Quale futuro per i lavoratori schiacciati dalla spending review
Analisi del presente per intervenire sul nostro futuro
Con l'emanazione della direttiva n. 10/2012 il Dipartimento della Funzione Pubblica ha dato il via al taglio del costo del lavoro nella Pubblica Amministrazione. Il calendario è stato fissato e al termine del percorso si conosceranno con precisione il numero di eccedenze che diventeranno poi esuberi da mettere in mobilità.
Nel comparto delle Agenzie fiscali questa operazione rischia di avere effetti molto pesanti, dato che al taglio degli organici del 10% si aggiungono le conseguenze del maxi accorpamento derivante dalla soppressione di AAMS e Agenzia del Territorio, incorporate rispettivamente alle Dogane e alle Entrate.
Questa operazione, che continuiamo a considerare sciagurata e inutile, porterà nella migliore delle ipotesi a una situazione di totale ingessatura delle piante organiche effettive e renderà impossibile ogni politica di sviluppo professionale, ogni possibilità di assunzione; mentre, nell'ipotesi peggiore determinerà degli esuberi da collocare in mobilità.
Questa sorte, che nella testa dei lavoratori appare ancora come una minaccia lontana e indefinita è invece già la realtà per almeno 24.000 colleghi della Pubblica Amministrazione che lavorano nelle Province, nel Parastato, nei Ministeri. E se nel migliore dei casi l’operazione dovesse concludersi con il risultato che le dotazioni effettive corrispondono esattamente alle dotazioni teoriche, il prossimo taglio (ce ne sono già stati tre negli ultimi tre anni...) avrà conseguenze drammatiche.
Al di là dei rischi legati al mantenimento del posto di lavoro, la prospettiva della messa in mobilità è comunque resa concretissima dal fatto che le Agenzie fiscali e le Entrate in particolare, devono portare il rapporto fra dirigenti e non dirigenti alla misura di 1 a 40. Immaginiamo che, dopo la chiusura annunciata di 17 piccoli uffici, arriveranno a breve altre chiusure.
A “garantire” questi tagli e chiusure, oltre al taglio delle Province, c’è la spada di Damocle della chiusura degli uffici posti in province con meno di 300.000 abitanti o con meno di 30 dipendenti o posti in stabili in locazione passiva.
Tutte misure che fanno parte del pacchetto spending review avviato dopo la sottoscrizione del protocollo sul lavoro pubblico del 3 maggio scorso che tutte le organizzazioni sindacali, tranne USB, hanno condiviso, salvo poi prenderne le distanze (per opportunismo o perché non avevano capito quello che avevano firmato...).
Di fronte a questi problemi, rischiano di passare in secondo piano le questioni che invece dobbiamo assolutamente tenere sotto la luce dei riflettori. Innanzitutto, la necessità di continuare a insistere per finanziare ulteriori progressioni economiche, necessità ancora più urgente ora che il mix di Agenzie crea situazioni di evidente disparità di trattamento fra lavoratori di amministrazioni incorporate e incorporanti, accomunati da una casistica variopinta fra chi non ha fatto alcun passaggio, chi ne ha fatti molti, chi ne ha fatti pochi.
Il nostro impegno, a partire dalle oltre 20.000 firme raccolte sugli sviluppi professionali, che non abbiamo dimenticato in un cassetto, è di riportare al tavolo la proposta di completamento dei passaggi quando si aprirà la contrattazione integrativa per il 2011.
A questo tema, si lega la sorte del Comma 165 da sempre legato ai capricci del ministro di turno. Il passaggio al tavolo delle Convenzioni aveva lasciato pochissime certezze, legate a generiche promesse e fumosi impegni. Ora che settembre è passato, si dovrebbero accorciare i tempi per la quantificazione delle risorse da destinare alla contrattazione integrativa, in un quadro reso complicato anche dall’operazione di accorpamento delle Agenzie.
La questione salariale è ormai drammaticamente e concretamente sotto gli occhi di tutti: le retribuzioni reali hanno lo stesso peso specifico che avevano negli anni Cinquanta, erose dall’inflazione, dalla crescita dei prezzi e delle tariffe e schiantate da una politica fiscale che uccide soprattutto - se non soltanto - i redditi da lavoro dipendente.
Così, ci sembra di dover ricordare a tutti, a noi stessi per primi, che se perdurerà il blocco dei contratti fino al 2017, non si capisce chi riuscirà ad arrivare indenne a quella data che probabilmente vedrà tutti i lavoratori pubblici alle soglie, o peggio oltre la soglia della povertà reale.
Si lega alla questione contrattuale la domanda che da tempo ci poniamo, e cioè: come mai non si riesce a dare al nostro comparto, caratterizzato da così forti specificità professionali, un proprio contratto ad hoc. Può sembrare assurdo parlare di contratto di fronte al rischio di licenziamento, ma è proprio questo inseguire la realtà, questa logica del limitare i danni che rischia di trascinare tutti in fondo al burrone. E si capisce allora perché ogni volta che si parla di un contratto specifico per le Agenzie fiscali, anche da parte sindacale si alzano le spalle e si invoca la riforma Brunetta per dire che un’operazione simile non è possibile.
Invece, un sano strabismo non farebbe male: un occhio dovrebbe guardare la realtà e i suoi pericoli; un altro occhio dovrebbe continuare a guardare oltre l’orizzonte, alla possibilità di costruire proposte per rilanciare i salari, i diritti e per darci una prospettiva diversa, più ampia di quella in cui sembriamo tutti irreparabilmente immersi. Noi di USB proveremo a fare questo difficile ma necessario esercizio sindacale.