Dogane e Monopoli: smart working
Ci preoccupa la superficialità con cui l’Agenzia tratta un argomento delicato come quello dell’aumento delle attività svolte in presenza.
A poche ore dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del DL Rilancio, che prevede per le Pubbliche Amministrazioni un graduale e motivato rientro in presenza in funzione delle progressive riaperture delle attività produttive e delle disposizioni delle autorità sanitarie, all’Agenzia delle dogane dei monopoli si decide di firmare un accordo che prevede il rientro in presenza del 45% del personale, in media.
Verrebbe naturale pensare che questo numero sia legato alla cosiddetta “Fase 2”, (riaprono i voli riprende il servizio viaggiatori, si riaprono giochi e scommesse e si rende necessaria la presenza di altro personale e così via….), ma non è così. È stata fissata una percentuale senza senso, slegata dall’individuazione di nuove attività indifferibili e dal contesto emergenziale.
Del resto già dopo il Dpcm del 26 aprile, che espressamente confermava la disciplina emergenziale stabilita dall’art. 87 del DL 18/2020 (il lavoro agile è la modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa nelle pubbliche amministrazioni....limitano la presenza del personale negli uffici per assicurare esclusivamente le attività che ritengono indifferibili e che richiedono la presenza sul luogo di lavoro ..), il Direttore del Personale invitava i dirigenti della sua direzione a prevedere i turni in presenza in relazione al raggiungimento degli obiettivi, senza menzionare le attività indifferibili, in alcuni uffici della Lombardia si lasciava la scelta ai funzionari se eseguire una visita merci o meno, nonostante fossero ancora in vigore le disposizioni che le declassavano a controllo documentale, la Direzione Accise riavviava i controlli d’iniziativa e nella maggior parte degli uffici abbiamo assistito ad un generale allentamento delle misure di contenimento del contagio prevedendo un aumento delle presenze, nonostante le attività indifferibili rimanevano quelle stabilite dalla Liua Direttiva n. 3 del 12 marzo 2020.
Quello che avremmo dovuto stabilire non erano le percentuali, ma come garantire che i rientri necessari alla ripresa produttiva avvenissero in piena sicurezza, in una fase delicata in cui non ci è ancora dato di sapere gli effetti che le riaperture avranno sui contagi.
Per questo avevamo chiesto di integrare l’ordine del giorno con un accordo che facesse da linea guida sulla sicurezza, dando uniformità ai comportamenti che si stanno tenendo negli uffici, recependo e adattando le varie disposizioni già in vigore, per poi ulteriormente integrarle a livello territoriale per esigenze specifiche.
Ci sono uffici che misurano la temperatura all’ingresso solo su base volontaria, altri che distribuiscono mascherine non sterili, non idonee DPI e prive di certificazione CE senza specificarne le finalità d’uso, in altri le mascherine sono esaurite o scarseggiano.
Andavano poi superati sia l’accordo del 24 aprile, sia la Liua n. 6, che hanno snaturato una modalità di lavoro per definizione agile prevedendo il peggio del telelavoro e il peggio dello smart working (rigidità di orario e costi a carico del lavoratore), ripristinate garanzie in tema di diritto alla disconnessione, dopo aver previsto deviazioni del VoIP sui numeri personali senza autorizzazione e senza prevederne l’automatica disabilitazione al di fuori dell’orario di lavoro, nei giorni di ferie o di assenza, divenuto strumento dei controlli dell’Audit.
Si riconoscono finalmente i buoni pasto anche in smart working, però autocertificando il rispetto dell’orario e, mentre noi ci chiedevamo quale fosse la necessità di questa autocertificazione per i giorni lavorati in smart working in cui non sono presenti giustificativi di assenze orarie, il Direttore del personale ha tenuto a sottolineare le conseguenze civile penali nel caso di dichiarazione mendace: la necessità è che nel nuovo stile comunicativo dell’Agenzia non può mancare un richiamo all’aspetto sanzionatorio, anche a costo di forzare il buon senso.
Quello che era veramente necessario era un confronto aperto e una discussione ampia e approfondita per fare un buon accordo. Invece, per rendere l’idea di come si è svolta la riunione: il Direttore del personale si è presentato dicendo di avere un’ora di tempo e che quindi non poteva essere affrontata la questione della sicurezza come avevamo chiesto, proponeva il 50% come media delle presenze, motivandole con quattro generiche parole sul ruolo dell’Agenzia, e pochi minuti prima di andare via presentava 4 pagine pronte ad essere firmate dalla maggioranza delle sigle sindacali sulla mediazione del 45%...
La questione per noi non può risolversi fissando una media a priori, che può servire ai fini statistici ma non a dare una chiara indicazione di come affrontare questa nuova fase, per cui è tutt’altro che conclusa con la firma di questo accordo.
L’idea di relazioni sindacali che ha questa Agenzia ce l’ha data del resto il Direttore stesso, firmando di domenica un'importante modifica organizzativa, con quattro uffici della Normativa che si spostano dalle rispettive Direzioni per entrare nella Direzione generale, che ci troviamo pubblicata lunedì mattina con la premessa “Informate le OO.SS”.
L’Agenzia ha evidentemente voglia di provocazioni, visto che noi non ne sapevamo nulla.
Se ci avessero informato avremmo consigliato a chi l’ha emessa di godersi il riposo domenicale, visto che non solo non si trattava di nulla di urgente, ma che consideriamo queste continue riorganizzazioni, fatte peraltro in assenza di un comitato di gestione, poco opportune, soprattutto in una fase dove tutte le energie dovrebbero essere tese verso le misure per fronteggiare l’emergenza.
Come poco opportuni sono i continui restyling del logo (ognuno degli ultimi tre direttori ne ha previsto uno) che per qualche dettaglio ci costringeranno a cambiare la cartellonistica con inutili costi
Nemmeno il tempo delle rimostranze che arriva, stavolta sì, una nuova informativa sul “riordino “degli assetti organizzativi che ci preannuncia una razionalizzazione delle strutture territoriali, a partire dalla direzione interregionale del Veneto e del Friuli Venezia Giulia con accorpamenti e istituzione di nuovi uffici.
Ma un’informativa dovrebbe illustrare il disegno complessivo e le finalità che si vogliono perseguire con una modifica organizzativa, per questo deve essere chiara a chi l’ha pensata, ma anche e soprattutto ai lavoratori che la dovranno attuare.
Altrimenti questa bulimia di provvedimenti e razionalizzazioni di cui non trapela la razionalità, non farà che aumentare la confusione.