Piattaforma CCNL Funzioni Centrali

Roma -

 

CONTRATTO

Funzioni Centrali:

STAVOLTA NE SERVE UNO VERO

PIATTAFORMA CONTRATTUALE USB P.I.

FUNZIONI CENTRALI 2019-2021

Il 29 aprile è partita la stagione contrattuale per il comparto delle Funzioni Centrali.

Il contratto deve segnare un miglioramento delle condizioni economiche e normative, rompendo con quelle politiche di tagli e disinvestimento i cui drammatici effetti sono emersi proprio con l’esplosione dell’emergenza sanitaria ancora in corso.

Rimettere al centro e valorizzare il lavoro pubblico facendolo diventare motore della lotta alle diseguaglianze sociali vuol dire restituire dignità e diritti a tutti i lavoratori: questo è lo spirito che anima la piattaforma contrattuale USB per il rinnovo del CCNL Funzioni centrali.

Nessun progetto di rilancio delle Funzioni Centrali può però prescindere da un piano straordinario di assunzioni che colmi il vuoto di personale prodotto da anni di scellerate politiche di mancato turn-over e preveda il necessario ricambio generazionale.

Per USB, quindi, occorre non solo strappare le migliori condizioni contrattuali possibili, ma anche intervenire su quel quadro normativo (assunzioni, tassa sulla malattia, sottrazione alla contrattazione di materie quali organizzazione del lavoro, orario di lavoro, mobilità, formazione, individuazione dei profili professionali) che ha progressivamente abbassato le tutele, condizionandole a scelte discrezionali della dirigenza.

Per questo la Piattaforma USB contiene anche proposte per le quali sono necessarie modifiche legislative.

   

 

SALUTE E SICUREZZA  SUI LUOGHI   DI LAVORO

 

 

 

Gli ultimi dati INAIL aggiornati al 28 febbraio mettono in luce un dato agghiacciante: oltre 156.000 infortuni sul lavoro causati dal COVID.

Se da una parte il dato numerico, sottostimato, ci dice molto sulle strategie governative di contrasto alla pandemia, confermando peraltro i luoghi di lavoro come principale fonte di contagio, dall'altra ci restituisce un quadro di una Pubblica Amministrazione che nonostante lo smart-working emergenziale ha pagato un pesante tributo.

Già dall'inizio della pandemia ci siamo spesi molto sul tema della sicurezza, a partire dallo sciopero generale del 25 marzo dello scorso anno, arrivando alla firma del protocollo sulla sicurezza nella PA e a seguire nei posti di lavoro.

Protocolli che andranno aggiornati alla luce delle nuove conoscenze scientifiche e che devono servire da monito a non abbassare la guardia. La pandemia ha dimostrato chiaramente come il tema della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, compresi quelli che verranno individuati attraverso l’introduzione del lavoro agile (abitazioni private, luoghi di coworking, etc) debba essere costantemente tema di confronto non solo con e tra tutti gli attori previsti dal D. Lgs. 81/2008, ma anche con le OO.SS.

In quest’ottica va rafforzato, anche attraverso un aumento delle agibilità, il ruolo dell’RLS (rappresentante dei lavoratori per la sicurezza) che deve essere eletto dai lavoratori attraverso una specifica consultazione democratica e non individuato all’interno delle RSU.  

 

 

RIDUZIONE ORARIO DI LAVORO A PARITÀ DI SALARIO

 

 

Una maggiore digitalizzazione della P.A. comporta inevitabilmente maggiore produttività: la trasformazione massiccia dell’organizzazione del lavoro che ne conseguirà in termini di qualità e di quantità deve riportare il tema dell’orario di lavoro all’interno delle materie oggetto di contrattazione.

La riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario deve trovare spazio all’interno dei contratti come garanzia di un maggior equilibrio tra vita professionale e vita privata e come passaggio obbligato in una fase di profonda trasformazione organizzativa, anche al fine di favorire l’occupazione.

 

 

AUMENTI SALARIALI

 

 

I danni arrecati dal decennale blocco della contrattazione non sono stati neanche minimamente recuperati con gli aumenti contrattuali riconosciuti nel triennio 2016-2018, facendo recuperare ai lavoratori neanche il 50% dell’inflazione registrata nel decennio di blocco della contrattazione.

