Entrate - Gli incarichi dirigenziali e lo spread

Una visione sindacale diversa su incarichi e carriere dei lavoratori

Roma -

Proprio in questi giorni, la sentenza del Consiglio di Stato ha concesso all’Agenzia delle Entrate la sospensiva dell’esecutività della sentenza del TAR la quale, come è noto, aveva ritenuto illegittimo il conferimento di incarichi dirigenziali a funzionari non in possesso della qualifica di dirigente.

 

Non è nostro stile commentare le sentenze, nemmeno quando non le condividiamo, ma alcune considerazioni più generali sono doverose.

 

Alcuni episodi hanno del paradossale e dell'incredibile e rivelano la distanza siderale che ormai c'è fra alcune posizioni sindacali e i bisogni concreti della stragrande maggioranza delle lavoratrici e dei lavoratori. Ci riferiamo, ad esempio, a un comunicato della CISL nel quale si rassicurano i colleghi, incaricati di posizioni dirigenziali, che non corrono alcun rischio di vedersi revocato l’incarico. In precedenza anche il Salfi si era distinto per una pittoresca raccolta di firme  a sostegno dei colleghi incaricati “vittime” della sentenza Tar...

 

Da troppo tempo alcuni sindacati hanno imboccato la strada della complicità, sostenendo le peggiori scelte gestionali dell'amministrazione, a volte addirittura sostituendosi all'Agenzia nello svolgimento del “lavoro sporco”.

 

Lo abbiamo visto in tante occasioni (da ultimo, la sottoscrizione del protocollo di intesa per la sperimentazione del nuovo orario di apertura al pubblico negli uffici territoriali) e temiamo che continueremo ad assistere ancora a questo triste spettacolo. Il tema degli incarichi non sfugge a questo copione come ci è sembrato chiaro lo scorso 14 ottobre, quando proprio su questa materia pressoché tutte le organizzazioni sindacali presenti al tavolo corsero in soccorso dell'amministrazione, preoccupate esclusivamente di salvaguardare gli incarichi dirigenziali, piuttosto che di rimettere in discussione il meccanismo delle nomine (per investitura divina?) dirigenziali che  la sentenza del TAR aveva ben stigmatizzato.

 

La sola USB ha ribadito in quella occasione, la necessità di prendere atto del fallimento di quel sistema invitando a intraprendere l'unica strada per restituire dignità e credibilità all'amministrazione: l'indizione di un concorso pubblico “vero” per dirigenti. Naturalmente, come già abbiamo detto in tante occasioni, il problema non sono i colleghi incaricati. E il punto della questione non è soltanto l'arbitrarietà delle nomine al di là di ogni procedura concorsuale, bensì la precisa scelta politica di questa amministrazione, avallata dai sindacati complici, di dotarsi di una struttura dirigenziale debole, ricattabile e priva di autonomia. Proprio nel momento in cui sarebbe necessario condurre una lotta serrata all'evasione fiscale che necessiterebbe di un management autonomo e indipendente non soggetto al valzer delle nomine somministrate su base fiduciaria.

 

Nello stesso solco degli incarichi dirigenziali, ispirato alla medesima filosofia gestionale, si colloca la proliferazione degli incarichi di responsabilità, delle posizioni organizzative e degli esperti (schizzati a circa 4000 posizioni). Si tratta di istituti contrattuali che da sempre critichiamo e strumentalmente utilizzati non tanto per fini organizzativi, quanto in nome di spregiudicate politiche retributive, sempre più a carico del fondo di tutte le lavoratrici e i lavoratori. Anche qui, comprendiamo le legittime aspirazioni professionali di chi ambisce a una crescita della propria retribuzione in un momento di tagli e blocco dei contratti. Ma ci sembra ingiusto ipotecare decine di milioni dei fondi aziendali per questo scopo, quando potrebbe e dovrebbe essere l'amministrazione ad accollarsi l'onere di remunerare queste figure.

 

Quei fondi dovrebbero invece essere utilizzati per garantire ulteriori progressioni economiche, soprattutto tenendo conto del fatto che nell'Agenzia delle Entrate  l'accordo sulle progressioni, non sottoscritto dall'USB, ha riservato tale opportunità soltanto al 30% del personale.

 

Questione di scelte, naturalmente: e così, amministrazione e sindacati complici sono così solerti quando si tratta di difendere gli incarichi dirigenziali o di far proliferare le posizioni organizzative, e improvvisamente immobili quando si tratta di garantire crescita professionale e salariale per tutti le lavoratrici e i lavoratori.

 

Noi di USB, riteniamo che i diritti sono collettivi e vogliamo salvaguardare le retribuzioni di tutti: a maggior ragione in una fase di blocco dei contratti e della contrattazione sino al 2017 e con le misure appena varate dal governo dei banchieri presidiato dal Prof. Monti, che con rigore e sobrietà ha propinato ai lavoratori pubblici la solita, oramai ben nota manovra "lacrime e sangue".

 

Dunque, il fallimento di questo sistema “allegro e spensierato” di gestione del personale, che ha sostituito le regole certe con l' arbitrio, i diritti con le concessioni, la lotta all'evasione con gli strali nei confronti dei “persecutori” delle imprese, è nei fatti: oggi l'indice di gradimento tra i lavoratori rispetto alle scelte operate dall'amministrazione è ai minimi storici.

 

Per questo non ci siamo esaltati dinanzi alla sentenza del TAR, e meno ancora ci deprimiamo ora, dinanzi alla sospensiva del Consiglio di Stato: perché se questi fatti "giudiziari" dimostrano la fondatezza delle nostre critiche, non è comunque per mano dei giudici che potrà essere affrontata la materia, tutta sindacale del nostro ordinamento professionale, delle carriere, degli sviluppi professionali. Crediamo che solo la dialettica e il conflitto sindacale possano assicurare la costruzione di un sistema migliore, dopo che casomai nelle aule di giustizia verrà smontato o abbattuto il presente sistema sul quale comunque il nostro giudizio è chiaro.

 

Al di là di quelle che potranno essere le pronunce giurisprudenziali, nel nostro comparto siamo al capolinea di un modello gestionale che crea una distanza siderale tra le scelte operate dall'amministrazione e le aspettative professionali e salariali tradite da politiche retributive di nicchia. La distanza deve essere riempita e questa distanza è il vero che ci preoccupa e che dobbiamo colmare al più presto, a cominciare dal rispetto da parte dell'amministrazione di quegli impegni programmatici per l'estensione delle progressioni economiche, in linea con quanto accaduto in altre amministrazioni.

 

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