Entrate - Progressioni economiche, ultime battute

Roma -

Alla fine sono saltati fuori 20 milioni di euro stabili, con i quali finanziare 12mila progressioni economiche.

Non siamo esperti di bilancio e quindi resta per noi un mistero la lievitazione di cifre, da 6 a 20 milioni in due mesi.

Ci pare il frutto di una semplice ricognizione contabile, fatta malvolentieri e dietro forti pressioni sindacali.

Certamente non c'è stato quello sforzo che avrebbe permesso di avviare da subito un'operazione numericamente assai più significativa, come è stato fatto altrove. L'amministrazione ha allestito nel complesso una proposta indigesta.

Fra i “bocconi avvelenati” spicca senz'altro la “riserva protetta” del 10 per cento.

In pratica 1200 progressioni saranno attribuite dai direttori regionali.

Si tratta di una evoluzione della meritocrazia, che apre a un principio pericoloso anche perché alle Entrate esiste già qualcosa di simile.

Pensiamo ad esempio alle posizioni organizzative e agli incarichi di responsabilità con cui si attribuiscono nella più totale discrezionalità, ben 3400 incarichi con trattamenti accessori oscillanti fra i 7500 euro e i 3400 euro annui, più maggiorazioni.

Tutto in busta paga, con risorse a carico del Fondo per 10 milioni di euro. Scandalizzarsi ora per quel 10 per cento è giusto, ma non dimentichiamo che le posizioni organizzative e gli incarichi di responsabilità ruotano intorno allo stesso principio della meritocrazia insindacabile chiamata “interpello”.

Circa le progressioni economiche, chiediamo di seguire un ragionamento di sistema.

Non si può fare un accordo oggi, senza considerare gli effetti dispiegati dagli accordi preesistenti.

Non si possono lasciare 20mila colleghi fuori dall'operazione mentre magari ad altri si riconoscono doppi meriti e doppi vantaggi retributivi.

Si può essere selettivi anche in questo.

Dovremmo perciò muoverci entro la logica del Fondo e tenendo presenti gli usi complessivi del Fondo.

E in tal caso, deve essere seguita la logica di dare prima a chi fin qui non ha avuto e di investire più risorse in quelle fasce e aree su cui si addensano meno risorse già provenienti dal Fondo.

Non sarebbe male ad esempio rimandare al prossimo biennio, con l'accordo di programma, l'attribuzione delle progressioni per chi in questo biennio è titolare di incarichi e posizioni organizzative e dare subito la precedenza a chi fin qui ha avuto una sola progressione economica o neanche una.

Quindi per noi è dirimente capire se ci sarà un accordo di programma che tenga aperta la porta delle progressioni economiche per i prossimi anni, per impostare un'operazione in più fasi.

Per la “spalmatura” dei 12mila posti serve un approccio diverso da quello lineare proposto dall'Agenzia che intende mettere a concorso il 36% dei posti per ciascuna fascia o area.

Ciò crea forti squilibri: il 70 per cento dei 20 milioni va ai passaggi entro la III area a fronte di un rapporto fra III e II area di 60 a 40.

Tra l'altro, se correggessimo questa stortura recupereremmo posti da aggiungere ai 12mila dato che i passaggi economici in II area costano meno di quelli in III area.

La questione è complessa e non può essere liquidata sbrigativamente giudicando solo la proposta della valutazione sul 10 per cento.

Non è meno peggio il fatto, ad esempio, che un diplomato collocato in posizione F1 di III area secondo l'Agenzia non dovrà avere una progressione a prescindere dalla sua anzianità e capacità.

Se si vuole disinnescare l'anzianità, basta dirlo, sempre meglio che fingere che ci sia.

Ma poi, perché tanto accanimento contro l'anzianità come se fosse un difetto anziché un indicatore di professionalità?

A partire da queste considerazioni, serve dunque un'ampia revisione della proposta perché possa esserci un ampio consenso.

Consideriamo punti qualificanti ad esempio un accordo di programma che tenga aperte le progressioni anche nei prossimi anni per il loro completamento;

una “partenza intelligente” che tenga conto di quanto è stato già investito per finanziare accordi già vigenti come quello su posizioni e incarichi;

se si riuscisse ad avviare contestualmente i 2mila passaggi in III area per liberare ulteriori risorse da destinare alle progressioni;

se ci fosse un maggiore equilibrio nella distribuzione delle risorse fra la II e la III area.

Così com'è, la proposta è indigesta perché penalizzerebbe troppi lavoratori.

Ciò sembra paradossale, dato che si sta parlando di 12mila progressioni economiche in un contesto difficile e in peggioramento.

Ma basta gettare lo sguardo avanti, per cogliere i limiti e i rischi di un'operazione che si affloscerà su sé stessa come succede con le cose fatte male o lasciate a metà.