Questo il motivo principale per cui riteniamo che le risorse sinora stanziate siano insufficienti, anche in relazione ai costi che deriveranno dall’applicazione di un nuovo ordinamento professionale e dalla stabilizzazione dell’elemento perequativo. Maggiori risorse, quindi, anche attraverso la restituzione ai lavoratori di parte dei risparmi realizzati dalle Amministrazioni in conseguenza dell’applicazione del lavoro agile, a risarcimento dei costi diretti e indiretti che hanno dovuto sostenere.

Necessaria inoltre l’eliminazione della norma che ha fissato il limite massimo dei Fondi d’amministrazione a quelli del 2016, in modo da liberare risorse da destinare, attraverso la contrattazione integrativa, a tutto il personale e non a finanziare la valutazione delle performances.

 

 

STABILIZZAZIONE DEL SALARIO ACCESSORIO

 

 

L’eliminazione dei tetti deve essere accompagnata da una stabilizzazione del salario accessorio, necessaria per liberare i lavoratori dal ricatto degli obiettivi e della falsa meritocrazia ed avviare un processo di perequazione delle indennità di amministrazione all’interno del comparto Funzioni Centrali.

Il contratto dovrà inoltre prevedere un meccanismo di alimentazione delle risorse fisse dei fondi per finanziare le progressioni economiche, scongiurando il rischio che una parte importante del nuovo ordinamento professionale rimanga una scatola vuota.

 

 

ORDINAMENTO PROFESSIONALE

 

 

Rivedere gli ordinamenti professionali è diventata una necessità non più rinviabile, non solo nell’ottica di una modernizzazione della PA, ma anche per adeguare l’obsoleta classificazione del personale alle mutate realtà organizzative delle singole Amministrazioni. In quest’ottica, al fine di riconoscere le competenze e le professionalità acquisite sul campo con anni di lavoro e di esperienza, è necessario superare gli attuali vincoli legati al possesso del titolo di studio che impediscono ai lavoratori il giusto riconoscimento del proprio lavoro.

Ferma restando la necessità d’individuare a legislazione vigente almeno tre distinte aree professionali, per la USB risulta necessario:

  • Dare prioritariamente soluzione al diffuso mansionismo delle Aree I e II o Aree A e B che ha raggiunto livelli intollerabili, favorendo una ricollocazione del personale in un’unica area che ricomprenda anche il personale di Area III o Area C, assicurando a tutti la possibilità di attraversare l’intero percorso di carriera salvaguardando in ogni caso gli attuali livelli retributivi;
  • Delineare un’area di sviluppo professionale per chi nell’attuale Area III o Area C ha maturato una rilevante professionalità riscontrata attraverso selezioni regolate da criteri oggettivi e trasparenti;
  • Definire un’area nella quale valorizzare quelle funzioni professionali per le quali è richiesta un’abilitazione o un’iscrizione ad un albo (il cui costo deve essere sempre a carico delle amministrazioni di appartenenza e non dei singoli lavoratori).

Le amministrazioni devono garantire con cadenza annuale sviluppi professionali ed economici tra le aree e all’interno delle singole aree mettendo a disposizione le necessarie risorse economiche con i fondi di amministrazione e con il bilancio istituzionale.

 

 

VALUTAZIONE

 

 

Un’ottimale organizzazione del lavoro deve essere fondata sul lavoro di squadra all’interno di ogni singolo processo lavorativo: la valutazione individuale, frutto di una visione punitiva ed anacronistica del dipendente pubblico, non può trovare spazio in un’organizzazione che privilegi il raggiungimento comune di obiettivi prefissati e non il rapporto individuale datore di lavoro/lavoratore.

 

 

ABOLIZIONE DELLA “TASSA SULLA MALATTIA”

 

 

Per cancellare una volta per tutte il binomio lavoratore pubblico=fannullone, durato più di un decennio, è necessario abolire la cosiddetta “tassa sulla malattia”, che comporta la decurtazione della retribuzione accessoria dei dipendenti pubblici per i primi dieci giorni di malattia, prevista dall’art. 71 c. 1 del decreto-legge 112/2008, nonché parificare le fasce di reperibilità a quelle previste per il lavoro privato.  

