare, naturalmente nel rispetto delle norme che già ci sono e cercando di causare il minor disagio possibile ai cittadini che utilizzano i mezzi di trasporto pubblico». «Gli scioperi selvaggi nei trasporti pubblici - conclude Tronchin - sono solo una scusa per smantellare libertà e diritti sindacali, compreso il diritto di sciopero garantito dalla costituzione». Per il segretario regionale della Filt-Cgil, Ilario Simonaggio, «è pretestuoso, come pretende di fare il Governo, fissare nuove regole sugli scioperi che si basano sulla rappresentanza delle organizzazioni sindacali o referendum con soglie di voto, quando manca quella legge organica sulle rappresentanze sindacali che noi chiediamo da tempo». «Mi chiedo poi - aggiunge Simonaggio - come si comporterà il Governo con lavoratori autonomi dei trasporti, come taxisti o autotrasportatori, quando organizzano scioperi e bloccano città e autostrade?».
Giampietro Antonini, segretario della Rdb-Cub veneziane - un sindacato autonomo di base, forte di iscritti sia all’Actv che in aeroporto - è appena tornato da una riunione a Roma della Commissione nazionale di Garanza degli scioperi nei servizi di pubblica, non ha dubbi. «Della legge di regime che vuole azzerare il diritto di sciopero - dice Antonini - ce ne ha parlato oggi il presidente della Commissione, ma noi gli abbiamo risposto che una legge c’è già e anche noi l’abbiamo sempre rispettata. E’ evidente che lo scopo non è di tutelare i cittadini, ma di impedire ai lavoratori di scioperare quando le aziende, come spesso succede, non rispettano i diritti dei lavoratori o tagliano fuori da ogni trattativa organizzazione sindacali rappresentative e autonome come la nostra».