Dogane (e non solo). La favola di Pollicino

Roma -

Le P.A. hanno fatto passi da gigante, ma ne avrebbero fatti ancora di più se, paradossalmente, la logica della produttività non avesse svolto un ruolo di freno. 

Infatti, mentre si continuava a lavorare, e a farlo sempre meglio, siamo stati costretti ad occupare una parte notevole del nostro tempo a ricercare unità di misura per un lavoro che, dove non è impossibile, è quantomeno inopportuno misurare. Qualcuno ci e riuscito, ed è diventato un campione nel fare progetti, un esperto di linguaggio "produttivo", un esempio a cui ispirarsi ma a cui per fortuna non a tutti è riuscito di emulare, altrimenti non sarebbe rimasto più nessuno per realizzarli, quei progetti.

Tutto questo non è stato soltanto inutile, ma a volte dannoso ed altre volte addirittura immorale. Non ci dilungheremo sulle contraddizioni create dagli obiettivi che in questi anni ci siamo dati. Ci limitiamo a considerare che aver legato il livello salariale di una categoria all'esistenza stessa di ciò che quella categoria dovrebbe estirpare, come l'evasione fiscale e il contrabbando, e come dire che si ha avuto l'interesse a vincere le battaglie, ma non la guerra.

Passando dalla produttività collettiva a quella individuale non diminuiscono gli effetti perversi di una tale logica. Mantenere bassa la retribuzione fissa favorendo il salario di produttività, che incentiva determinate attività ritenute strategiche per le "mission" aziendali, significa legare indissolubilmente tali attività all'incentivo e in un certo senso legittimare chi non è inserito in un nessun progetto a guadagnarsi lo stipendio scadente con una prestazione lavorativa anch'essa scadente.

In un ultimo punto la produttività ha fallito. Si è completamente perso il rapporto fra l'attività lavorativa prestata e la certezza della sua retribuzione. Non solo i tempi della corresponsione del salario accessorio si sono dilatati, ma la stessa quantificazione delle somme dovute è arrivata con anni di ritardo, condizionando la contrattazione integrativa, su cui il nostro CCNL pone a carico questioni fondamentali per i lavoratori, come le progressioni economiche.

Ci riferiamo in primo luogo alle somme del comma 165, il quale, lo ricordiamo, destina all'incentivazione del personale una quota delle maggiori entrate nel bilancio dello Stato che si dovessero verificare rispetto a quelle preventivate. Nel verbale che ha accompagnato le ultime Convenzioni il Capo Dipartimento delle politiche fiscali e i Direttori delle Agenzie firmarono l'impegno a corrispondere quelle somme entro l'anno. L'anno volge al termine e di quelle somme non conosciamo nemmeno l'importo. Non bastasse, la Finanziaria  prevede che a decorrere dall’anno 2006 gli importi non potranno superare quelli del 2004, ridotti del 10%.

In questa situazione il 13 dicembre all’Agenzia delle Dogane la maggioranza delle OO.SS. hanno firmato un accordo che prevede un acconto di 180 Euro, medi, lordi, a fronte dei 2200 che l’anno scorso sono stati pagati a titolo di indennità di obiettivo istituzionale. Si è parlato di scelta “politica”. Noi non l’abbiamo capita. I lavoratori che a dicembre si troveranno a dover pagare il mutuo la capiranno?

Ancora una volta si frammenta il Fondo in  una molteplicità di indennità, acconti, residui, con i lavoratori costretti a raccattare le briciole per strada, senza poter contare su quei soldi per pianificare le loro esigenze. Noi non rinunceremo a rivendicare che quei soldi, oggi spesi per incentivare particolare attività, servano a garantire diritto alla carriera e retribuzioni migliori, strumenti sicuramente più dignitosi delle indennità per far funzionare la macchina fiscale.


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