Misure ingiustificate e discriminatorie nei confronti dei soggetti più deboli e che in questo anno di pandemia ha mostrato tutta la sua aberrazione: i lavoratori per non perdere consistenti fette di salario variabile, che nel pubblico impiego si attesta mediamente intorno al 30%, sono stati costretti ad andare a lavorare mettendo in atto comportamenti sbagliati e pericolosi per la salute pubblica. La cancellazione di una norma tanto odiosa sarebbe un segnale concreto del cambio di passo nelle relazioni tra Governo e dipendenti pubblici.

 

 

ASSENZE PER VISITE MEDICHE, TERAPIE, PRESTAZIONI SPECIALISTICHE ESAMI DIAGNOSTICI

 

 

Ai dipendenti sono riconosciuti specifici permessi non soggetti a contingentamento per l’espletamento di visite mediche, terapie, prestazioni specialistiche od esami diagnostici, fruibili su base sia giornaliera che oraria, comprensivi dei tempi di percorrenza da e per la sede di lavoro.

Il dipendente dovrà certificare l’avvenuto accesso alle prestazioni sanitarie tramite dichiarazione rilasciata dalla struttura sanitaria.

 

 

LAVORO AGILE

 

 

 

Per regolamentare il lavoro a distanza, terminata la fase emergenziale legata alla pandemia, è necessario un contratto quadro che ne stabilisca la cornice, comune a tutti i comparti, entro la quale fissare paletti in tema di diritti dei lavoratori, compresi quelli sindacali. Il CCNL di comparto dovrà adattare alla peculiarità organizzativa delle Funzioni Centrali le regoli comuni già fissate.

Non basta l’enunciazione, ormai abusata, del diritto alla disconnessione, serve una chiara regolamentazione dell’orario e dei carichi di lavoro che dovranno essere identici a quelli di chi lavora in presenza, anche nelle modalità di rilevazione della produttività, per evitare lo sconfinamento dei tempi di lavoro nella vita privata ed impedire che l’esigenza di maggiore produttività si traduca in carichi di lavoro insostenibili nell’orario ordinario; diritto alla disconnessione, valutazione dei reali carichi di lavoro, sicurezza digitale e domestica, eliminazione del rischio tecno-stress, diritto ai buoni pasto e alla fruizione di tutti i permessi orari previsti dal CCNL e dalle leggi vigenti, strumentazione messa a disposizione dall’amministrazione, redistribuzione dei risparmi delle aziende/ amministrazioni, a copertura di quelli che, col lavoro da casa, sono diventati costi ordinari a carico dei lavoratori, sono le basi su cui aprire la trattativa.

L’introduzione dello smart-working non può costituire l’alibi né per l’introduzione surrettizia del lavoro a cottimo nella P.A., né per l’ampliamento incondizionato del potere di controllo da parte della classe dirigente, né per lo smantellamento degli spazi fisici degli uffici, che vanno viceversa difesi ed ampliati nell’ottica di un sempre migliore e maggiore rapporto con l’utenza.

 

 

POSIZIONI ORGANIZZATIVE E INDENNITÀ DI RESPONSABILITÀ

 

 

L’erogazione delle indennità di funzione deve essere correlata all’organizzazione del lavoro e non al ruolo di controllori in nome e per conto della dirigenza, tra l’altro spesso in un’ottica meramente clientelare.

Per questo è necessario che tali indennità siano attribuite attraverso meccanismi oggettivi e trasparenti e dopo aver superato una selezione interna. In considerazione del fatto che siano funzionali proprio all’organizzazione del lavoro, le richiamate indennità non devono essere finanziate con i fondi per il salario accessorio ma con il bilancio delle singole amministrazioni.

 

 

ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO E RAPPORTO DI LAVORO

 

 

 

Quest’ultimo anno caratterizzato dalla pandemia ha dimostrato chiaramente quanto sia stato deleterio espellere l’organizzazione del lavoro dalle materie di contrattazione, restringendo in questo modo il perimetro di intervento sindacale su materie di fondamentale importanza per la vita dei lavoratori e delle lavoratrici delle Amministrazioni pubbliche.

