Emilia Romagna e Marche - ADM, USB non firma l'accordo sulla sicurezza
Come USB P.I. Agenzie Fiscali dell’Emilia Romagna e delle Marche alla fine abbiamo ritenuto che non ci fossero i presupposti per sottoscrivere l’accordo sulla sicurezza nei luoghi di lavoro.
Non lo abbiamo fatto, benché il risultato finale sia lontano anni luce dalla bozza che l’amministrazione aveva inizialmente elaborato, perché di sicurezza in quell’accordo ce ne è davvero poco.
La USB, col massimo spirito collaborativo, ha da subito provato a spingere sull’aspetto sicurezza, dapprima elaborando una propria proposta di protocollo inviata preventivamente alla DID Emilia Romagna e Marche, senza esito; poi attraverso le modifiche alla loro bozza iniziale, infine intervenendo puntualmente durante il confronto. Malgrado ciò e pur riconoscendo all’amministrazione lo sforzo di migliorare l’accordo, il risultato non viene ritenuto condivisibile.
Innanzi tutto rimane la profonda contraddizione tra l’affermazione che il lavoro agile rimane la modalità di lavoro ordinario, e la decisione, recependo acriticamente l’accordo nazionale, di fissare al 45% la percentuale di presenza in ufficio, legandole alle attività indifferibili di cui alla circolare n. 3, ma omettendo di limitarle a quelle che devono essere rese esclusivamente in presenza, per come era stato richiesto.
Ma, come detto, l’accordo rimane carente soprattutto per ciò che concerne la sicurezza dei lavoratori. L’attuale fase, benché non sia state eliminate tutte le problematiche e le conseguenze relative alla diffusione del virus, sta paradossalmente diventando ancora più pericolosa per l’abbassamento delle difese e dei comportamenti virtuosi sin qui tenuti.
Per questo motivo riteniamo sarebbe stata necessaria ancora più attenzione nell’adozione di adeguate misure di sicurezza. Invece, abbiamo dovuto constatare che:
- non è stata introdotta la misurazione obbligatoria della temperatura di chiunque acceda negli uffici (lavoratori, utenti, addetti alle pulizie): oggi in qualsiasi negozietto uno debba entrare, il primo atto è quello della misurazione della temperatura, per inibire l’accesso a chi è potenzialmente in grado di diffondere il virus. All’ADM no, la spesa per l’acquisto dei termoscanner per la salvaguardia dei lavoratori viene ritenuta superflua, così con l’accordo si sono stabiliti solo controlli occasionali (!);
- è stato ritenuto inutile specificare l’obbligo di forniture delle mascherine da parte dell’amministrazione e che le stesse siano a norma. Questo a dispetto del fatto che al tavolo sia emerso che non in tutti gli uffici queste vengono fornite. Sarebbe interessante anche conoscere, per trasparenza, i canali di approvvigionamento dei DPI e le relative certificazioni di qualità;
- non si è voluto specificare che nelle verifiche esterne i verificatori sono autorizzati già nell’accordo ad interrompere la verifica nel caso riscontrassero carenze in materia di sicurezza Covid. Questo passaggio era stato ritenuto fondamentale, visto che nella riunione era emerso chiaramente come in sede di trattativa a livello di UD ed UM sia difficile relazionarsi con i direttori di alcuni uffici, per cui era importante non lasciare alcun margine di discrezionalità;
- non si è voluto specificare che per le Visite Merci rimane in essere quanto previsto dalla Direttoriale 2, specificazione fondamentale in considerazione di quanto emerso nella discussione anche da parte di rappresentanti di altre sigle e visto l’atteggiamento ambiguo tenuto dall’amministrazione su questo punto;
- si è scelto di certificare che il lavoro agile deve essere equiparato al telelavoro, con orari rigidi e con relativi controlli da parte dell’Audit centrale per tutto l’orario di servizio.
Insomma troppi punti oscuri.
Noi riteniamo che, invece, l’accordo dovesse partire dalle misure sanitarie da attuare, individuando poi le attività indifferibili da rendere di presenza e, solo alla fine, stabilire quanti lavoratori dovessero rientrare in servizio.
Avremmo voluto avere dati ufficiali in ordine alla ripresa delle attività nelle singole realtà operative delle regioni, o ancora di eventuali contatti con le associazioni di categorie degli operatori doganali, della logistica e delle strutture quali aeroporti, interporti e porti, circa le previsioni del riavvio delle attività.
Invece, nulla di tutto questo.
Per concludere su un tema delicato come questo, si poteva e si doveva fare di più, da qui la nostra decisione di non sottoscrivere l’accordo.