Emilia Romagna - Entrate, Portomaggiore chiuderà entro il 2012
Giovedì 25 ottobre si è tenuta presso la Direzione Provinciale di Ferrara la riunione per discutere delle modalità di chiusura dell’UT di Portomaggiore. Dopo un preambolo introduttivo sulla riorganizzazione complessiva dell’Agenzia delle Entrate, definizione di un piano delle scelte, verifica costi improduttivi, ecc.. si è proseguito passando alla verifica degli aspetti pratici legati alla chiusura dell’Ufficio.
Quanto alle modalità di attuazione della chiusura, il trasloco di beni materiali e archivi sarà completato presumibilmente entro il 20 dicembre, ma si attuerà, in accordo con il sindaco di Portomaggiore che fornirà i locali, l’apertura di uno sportello dell’Agenzia che si occuperà di effettuare operazioni semplici (Rilascio Codici Fiscali e Partita IVA, contratti privati di locazione, informazioni semplici). L’apertura dello sportello avverrà per un giorno alla settimana.
La discussione vera e proprio ha riguardato i seguenti punti:
- Il personale addetto allo sportello (scelto su base volontaria?) sarà impiegato privilegiando i residenti a Portomaggiore che fossero interessati (e quindi non necessariamente solo i colleghi in mobilità verso Ferrara), prevedendo un criterio di rotazione del personale addetto ed un periodo di sperimentazione di circa 6 mesi, monitorando nel contempo sia eventuali picchi da parte del servizio, sia l’utilizzo reale da parte del contribuente comune. Eventuale personale impiegato allo sportello non residente a Portomaggiore godrà del trattamento di missione;
- Quanto alla ricollocazione dei lavoratori di Portomaggiore, sarà effettuato un interpello “aperto”, cioè che dia al personale sia la possibilità di scelta della sede fisica all’interno della DP,sia il tipo di area lavorativa di interesse (intesa come UC, UT o Staff), riservandosi comunque il Direttore una discrezionalità di valutazione delle scelte qualora le richieste fossero palesemente sbilanciate;
- Utilizzo “ragionato” del modulo orario, in modo da permettere ai colleghi che arriveranno soprattutto in treno, di limitare al minimo i disagi che scaturiranno dallo spostamento e cercare di renderli compatibili con le loro esigenze;
- Effettuazione di un periodo di “tutoraggio” per consentire ai colleghi in ingresso,di calarsi nella nuova realtà di Ferrara. Registriamo un apprezzamento per questa apertura a favore del personale.
Il risultato dell’incontro è a nostro parere un bicchiere mezzo pieno, o mezzo vuoto a seconda dei punti di vista, perché avremmo preferito consentire una maggiore libertà di scelta ai lavoratori della sede soppressa, consentendo loro una mobilità più ampia a livello regionale, o persino una migrazione su base volontaria ad altra amministrazione, in modo da garantire la più ampia possibilità di decidere del loro futuro e del loro destino, ma così non è stato.
A maggior ragione se pensiamo che allo stato dei fatti, non si è in grado di prevedere se questo percorso di chiusura degli uffici minori, diventi una “prassi” sempre più ipotizzabile per il futuro prossimo.
Quanto all’attivazione dello sportello decentrato presso i locali del comune di Portomaggiore, ci auguriamo che l’orario e le giornate di apertura tengano effettivamente conto delle reali esigenze dell’utenza, e che non rappresenti quindi una mera operazione di facciata.
Continuiamo a stigmatizzare la soppressione degli Uffici Territoriali ritenendola una scelta sbagliata, effettuata solo per motivi di risparmio, e che letteralmente scaricherà i costi della soppressione sui lavoratori (obbligati al pendolarismo) e sui cittadini (obbligati a raggiungere uffici più distanti per usufruire dei sevizi), senza contare il venir meno del presidio fisico del territorio.
L’esperienza della chiusura di Portomaggiore conferma tutti i nostri timori sul futuro degli Uffici Territoriali di piccole dimensioni (già espressi all’atto della nascita delle DP) e sul futuro di chi ci lavora, e rafforza l’opinione negativa sul “modello DP” instaurato nel 2009 in relazione alla gestione del personale.
Il fatto di considerare il territorio provinciale come sede di lavoro, infatti, comporta, nel caso di mobilità da soppressione di sede, un aggravio di costi non indifferente per i lavoratori, che ad oggi si ritrovano con lo stipendio bloccato fino al 2017, la “miseria” dell’indennità di vacanza contrattuale a rischio di sottrazione (come previsto dalla Legge di Stabilità in discussione) e progressioni di carriera inesistenti. Il risultato, quindi, è che i lavoratori si troveranno a sostenere doppiamente il peso della riduzione dei costi e dello smantellamento delle strutture pubbliche. L’onda lunga dei sacrifici e del “ce lo chiede l’Europa”, della spending review e dello smantellamento delle strutture pubbliche si abbatte così anche la dove non si sarebbe immaginato, e ciò deve servire da monito a tutti perché, con ragionevole certezza, temiamo proprio non finisca qui.