Allo stesso modo, ha dimostrato l’inutilità della costituzione di organismi concertativi come l’Organismo paritetico per l’innovazione, introdotto nella passata tornata contrattuale in tutti i CCNL.

È inutile perseverare con surrogati della contrattazione che servono solo ad eludere il fatto che finché l’organizzazione del lavoro sarà prerogativa esclusiva della dirigenza, i lavoratori saranno ostaggio di quest’ultima.

 Riappropriarsi di questa parte della contrattazione significa riprendere protagonismo su tante materie sottratte alla contrattazione.

Per quanto riguarda la contrattazione collettiva:

  •  definizione delle aree professionali;
  •  collocazione del personale all’interno delle singole aree;
  •  clausole di primo inquadramento;
  •  esercizio delle mansioni superiori;
  •  modalità di accesso dall’esterno;
  •  procedure e criteri generali per le progressioni economiche all’interno delle aree e per i passaggi tra le aree.

Per quanto riguarda la contrattazione integrativa o di sede unica:

  • articolazione dell’orario di lavoro;
  • organizzazione degli uffici;
  • formazione;
  • mobilità del personale;
  • individuazione dei profili professionali;
  • criteri e procedure per i passaggi di area e per gli sviluppi economici all’interno della singola area;
  • definizione dei criteri per il conferimento degli incarichi direttivi e la loro graduazione (posizioni organizzative/elevate professionalità);
  • individuazione del numero di posizioni organizzative ed elevate professionalità;
  • il trasferimento o conferimento di attività ad altri soggetti, pubblici o privati.

Avere titolo a contrattare su tali argomenti segna il discrimine tra l’apertura di una vera contrattazione - attraverso il reale coinvolgimento della parte sindacale - ed una contrattazione preconfezionata, condizionata a monte da norme ed atti di indirizzo immodificabili. Una dinamica contrattuale vera rappresenta per USB un principio democratico irrinunciabile.

 

 

TUTELA CONTRO I RISCHI PROFESSIONALI

 

 

 

Nel corso degli anni il lavoro si è sempre più caratterizzato per la responsabilità e la specializzazione richieste al personale, per carichi di lavoro impegnativi e organizzati secondo un modello di attività per obiettivi. La grave carenza di personale ha acuito i rischi professionali, con la conseguenza che il singolo lavoratore potrebbe essere chiamato a rispondere in proprio per errori non ascrivibili a mera responsabilità individuale.

Per evitare che il rischio venga scaricato sul singolo lavoratore, occorrono forme di tutela nel contratto di categoria, stabilendo l'obbligo in capo all'amministrazione di tutelare dal punto di vista assicurativo e legale tutti i lavoratori, tranne nei casi di dolo o colpa grave.

Nell'ipotesi di colpa grave le amministrazioni dovrebbero mettere a disposizione dei dipendenti una polizza volontaria a costi vantaggiosi.

 

 

FERIE

 

 

L’esplosione della pandemia ha acuito le criticità riscontrate nella fruizione delle ferie, dovute ad un approccio estremamente schematico da parte della dirigenza, restia ad autorizzare lo smaltimento delle ferie in periodi più lunghi di quelli previsti dall’attuale contratto.

Pertanto, fermo restando la scelta da parte del lavoratore di fruire delle ferie entro l'anno di maturazione al fine di garantire il recupero psico fisico, occorre rivedere tale istituto prevedendo la possibilità, su esclusiva iniziativa del lavoratore, di differire l'utilizzo delle ferie di 18 mesi rispetto all'anno di maturazione per insindacabili esigenze di carattere personale.

Nel contempo va abolito l'istituto delle ferie solidali, in quanto le situazioni di particolare necessità dei lavoratori devono essere risolte con norme di legge o contrattuali, evitando d’ipotizzare, anche se su base volontaria, la rinuncia a quel ristoro psico fisico che costituisce la finalità a cui assolve l'istituto delle ferie ed alla quale una previsione contrattuale non può e non deve derogare.

