Fondi Pensione e il SILENZIO-ASSENSO
I primi effetti deleteri della cena tra il ministro Brunetta e i rappresentanti di Cgil Cisl Uil non hanno tardato a farsi sentire. A farne le spese saranno in prima battuta i lavoratori e le lavoratrici assunti in data successiva al 1° gennaio 2019in tutti i comparti della Pubblica Amministrazione tranne la Scuola (che ha il fondo Espero), che si vedranno iscritti d’ufficio con la formula del silenzio-assenso al Fondo di Previdenza Complementare Perseo-Sirio, governato da Cgil Cisl Uil. Formula che, in mancanza di un esplicito rifiuto da parte dell’interessato, comporterà il trasferimento automatico del suo TFR nelle casse di Perseo-Sirio.
È bene chiarire che dietro la decisione di Cgil Cisl Uil di forzare le procedure di adesione, c’è il fallimento della previdenza complementare sancito, a gennaio 2021in ARAN, con l’ennesima proroga dei termini di scadenza per la partecipazione ai Fondi Espero e Perseo-Sirio, vista la deludente raccolta di iscrizioni. I dati delle adesioni, definiti impietosi dal rappresentante della Cisl durante l’incontro in sede ARAN, sono chiari: solo poco più di 174.000 adesioni su una platea di oltre 2.300.000 aventi diritto.
Numeri che raccontano meglio di qualsiasi discorso il rifiuto della previdenza complementare, ovvero il rifiuto della privatizzazione del sistema previdenziale pubblico da parte dei lavoratori e delle lavoratrici del Pubblico Impiego e la conseguente decisione di Cgil Cisl Uil di procedere, con l’acqua alla gola, all’imposizione del silenzio-assenso.
La modalità del silenzio-assenso discende dall’art. 1 comma 157 della L. 205/2017 che demanda “alle parti istitutive dei fondi di previdenza complementare la regolamentazione inerente alle modalità di espressione della volontà di adesione agli stessi, anche mediante forme di silenzio-assenso, e la relativa disciplina di recesso del lavoratore.”
La legge quindi non prescrive come unica possibilità questa formula ma rinvia la scelta alle parti istitutive dei fondi pensione, ovvero sempre a Cgil Cisl Uil che, in seguito alla firma del Patto per l’innovazione del lavoro pubblico, hanno ottenuto il sostegno del ministro della PA e hanno trasformato quell’“anche” fissato nella legge in un obbligo per i dipendenti pubblici assunti successivamente all’1/1/2019.
Non vogliamo entrare nel merito delle scelte del singolo lavoratore o lavoratrice, ma riteniamo che queste non possano essere imposte in modo surrettizio, favorendo interessi che nulla hanno a che vedere con la garanzia di una futura pensione pubblica e dignitosa.
Il sistema pensionistico deve essere pubblico così come il TFS o TFR dei lavoratori pubblici, che non può essere scippato grazie ad accordi raggiunti durante una cena a casa di un ministro.
Il fallimento della previdenza complementare è sotto gli occhi di tutti ed è necessario combattere per garantire pensioni dignitose a tutti i lavoratori, dichiarando da subito una fortissima opposizione a chi, di fronte al fallimento, non sa fare altro che agire con protervia ed arroganza.
USB Pubblico Impiego
QUI trovate un interessante libretto di approfondimento elaborato da USB nel lontano 2012