Emilia Romagna - Entrate, metodo Marchionne alla Dp di Bologna
L’incontro sulla soppressione di Nanni Costa, e sulla riorganizzazione della DP di Bologna, si è chiuso con un nulla di fatto per la troppo distanza della posizione dell’amministrazione, riguardo le concrete possibilità di una futura ricollocazione a Marco Polo del personale destinato a via Larga, e il reperimento di spazi a Marco Polo per un congruo numero di lavoratori.
Come facilmente prevedibile, si sta estendendo nel mondo del lavoro il “metodo Marchionne”, dove solo se ci si sottomette a chi detta le regole del gioco si può sperare, eventualmente e compatibilmente con le necessità dell’impresa e della produzione (in questo caso la “funzionalità e il fabbisogno delle strutture”), di ottenere qualche contentino. Uno spaventoso arretramento sul piano dei diritti dei lavoratori e su quello delle relazioni sindacali, quindi, che rappresenta un punto di svolta in negativo che avrà pesanti ripercussioni, ed in cui le responsabilità dell’amministrazione ci sono tutte.
Responsabilità, per cominciare, per aver colposamente avviato in ritardo, a distanza di soli 30 giorni dalla chiusura, la trattativa, nonostante la consapevolezza che la questione fosse a dir poco bollente.
Ricordiamo che nell’ultima tornata di soppressione di sedi (Marco Emilio Lepido e via da Formigine), l’informativa sindacale fu inviata il 26/4/2007 e la chiusura avvenne a gennaio 2009, a distanza di quasi due anni! Mettere quindi di fronte le organizzazioni sindacali e le RSU, alla necessità di effettuare scelte così delicate in tempi ristretti, e ponendo altresì vincoli stringenti quali le esigenze della produzione e le “gabbie professionali”, vuol dire praticamente costringere a trattare con una pistola puntata alla tempia. Una condizione che riteniamo del tutto inaccettabile, e al di fuori di ogni buona pratica di corrette relazioni sindacali.
Quanto al contenuto delle proposte, premesso che per noi non ci sono figli e figliastri ma l’insieme dei lavoratori da tutelare, avremmo voluto ottenere garanzie certe riguardo a concrete possibilità per una futura ricollocazione a Marco Polo del personale destinato a via Larga, e reperimento di congrui spazi a Marco Polo, ma così non è stato.
Per cominciare è stata rifiutata la richiesta di una ricognizione sul campo degli effettivi posti fisici disponibili nella sede di Marco Polo (avanzata e sostenuta solo da USB), ed è stata negata la possibilità di esprimere una nuova preferenza di sede, ritenendo quindi definitiva quella ricognizione che, nella realtà dei fatti, doveva servire solo a "raccogliere i dati per ragionare"!
Per la possibilità di futuri movimenti da via Larga alle posizioni vacanti di Marco Polo, poi, tutto è stato lasciato a criteri indefiniti (e qui si ripresenta il problema che sollevammo all’epoca dell’attivazione delle DP, e cioè le modalità di spostamento del personale all’interno della DP), lasciando così piena discrezionalità all’amministrazione. Tali futuri spostamenti (ai quali non avrebbero potuto partecipare i lavoratori che non hanno espresso la preferenza di sede!) sarebbero comunque stati subordinati al reperimento di ulteriori postazioni in Marco Polo, ai nuovi arrivi di personale su Bologna e - naturalmente - compatibilmente con le esigenze di funzionalità della struttura.
Come USB intendevamo arrivare a far sì che in un arco temporale ristretto tutti i lavoratori potessero essere accontentati. Abbiamo quindi indicato per questa prima fase che diversi locali ad oggi poco utilizzati in Marco Polo - alcuni locali della DP altri della DR - potevano contribuire ad aumentare la capienza, e ricordato altresì che dall’ultima mobilità regionale ben 29 lavoratori desideravano venire a Bologna, cosa che avrebbe consentito a tutti gli “scontenti” di andare, presto o tardi, a Marco Polo con il subentro dei trasferiti da altre DP in via Larga.
Soluzioni possibili e concrete per venire incontro alle necessità dei lavoratori, quindi, c’erano e ci sono, ma quanto agli spazi è stato detto che solo una stanza della DR per 4 postazioni poteva essere concessa alla DP (numero che “casualmente” coincideva con il fatto che l’UT di Marco Polo sarebbe partito provvisoriamente con 4 lavoratori in meno, e quello di via Larga con 4 in più!), mentre per la prossima mobilità regionale, presente all’incontro il Direttore Regionale si è parlato di accogliere solo 7 richieste, appena sufficienti a coprire la carenza manifestata dalla DP di 7 unità al controllo di via Larga.
Non una parola, infine, sul famoso accordo del 24 aprile 2009 (nella proposta non ce n’è proprio traccia!), quello che in teoria avrebbe dovuto tutelare oggi i lavoratori del Controllo di Marco Polo nel mantenimento della sede, ma semplicemente la previsione di individuare, a cura dell’amministrazione e tramite l’attribuzione di punteggi, nove lavoratori del controllo aree 2 e 3 di Marco Polo, da inserire nell’organico dell’UT di Marco Polo. Una “svista” clamorosa, quindi, o la volontà di far scomparire nell’oblio della memoria l’esistenza di quest’accordo?!? E la ripetuta richiesta della RSU di volerlo difendere, che fine ha fatto?!?
Quali sono quindi le grandi concessioni di quest’ipotesi di accordo? Nessuna prospettiva concreta per i “deportati” di poter veder soddisfatte le proprie richieste, una ricognizione - attuata senza informazione preventiva ai lavoratori sulla finalità effettiva della stessa - che viene blindata senza possibilità di appello, discrezionalità su tutto della Direzione Provinciale…rimane solo la possibilità per chi viene mandato a via Larga senza averlo richiesto nella ricognizione, di chiedere una flessibilità in entrata, ma solo a norma dell’art.36 del CCNL (quindi non per tutti) e sempre e solo condizionata alle esigenze di funzionalità della struttura.
Crediamo a questo punto che ce ne sia stato abbastanza per rifiutarci di firmare un accordo che concede poco e chiede tantissimo, dimenticandosi altresì di quel tanto che i lavoratori del prima Ministero delle Finanze, e ora Agenzia delle Entrate, hanno dato, tra avvio sperimentale dei primi quattro Uffici Entrate italiani, soppressione e ricollocazione del personale del CdS, soppressione e ricollocazione del personale di Bologna 1 e Bologna 3 con contemporaneo avvio sperimentale della prima Direzione Provinciale italiana, ed ora ulteriore soppressione di una sede (e speriamo finisca qui).
CREDIAMO QUINDI CHE TUTTI I LAVORATORI NE ABBIANO ABBASTANZA DI ESSERE UTILIZZATE COME CAVIE DA LABORATORIO, sobbarcandosi sempre il peso di scelte organizzative discutibili, e garantendo comunque un buon livello dei servizi e il raggiungimento degli obiettivi “sempre più sfidanti”.
I LAVORATORI DI BOLOGNA MERITANO PIÙ RISPETTO E CONSIDERAZIONE
Non è possibile che l’amministrazione, con la scusa degli obiettivi di risparmio ed organizzazione, calpesti tranquillamente i diritti e le aspettative dei lavoratori, creando un solco sempre più profondo tra amministrazione e lavoratori, dal quale crediamo difficilmente si possa poi tornare indietro.
Scarica il comunicato in fondo alla pagina