Entrate - CCPulse & COGNOS non possono più fare la spia
Dopo la sentenza positiva di Cagliari, un parere del Lavoro riafferma i principi sostenuti da USB
USB può ritenere chiusa con soddisfazione, la lunga vicenda che ha riguardato l'installazione e l'uso di software-spia nei Centri di Assistenza Multicanale dell'Agenzia delle Entrate. La conclusione è per noi motivo di grande soddisfazione perché anche la Direzione Generale per l'Attività Ispettiva del Ministero del Lavoro ha stabilito una serie cosí stringente di vincoli da rendere innocui tutti gli aspetti concretamente e potenzialmente lesivi dei diritti e della privacy dei lavoratori dei CAM.
Dall'uso illegittimo di quei software erano scaturite pesanti iniziative da parte della dirigenza del CAM di Cagliari che si erano tradotte in censurabili e indebite pressioni sui lavoratori, atti di palese condizionamento che lasciavano facilmente presagire la possibilità di provvedimenti, anche sanzionatori, nei loro confronti.Ciò per dire che l'Agenzia intendeva utilizzare quei software non solo per scopi puramente organizzativi o statistici a posteriori, in ossequio a una legittima esigenza organizzativa che non abbiamo mai contestato; ma per altri scopi che violavano lo Statuto dei Lavoratori e che consentivano ai dirigenti di posto di lavoro di "spiare" ogni più piccolo comportamento individuale, senza essere visti e senza aver informato preventivamente i lavoratori di tale attività.
Il controllo a distanza era ed è una violazione di legge e quei software erano diventati ovunque uno strumento per la violazione della privacy.Dopo la sentenza positiva di Cagliari, seguita al ricorso intrapreso da USB contro l'Agenzia delle Entrate; dopo la diffida stragiudiziale inviata da USB per chiedere la disattivazione dei software; dopo le iniziative sindacali intraprese in molti CAM, arriva il parere del Ministero del Lavoro che impone all'agenzia la disattivazione di CCPulse e COGNOS proprio in quelle parti che consentono l'illegittima sorveglianza a distanza dei lavoratori.
L'autorizzazione al mantenimento dei software è stata subordinata a quattro stringenti condizioni:
1) l’azienda dovrà dare informativa scritta al personale dipendente in merito alle modalità di funzionamento e alle finalità che giustificano la relativa autorizzazione;
2) al software non potrà essere apportata alcuna modifica se non in conformità al dettato dell’art. 4 della L. 300/70;
3) le informazioni non potranno in nessun caso essere utilizzate per eventuali accertamenti sull’obbligo di diligenza da parte dei lavoratori, né per l’adozione di eventuali provvedimenti disciplinari;
4) essendo i predetti software esclusivamente destinati alle esigenze organizzative e produttive, rimane esclusa ogni altra finalità, diretta ed indiretta, di controllo a distanza dell’attività lavorativa dei dipendenti.
È di tutta evidenza che ci troviamo di fronte a un ordine di disattivazione - su tutto il territorio nazionale - delle funzioni più pericolose, che USB ha sempre contestato. Grazie alla nostra iniziativa quei software non potranno più fare registrare e conservare dati sensibili.
L'Agenzia delle Entrate si è rifiutata di rendere pubblico il parere fornito dal Ministero del Lavoro, adducendo una presunta privacy nello scambio di corrispondenza fra le Amministrazioni. A parte l'involontaria ironia, ricordiamo che le Amministrazioni esistono per servire gli amministrati e che c'è un dovere di trasparenza soprattutto quando sono in ballo interessi così diffusi.
Delle due l'una: o c'è qualcosa da nascondere o l'Agenzia delle Entrate sta reiterando il gravissimo errore di sentire i propri lavoratori non come parte di sé, ma come altro da sé. In entrambi i casi c'è il rischio di aprire una incolmabile voragine nel rapporto di fiducia, fra l'Amministrazione e i suoi lavoratori. Rapporto che da troppi indizi appare ormai ampiamente logoro.