Emilia Romagna - Entrate, Perchè cambiare l'orario a Piacenza
Oggi in una nutrita assemblea dei lavoratori si è discusso sulla necessità di cambiare l’orario di lavoro a Piacenza e non si è trovato nessun valido motivo per farlo.
Di solito una cosa si cambia per due motivi, se non va più bene o perché la si vuole migliorare, ma in questo caso la si deve cambiare solo perché qualcuno dice che “si deve cambiare”. Sembra di discutere con quei bambini che fanno i capricci e battono i piedi.
E’ necessario diminuire la flessibilità in entrata, eliminare uno dei quattro profili orari, accorciare la pausa pranzo di 15 minuti, aumentare i servizi svolti al pubblico su tutte le 26 ore di apertura, e limitare le giornate per recuperare le ore di permesso. Tutti provvedimenti che non aumentano la produttività, non migliorano l’organizzazione, non fanno risparmiare un euro e non danno un servizio migliore al pubblico.
Ma in questo periodo occorre far vedere chi comanda, occorre non rispettare le regole, occorre seguire il metodo Marchionne, a costo di ridurre l’Italia come la FIAT! Il CCNL prevede che “l’orario ordinario di lavoro … le esigenze dei servizi … vengono stabilite in contrattazione integrativa…” (art. 33 comma 1) l’Agenzia “se ne frega”.
Il periodo critico attuale dovrebbe imporre la ricerca di una unità di intenti: cercare di realizzare quel benessere organizzativo previsto dalla legge che immagina di armonizzare meglio l’orario di lavoro a quello della famiglia, unico elemento a tenere ancora unito questo paese, che ha previsto l’istituzione anche dei Comitati Unici di Garanzia a livello nazionale per studiare le modalità di attuare tale benessere
NO. Sua maestà, la direzione centrale ha deciso con una nota e non con un “accordo nazionale” così come più volte è stato detto erroneamente durante l’assemblea, che si debba ignorare il Contratto Nazionale di Lavoro e le leggi che tutelano i diritti dei lavoratori.
Un modo per dimostrare che i sindacati, le RSU e quindi i lavoratori non contano più nulla, sono carne da macello e se ne può disporre a piacere. A Piacenza ci dicono che se non raggiungiamo l’accordo entro il 4 giugno l’amministrazione fa come gli pare! E questa la chiamano trattativa? A noi sembra più un ricatto!
Oggi però è accaduto anche qualcosa che, invece, ci è molto piaciuta. Abbiamo visto tanti lavoratori interessati e disposti a difendere i propri diritti ed è questa la strada che noi vogliamo percorrere e stimolare.
Occorre ritornare a difendere e soprattutto a conquistare nuovi diritti che non potremo trovare ai tavoli di trattativa sempre più svuotati di significato e drogati da falsi obiettivi, ma attraverso la mobilitazione e la reazione compatta dei lavoratori.