Agenzia Entrate. F come Formazione o F come Far West?
La formazione del personale è una leva fondamentale per garantire in futuro quelle progressioni economiche e professionali che per noi sono da sempre un punto irrinunciabile dell’azione sindacale. Abbiamo più volte detto che fino a quando la formazione non sarà un diritto garantito a tutti e fino a quando questo diritto non sarà uguale per tutti, le RdB non sottoscriveranno nessun accordo, nessuna intesa, nessun progetto formativo.
L’Agenzia delle Entrate ha appena presentato il Piano di formazione per il 2006. L’unico dato certo è che la formazione costerà nel 2006 circa 8 milioni di euro (6 destinati alla Scuola Superiore dell’Economia e delle Finanze e 2 alle docenze interne). Per il resto non ci sono novità, se si esclude il tentativo poco apprezzabile di indorare alcune pillole molto amare con un po’ di zucchero britannico: l’affiancamento orientato alla polifunzionalità (non ci piacciono né l’uno né l’altra) è diventato training on the job come se bastasse l’inglese a confondere le acque.
L’odiosa distinzione tra formazione performativa e certificativa (la prima senza esami e senza riconoscimento di punteggio) continua ad essere il solco scavato tra lavoratori di serie A e B che crea oggi i presupposti per le possibili discriminazioni di domani. Per noi la formazione deve avere un solo peso ed una sola misura, a prescindere dal contenuto informativo della stessa.
Il Piano di formazione 2006 prosegue inoltre la sua opera di educazione coatta alla Rivoluzione Antares. Ricordiamo che il sistema di valutazione Antares è tutt’ora non contrattato con le organizzazioni sindacali. Il fatto che si prosegua con gli interventi formativi su Antares è il segno della volontà di perturbare la serena formazione di un giudizio su questo sistema di valutazione che tenga conto della voce di tutti (anche dei sindacati).
Apprendiamo dal Piano 2006 che finalmente i manager dell’Agenzia potranno scoprire chi sono e dove lavorano (si parla infatti di rafforzamento dell’identità e dell’appartenenza al gruppo come obiettivo per loro qualificante). Se tra un cameratesco bivacco e un ponte tibetano qualcuno spiegherà loro qualcosa sulle relazioni sindacali, gliene saremo tutti profondamente grati.
Per noi è fondamentale che l’Agenzia delle Entrate consideri il progetto di formazione del personale in un più ampio quadro di allargamento del diritto allo studio. La formazione deve essere un elemento permanente, certo e paritario per tutti i lavoratori dell’Agenzia; deve inserirsi in un progetto personalmente pianificato con ogni lavoratore e deve puntare all’accrescimento del bagaglio tecnico e culturale di ciascuno.
Dal punto di vista pedagogico non esiste buona formazione se si guarda solo alla capacità produttiva trascurando le altre sensibilità. Non parliamo di corsi di decoupage o modellismo ma lo sforzo di trovare un taglio più qualificante e personalizzato agli interventi didattici si dovrà fare.
Infine, è ora che l’Agenzia delle Entrate prenda una posizione chiara, sulla questione del riconoscimento dei crediti formativi al fine del conseguimento delle lauree triennali.
La proliferazione di convenzioni locali con università telematiche e non, esclude tanta parte del personale dell’Agenzia delle Entrate dalla possibilità di accedere a percorsi formativi universitari e post-universitari e getta qualche ombra sulle modalità di riconoscimento dell’esperienza professionale già maturata.
Ci sembra questa una strada da percorrere con molta trasparenza e con regole chiare per tutti. Non vorremmo che domani qualcuno possa far valere una rendita di posizione maturata fuori da regole trasparenti. Questo ci ricorderebbe troppo la corsa all’oro del vecchio, polveroso West.
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