Anche la Corte dei Conti boccia la politica fiscale

Occorre alleggerire la pressione fiscale sui lavoratori dipendenti

Roma -

Se persino un organo tecnico come la Corte dei Conti definisce ondivaga e contraddittoria la lotta allevasione condotta nel nostro paese, cè veramente da preoccuparsi. Si sa, gli organi tecnici sono tenuti alla prudenza istituzionale: e allora quelle due espressioni (contraddittoria e ondivaga) risuonano in tutta la loro gravità.

Nell'analisi condotta dalla Corte dei Conti, finisce sul banco degli imputati il tanto propagandato strumento del redditometro definito poco efficace e dalle limitate potenzialità.

Esattamente ciò che USB ha denunciato sin dal primo momento, proprio mentre il Direttore dell'Agenzia era impegnato a tesserne le lodi in pompose conferenze stampa, con l'appoggio naturalmente di tutto il mondo politico.

Ma dietro le parole della magistratura contabile cè molto più del semplice giudizio negativo su qualche singola misura: c'è, invece, la chiara denuncia del fallimento della politica fiscale basata sugli annunci e sul clamore mediatico, appunto, totalmente inadeguata per contrastare la piaga dell'evasione.

Una denuncia che chiama in causa, a nostro avviso, non solo la classe politica, ma anche i vertici dell'Agenzia che hanno abbandonato il ruolo tecnico e la necessaria sobrietà che dovrebbe accompagnare una attività così delicata, ed hanno invece accettato il piano della spettacolarizzazione della presunta lotta all'evasione.

Ma la Corte dei Conti si spinge anche oltre e, sul fronte delle proposte, allude a quel meccanismo del conflitto di interessi quale strumento necessario per far emergere l'evasione.

Si tratta, in sostanza, di incentivare quel sistema virtuoso che porta soggetti direttamente interessati perchè potenzialmente fruitori di detrazioni, a far emergere una parte di imponibile che sfugge ai controlli fiscali.

E si tratta esattamente di una delle tante proposte formulate da USB a tutela dei redditi di lavoro dipendente che consentirebbe da un lato di far emergere, appunto, l'evasione e dall'altra di avvicinare il trattamento fiscale dei redditi da lavoro dipendente (i più martoriati da un sistema fiscale che si abbatte pressoché totalmente su tale categoria reddituale) a quello dei lavoratori autonomi consentendo la detrazione e la deduzione di alcune spese e alleggerendo, in questa maniera, la pressione fiscale sui lavoratori dipendenti.

Ma, evidentemente, anche misure di semplice buon senso sono destinate a rimanere estranee al dibattito politico.

Ed invece, proprio in questi giorni tocca ascoltare il consueto ritornello del Presidente di Confindustria Squinzi (evidentemente non contento dei 40 miliardi di debiti appena sbloccati alle imprese) sulle povere imprese martoriate dalle tasse.

Et voilà ecco le folgoranti e originali ricette per uscire dalla crisi: abbassamento del costo del lavoro e alleggerimento della pressione fiscale sulle imprese!

Sul primo punto parlano i salari da fame dei lavoratori, la precarietà a gogò, le deroghe al contatto collettivo che stanno portando le condizioni di lavoro a quelle dei primi del novecento.

Sul secondo punto è sufficiente citare i recentissimi dati forniti dal MEF relativi alle dichiarazioni del 2012 che, alla faccia delle tasse troppo alte pagate dagli imprenditori, dimostrano che i lavoratori dipendenti dichiarano più dei commercianti, degli artigiani e degli imprenditori!

E lo stesso trend è destinato a riprodursi anche negli anni successivi, considerato che nei piani aziendali dell'Agenzia c'è un aumento dei controlli sui 730 e una diminuzione dei controlli sulle imprese.

E allora, sarebbe meglio che il Presidente della Confindustria invece di preoccuparsi di invocare ancora impunità fiscale per le sue imprese cominciasse seriamente a porsi il problema di allontanare dalla sua associazione quelle imprese condannate per evasione fiscale.

Un semplice gesto di igiene politica e morale che neanche sfiora l'associazione degli industriali, troppo preoccupati ad utilizzare la crisi per assicurarsi ulteriori fonti di profitto.

Ma naturalmente anche CGIL, CISL e UIL prestano il fianco alla vulgata del fisco opprimente nei confronti delle imprese, invocando una riduzione del carico fiscale sia per le imprese sia per i lavoratori dipendenti (bontà loro).

Tutti insieme appassionatamente, carnefici e vittime, chi continua ad evadere le tasse e chi, invece, le paga fino all'ultimo centesimo ed in misura proporzionalmente superiore alle proprie possibilità. Tutti sulla stessa barca, in nome delle larghe intese, naturalmente ...