La protesta in Piazza per un contratto svenduto: la delegazione RdB dal rappresentante del Governo
PER LA PROTESTA CHIUSI ALCUNI UFFICI PUBBLICI
Il 1° Giugno i lavoratori del Pubblico Impiego di Cagliari hanno voluto lanciare il primo segnale di protesta contro l’accordo sottoscritto nella notte tra il 28 e il 29 Maggio tra governo e cgil cisl e uil. La protesta è riuscita.
Alcuni uffici cittadini hanno dovuto chiudere, quali, nelle Agenzie Fiscali l’ufficio delle Entrate di Cagliari 1, di Cagliari 2, e la stessa Direzione Regionale delle Entrate. In Piazza del Carmine, sotto il palazzo del governo, si sono radunati i lavoratori, i delegati, e abbiamo notato la presenza di lavoratori iscritti ad altre sigle, segno che la protesta organizzata dalla sola RdB ha colto nel segno.
Lo sdegno e la rabbia per la firma di un accordo che di fatto ha svenduto i diritti dei lavoratori del comparto pubblico, che ha previsto per l’anno 2006 solamente l’indennità di vacanza contrattuale, corrispondente a circa 12 euro lordi pro capite, e a regime, a partire dal febbraio 2007, un aumento mensile di circa 101 euro lordi (65 euro circa al netto delle imposte), e che quindi, non recupera, nei fatti, nemmeno quanto ci ha sottratto l’inflazione, e introduce la triennalizzazione dei contratti, con il tentativo di ridurre ancora di più le retribuzioni dei lavoratori.
Nell’incontro con la rappresentanza del governo la delegazione ha chiesto di portare a conoscenza del governo quanto segue; che:
- I lavoratori ritengono che il Governo ha ceduto ai sindacati confederali il nostro TFR, e in cambio i sindacati confederali hanno ceduto al governo il nostro contratto;
- il malcontento cresce tra i lavoratori per le politiche sociali ed economiche contro essi stessi, in tema di pensioni, previdenza, sanità e salari;
- in Italia circa 12 milioni di persone vivono con un reddito sotto la soglia di povertà, e che anche i lavoratori del pubblico impiego specialmente se monoreddito o con figli a carico sono trascinati all’interno di detta soglia e sono allo stremo;
- a fine stipendio avanza ancora troppo mese e alla fine della terza settimana lo stipendio è già finito;
- la gente che ha protestato è per lo più elettore di questo governo, e le aspettative erano ben altre in tema di salario, dignità e diritti;
- a fronte di crescente professionalità, trasformazioni e carichi di lavoro nel pubblico impiego, nulla è cambiato in tema di salario;
- chiedono la reintroduzione della scala mobile e l’introduzione del reddito sociale minimo (a difesa dei disoccupati); e la necessità di rivedere i meccanismi di calcolo dell’inflazione (basta con la favola dell’inflazione percepita);
- che i lavoratori del pubblico impiego non sono fannulloni, come ogni giorno vengono dipinti dai media e dal prof. Ichino; il luogo comune che se le cose vanno male in Italia è colpa nostra va sfatato;
- che gli stipendi, dall’introduzione dell’euro, hanno perso il 30% del potere di acquisto.
A questi fatti, invece, la risposta è sotto gli occhi di tutti. Chi doveva tutelate i nostri interessi non lo ha fatto. I sindacati confederali che hanno firmato l’accordo sono ancora legittimati nel difendere le condizioni di vita dei lavoratori? Hanno il polso di ciò che succede nel paese? La risposta è no. E allora perché si permettono di firmare accordi così vergognosi?
La soluzione è togliere loro tale potere. I lavoratori non possono pagare le quote sindacali a chi fa accordi contro di loro. Le disdette devono essere un primo segnale. E ancora, se è vero che gli aumenti sono solo il recupero dell’inflazione, quei soldi persi che rappresentavano il potere di acquisto non erano nostri? Allora perché non ce li ritroveremo in busta paga?
Chi ci porta via qualcosa un tempo lo si chiamava ladro. E’ ancora possibile farlo?