Entrate - Front office, dopo la faccia ci mettiamo anche i soldi?
Code lunghissime, carenza di personale e pochi investimenti, la qualità dov'è?
La riorganizzazione dell'Agenzia sembra aver contribuito all'ulteriore decadimento della qualità dei servizi ai contribuenti, già causato da fattori indipendenti dalla volontà e dalla pur elevata professionalità dei lavoratori che ogni giorno presidiano la loro “trincea” al front office. Fra i disservizi più gravi, ci sono le attese bibliche che rendono illusoria la promessa del “tempo reale”, dopo code lunghissime ed estenuanti, consumate spesso in situazioni di forte disagio logistico, poiché in molti front office l'affluenza media giornaliera è di diverse centinaia di contribuenti.
Fra le cause note dei disservizi, segnaliamo la cronica sovrapposizione di più canali di prenotazione, le applicazioni informatiche che vanno a passo di lumaca e una generale carenza di personale, alla quale si unisce un numero insufficiente di sportelli. Ci sono dunque più cause, che danno la sensazione di un settore poco presidiato, sul quale l'Agenzia non ha investito adeguatamente.
La scelta dei front office fu fatta per aprire una nuova fase di dialogo tra fisco e contribuenti, nel segno della , che doveva indurre i cittadini a un rapporto sereno con le tasse, proprio a partire dalla percezione di una buona qualità dei servizi. L'utente era addirittura considerato un ”cliente”. E accanto ai front office, la nascita dei CAM completava l'offerta di servizi ad alto contenuto professionale.
L'interesse dell'Agenzia verso i servizi è progressivamente scemato come dimostra la riduzione delle risorse economiche investite: l'indennità di 9 euro giornalieri è un lontano ricordo, dimezzato dal tempo. Le assunzioni di personale guardano solo al mondo del controllo, non c'è un'adeguata rotazione fra servizi e controllo e, fino a oggi, i neo assunti ai front office si sono visti poco e per pochissimo tempo, sebbene l'Agenzia avesse preso impegni precisi. Il numero di sportelli è inadeguato al nuovo assetto provinciale, che attrae i contribuenti verso un numero minore di uffici.
Questa catena di cause, crea situazioni spesso critiche, che sfociano in litigi, interventi delle forze dell'ordine, lamentele pubbliche. Paradossalmente, il mix di inefficienze organizzative colpisce contemporaneamente il cittadino-utente e il lavoratore, che però (succede spesso) finiscono per sentirsi nemici l'uno dell'altro, perdendo di vista le cause del problema che si confondono nella nebbia delle diffidenze, dei pregiudizi, dei luoghi comuni. Come dire: il danno e la beffa!
Investire sui servizi significa credere nei lavoratori, stanziare risorse adeguate, dare giuste prospettive di carriera (le progressioni economiche ad esempio), potenziare le tecnologie, la formazione. E magari assumere giovani con bandi adeguati alle specifiche necessità di un settore che riteniamo socialmente nevralgico.
Si dice che una Pubblica Amministrazione moderna ed efficiente si riconosce dalla qualità dei servizi che eroga. La recente campagna è ispirata a questa visione della PA come diffusore di servizi di qualità. I lavoratori la faccia ce la mettono da sempre; qualche soldo e un po' di lungimiranza ora non guasterebbero.
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