 

 

DIRITTO ALLO STUDIO

 

 

La percentuale del 3% del personale a cui riconoscere i permessi studio retribuiti risulta largamente insufficiente rispetto alle attuali esigenze di accrescimento del bagaglio formativo dei lavoratori.

A tutti i dipendenti iscritti a corsi scolastici di ogni ordine e grado deve essere riconosciuto il diritto allo studio.

È necessario inoltre semplificare e adattare alle nuove forme di didattica le attestazioni richieste.

 

 

BUONI PASTO

 

 

USB propone di portare il valore del buono pasto a € 15,00, lasciando alla contrattazione integrativa la facoltà di stabilire la durata minima e massima della pausa pranzo.

Il contratto nazionale dovrà invece espressamente riconoscere il diritto al buono pasto nelle giornate in cui si fruisce di permessi per allattamento previsti dal d.lgs 151/2001, uniformando le diverse interpretazioni date dalle amministrazioni del comparto.

Il buono pasto dovrà essere riconosciuto sia a chi svolge lavoro in presenza sia a chi è in lavoro agile. Il corrispondente valore dei buoni pasto maturati nel mese è erogato con la retribuzione del mese successivo senza applicare tassazione fiscale.

 

 

DEMOCRAZIA SINDACALE

 

 

È necessario abolire la previsione contrattuale che sancisce l’impossibilità per le OOSS rappresentative, ma non firmatarie del contratto, di accedere alla contrattazione di secondo livello e ai diversi istituti di partecipazione sindacale.

Una previsione antidemocratica che impedisce a chi dissente dai contenuti del contratto di esercitare in pieno quella funzione sindacale che gli viene riconosciuta, oltre che dai lavoratori, dalla normativa sulla rappresentatività del pubblico impiego.

Riteniamo che altresì si debba andare verso un ampliamento della democrazia sindacale, garantendo a tutte le organizzazioni, anche a quelle non rappresentative, il diritto all’informazione e valorizzando maggiormente il ruolo delle RSU consentendone la partecipazione a tutti i livelli di contrattazione anche attraverso lo svolgimento di elezioni sia di posto di lavoro che nazionali.

Peraltro, in ambito RSU va tutelato il diritto del singolo componente ad esercitare la funzione per la quale è stato eletto, in questo senso vanno garantite tutte le agibilità e va ripristinato il suo diritto ad indire assemblee.

 

 

PREVIDENZA COMPLEMENTARE

 

 

L’accanimento sistematico con il quale si continua a sostenere la necessità del ricorso alla previdenza complementare, nonostante la bassissima adesione dei lavoratori pubblici ai fondi pensione, introducendo persino la formula del silenzio assenso per i giovani assunti dopo il 1° gennaio 2019, dimostra in maniera inequivocabile che la partita si gioca non sul piano della difesa dei diritti dei lavoratori, ma su quello degli interessi diretti di coloro che gestiscono i fondi Perseo-Sirio.

Non intendiamo abdicare, come hanno fatto le altre OO.SS., al nostro ruolo di difensori di una previdenza pubblica sulla quale occorre tornare ad investire perché garantisca pensioni dignitose a tutti per affrontare con serenità il periodo successivo alla fase lavorativa: per questo riteniamo che nessun riferimento alla previdenza complementare debba essere fatto all’interno dei CCNL.

 

 

WELFARE AZIENDALE

 

 

Così come detto per la previdenza complementare, anche la previsione del welfare aziendale non deve trovare spazio all’interno dei contratti.

Nei contratti del pubblico impiego la previsione appare ancora più paradossale perché rivolta proprio a quei settori chiamati a gestire e a garantire il welfare pubblico, universale, gratuito e uguale per tutti.

Nessuno sconto su questo tema: va rafforzato il servizio pubblico per renderlo veramente capace di offrire risposte concrete ai bisogni dei cittadini tutti e non cercare scorciatoie che continuino a consegnare al profitto privato pezzi importanti del nostro welfare.

Di contro va rafforzato e rimodulato, anche attraverso forme di controllo da parte delle confederazioni maggiormente rappresentative, il fondo per la gestione del credito ex INPDAP ed ora di competenza INPS, al quale è iscritta la stragrande maggioranza dei lavoratori pubblici.