Entrate - Condoni, tax compliance, servizi: quante contraddizioni!

L'Agenzia vara il redditometro, il governo un altro pacchetto di condoni: dove va il Fisco?

Roma -

Il giorno in cui l'Agenzia delle Entrate presenta alle organizzazioni di categoria il redditometro, è anche il giorno in cui sugli organi di informazione si susseguono voci sempre più insistenti di un pacchetto di provvedimenti d condono fiscale, una decina in tutto, che spaziano dal canone RAI ai tributi locali. Sempre in questi giorni, l'Agenzia delle Entrate annuncia l'estensione dell'orario di sportello dei front office, facendo leva sulla disponibilità dei lavoratori - sempre gli stessi da dieci anni - a rinunciare al diritto alla flessibilità oraria in cambio di una decina di euro lordi.

 

Tre notizie, tenute insieme da un filo di illogicità su cui proviamo a ragionare.

 

Nelle dichiarazioni dell'Agenzia delle Entrate, il redditometro dovrebbe aiutare i contribuenti a verificare se le proprie spese sono coerenti con il reddito dichiarato. Sarebbe quindi opportuno chiamarlo spesometro e casomai riservare il nome redditometro a quello strumento, sul quale nessuno ci risulta stia lavorando, che servirebbe a valutare se il reddito percepito dai lavoratori è adeguato al livello di pressione fiscale, alle tariffe dei servizi pubblici, alle spese primarie che essi devono sostenere per sé e per le loro famiglie. Siamo convinti che il redditometro farebbe emergere molte incongruenze sulle quali riflettere, anche alla luce del blocco dei contratti fino al 2017 e del tetto imposto alle retribuzioni individuali.

 

Ma tant'è, chiamiamolo redditometro. Ora, le intenzioni dell'Agenzia possono essere le migliori del mondo e sulla bontà tecnica dello strumento non dubitiamo, conoscendo le elevatissime professionalità che l'hanno messo a punto. Ma siamo perplessi.

 

Gli evasori fiscali veri hanno sempre provato - troppo spesso con successo - a porre un muro invalicabile fra i propri comportamenti evasivi ed elusivi e il Fisco. Se un questionario  avrà la forza di abbattere questo muro, è tutto da vedere. Il redditometro è stato paragonato agli studi di settore già applicati per le categorie professionali, che sono diventati negli anni il risultato di un vero e proprio pre-patteggiamento e di una modalità pattizia di prelievo fiscale. Terrore dei contribuenti onesti, manna dal cielo per gli altri.

 

È stato anche detto che il redditometro servirà ad aumentare la tax compliance ma a noi pare che questa storiella della tax compliance sia ormai ripetuta senza troppa convinzione. Non può sfuggire la colossale contraddizione che è insita in queste parole, dette come se si ignorasse una realtà che è di ben altra pasta. In queste ore si fa sempre più insistente la voce dell'ennesimo pacchetto di condoni che il governo si appresterebbe a varare (il condizionale è d'obbligo dato che politicamente questo governo è alla canna del gas) e appena dieci giorni fa è stato varato il condono delle liti fiscali pendenti. Inoltre, la ferita dello scudo fiscale non si è ancora rimarginata.

 

Forse il redditometro sarebbe lo strumento perfetto in un paese ad elevata civiltà fiscale, ma qui da noi ci sembra piuttosto l'ennesimo strumento per fare della lotta all'evasione fiscale una questione di pura propaganda, priva della benché minima efficacia, ripetiamo al di là delle migliori intenzioni di cui sono lastricate le ben note discese agli inferi.

 

Proviamo ora a chiudere e spiegare quel filo di illogicità di cui dicevamo in premessa. Se anche solo la metà delle misure annunciate nel decreto sviluppo dovesse vedere la luce o se sarà un altro governo a varare nuove e diverse misure fiscali comunque massicce, sugli uffici e in particolare sui settori addetti all'erogazione dei servizi si abbatterà una prima massiccia ondata di richieste di chiarimenti pari almeno, se non superiore a quella che li investì quando - qualche mese fa - si iniziò a parlare di cedolare secca e qui di ancora prima che la misura fiscale entrasse in vigore.

 

Immaginiamo cosa accadrà nei CAM, nei mini CAM e nei front office, con buona pace di chi pensa di poter migliorare l'efficienza dei servizi allungando l'apertura degli sportelli. Non è con i pannicelli caldi che si ridurranno le code e non è spremendo ancora di più gli stessi lavoratori che da un decennio tengono in piedi i servizi fiscali che si potrà superare l'emergenza continua. E per dirla tutta, non è nemmeno corretto parlare di "emergenza" giacché questa situazione è da anni la norma, per un motivo o per l'altro, ma sempre a causa di precise organizzative mai osteggiate dalla "maggioranza" sindacale.

 

Chi confida nel potere della telematica non fa i conti con la carenza di infrastrutture informatiche, inclusa quella banda larga e quella rete WiFi che in Italia sono a livelli da quarto mondo e non fa i conti con la bassa alfabetizzazione informatica del nostro Paese. Inoltre, la popolazione invecchia, i lavori pubblici languono e, in mancanza di lavori stradali che sono il passatempo proverbiale dei nostri pensionati, può essere un piacevole diversivo fare la fila agli sportelli e magari poter insultare gratis il dipendente statale di turno. Non dimentichiamoci poi che la stessa Agenzia manda ai cittadini una valanga di comunicazioni per le più svariate ragioni e questo spesso si traduce in un esplicito invito a recarsi negli uffici territoriali. Ricordiamoci anche che gli obiettivi assegnati con le Convenzioni 2011 prevedono il significativo aumento dei controlli sui Modelli 730 (e questo la dice lunga sull'aumento dei controlli sui "pesci piccoli") e anche questo genere di attività produrrà un incremento delle richieste di informazioni e chiarimenti.

 

Anche in questo caso, anziché l'accordicchio di una settimana fa si poteva approfittare per chiedere all'Agenzia - come USB ha chiesto - un tavolo negoziale che facesse il punto sui servizi, dopo dieci anni di esperienze non tutte positive e non tutte immodificabili.

 

Ma per far questo serve una politica gestionale che sappia guardare con obiettività alla realtà dell'amministrazione e del nostro Paese, non solo alle idee, buone o meno buone che si hanno in testa. Serve un occhio critico e obiettivo sul paese reale, per accorgersi che non serve - o non basta - il redditometro per sconfiggere l'evasione fiscale e non bastano quattro soldi per coprire le magagne del ritardo organizzativo, frutto di investimenti inadeguati sul settore dei servizi fiscali malgrado la domanda di assistenza, da qualunque canale e per qualunque ragione essa giunga, sia sempre cresciuta.

 

Senza questa obiettività, senza aprirsi al confronto, si rischia di adottare soluzioni che lungi dal risolvere i problemi, li peggiorano o - nel migliore dei casi - lasciano tutto com'era prima. Non proprio tutto: ci perdono i contribuenti onesti, ci perdono i cittadini, ci perdono i lavoratori.

 

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