Agenzia Dogane - La linea di confine... è stata tratteggiata

Roma -

Con l’elenco presentato dall’Agenzia nel corso della riunione del 29 luglio si è chiuso un capitolo della lunga vicenda della modifica dell’indennità di confine, talmente lunga che sentiamo l’esigenza di ricapitolarne alcuni passaggi dal nostro punto di vista significativi. Un primo elenco degli uffici destinatari dell’indennità di confine ci era stato già presentato il 22 giugno, e quello che ci aveva particolarmente sorpreso sono state le motivazioni del disagio. Innanzitutto un chiarimento, perché per ricevere l’indennità bisogna essere disagiati? L’art.6 della legge 852 del 1978 impone due requisiti, essere dogane di confine ed essere posti in località disagiate.

 

Le nostre perplessità su come si stava affrontando l’argomento in sede di contrattazione integrativa riguardavano anche questo punto. Nel  testo dell’art. 16 del CCNI, infatti, non vi era più alcun collegamento con il disagio. Ora, a distanza di due anni, dopo i tardivi approfondimenti,  viene confermata la necessità del doppio requisito. Il disagio non è però quello che noi siamo abituati ad intendere riferendoci all’indennità di sede disagiata prevista dall’ art. 4 della medesima legge istitutiva del confine, ma,  prendendo spunto da un DM del 1979, viene legato prevalentemente all’insalubrità del luogo di lavoro o all’incombente presenza di criminalità... un disagio che andrebbe immediatamente rimosso, piuttosto che monetizzato, perché esporrebbe i colleghi ad un rischio che non ha prezzo.

 

Ma quali sono stati i parametri presi in considerazione dai Direttori Regionali per segnalare quelle sedi piuttosto che altre? Noi non conosciamo aeroporti internazionali che non siano privi di luce e aerazione naturali, né porti in cui non vi sia passaggio di autoarticolati, né confini di un valico terrestre dove il clima non sia rigido. A quale soglia di inquinamento atmosferico si sono attenuti? E se una regione avesse preso un riferimento e un’altra regione un altro? Le misurazioni chi le ha fatte? E se non fosse stato preso nessun dato oggettivo a riferimento? In assenza di certezze, ancora una domanda ci viene spontanea. Se le emissioni inquinanti fossero eliminate, elimineremmo anche il confine? Per cosa lotteremo allora, per la salubrità dei luoghi di lavoro, o, al contrario, per avere l’indennità e il suo bonus previdenziale?

 

Noi non siamo disponibili ad entrare in questa logica. Se ci sono dei problemi di salubrità del posto di lavoro vanno immediatamente affrontati e ne vanno rimosse le cause  fino ad una soglia di tollerabilità che, di per sé, è già disagevole. Lo è di per sé l’esercizio del controllo doganale su persone, animali, piante, merci e prodotti di origine animale e vegetale nei posti di confine, porti e aeroporti aperti al traffico internazionale, per il tipo di attività e per le condizioni in cui comunemente si svolge. Si è deciso di mettere mano contrattualmente su una materia regolata per legge, ma ci si attiene come principio ispiratore ad un DM figlio di un’altra epoca.

 

Molte sono le  contraddizioni che rimangono anche in quest’ultimo elenco, a partire da quei porti che dovevano essere la vera innovazione prevista dall’art.16, e che ne sono invece rimasti in gran parte fuori, dalle articolazioni interne degli uffici presi in considerazione, in  alcuni casi riferendosi alle sezioni operative, in altri casi ad uffici o ad aree. I criteri sarebbero dovuti essere oggettivi e validi per tutti. Per far questo era necessario aprire subito un confronto, anche tecnico, per individuarli. Era necessario  avere il coraggio di ammodernare il concetto di disagio e di confine, che nella nuova realtà procedurale comunitaria è innegabilmente cambiato, accorpando i due istituti (per soddisfare il doppio requisito di cui abbiamo parlato all’inizio) e, quindi, rimettendo mano in primo luogo all’art. 16 e all’art. 17 del CCNI.

 

Siamo invece usciti da questa vicenda riportando all’attenzione del tavolo nazionale chi una realtà chi un’altra, migliorando indubbiamente l’elenco iniziale, ma accettando di fatto l’impianto proposto, comprese le motivazioni del disagio. Ci auguriamo comunque, nonostante le nostre  perplessità  sul metodo seguito, che si riesca ad uscire dal vicolo cieco in cui ci si era cacciati con la stipula del CCNI, definendo positivamente l’iter delle certificazioni occorrenti e migliorando ulteriormente l’elenco degli uffici destinatari. Per questo sarà importante il coinvolgimento dei lavoratori  e il ruolo  propositivo delle OO.SS. regionali per utilizzare al meglio il  meccanismo previsto dall’art.16 del CCNI. Noi faremo la nostra parte.