Argomento:

Noi abbiamo già dato (... è a noi che non Tornano i Conti!!!)

Roma -

La Corte dei Conti ha bocciato il decreto del Ministro Padoa-Schioppa, sommergendolo di rilievi.

La nostra organizzazione sindacale aveva già messo in evidenza i limiti di quell'atto politico con il quale si dimezzavano le risorse destinate ai Lavoratori del Fisco e si  dava la netta sensazione che le risorse del comma 165 fossero soggiogate al capriccio degli Dei.

La Corte dei Conti si comporta da organo giurisdizionale e resta da capire se con questa bocciatura si stia praticando un gioco di squadra sulla sponda governativa (il Ministro ha predisposto un decreto che la Corte dei Conti non poteva non bocciare) oppure si stia consumando una lotta poco trasparente fra diverse componenti dell'apparato pubblico.

Gli appetiti che si sono risvegliati intorno al comma 165 sono stati oggetto di diversi incontri con la parte politica, tutti infruttuosi e stranamente dilatori. Che si stesse aspettando la pronuncia della Corte dei Conti o che si stesse tirando a campare, non ci è dato saperlo. Le nostre osservazioni più recenti risalgono a un comunicato di qualche giorno fa (Comma 165: niente di nuovo sotto il MEF). Torniamo ad oggi e stiamo ai fatti.

Che si voglia o no fare esercizio di dietrologia, se prima del rilievo della Corte dei Conti il comma 165 era in pericolo perché minacciato dalla ingerenza politica del Ministro Padoa-Schioppa e perché sottoposto a fortissimo dimagrimento, oggi il comma 165 è praticamente morto. Approfondiamo gli aspetti sostanziali di questa bocciatura. Non sappiamo se le analogie tra quello che noi andiamo dicendo da tempo, sul comma 165, sulla produttività, sulle modalità di riparto del salario accessorio, e quello che tecnicamente eccepisce la Corte dei Conti debbano consolarci o procurarci un attacco di bile. 

I punti salienti del provvedimento di bocciatura della Corte dei Conti sono:

a) impossibilità oggettiva di verificare se e in quale modo gli uffici dell'amministrazione finanziaria abbiano realmente raggiunto gli obiettivi di produttività stabiliti annualmente dal Ministro, sia perché manca l'atto governativo di assegnazione degli obiettivi ai singoli uffici sia perché non c'è stata nessuna misurazione successiva che abbia verificato le maggiori riscossioni e le minori spese tributarie (per diniego di rimborsi, ad es.);

b) impossibilità di verificare la corretta applicazione del criterio di neutralità finanziaria invocato nel decreto del 29 dicembre 2006, firmato dal Ministro Padoa-Schioppa;

c) incoerenza giuridica nella scelta di individuare la consistenza dei fondi prima di aver individuato le unità di personale interessate a ricevere il salario di produttività;

d) difficoltà nel ricostruire la cronistoria del comma 165; [difficoltà da noi superata con il nostro ultimo numero di Oltre le Colonne, che la Corte dei Conti avrebbe potuto anche leggersi...]

e) impossibilità di verificare la non eccedenza delle somme assegnate per gli anni 2005 e 2006 rispetto al tetto massimo individuato dall'ultima Finanziaria e cioè il 90% delle somme assegnate per il 2004.

Ma la stroncatura arriva alla fine, come nelle recensioni teatrali più feroci. E qui non resistiamo alla tentazione di fare un "copia/incolla" del testo in originale. Non è amore per la filologia; è che certe cose meritano di essere riportate, senza commento, perché si commentano da sole. Scrive la Corte dei Conti, che "Sulla base delle osservazioni che precedono....... sembra a questo Ufficio che il decreto in esame, in difformità rispetto alla normativa richiamata...... ometta di fare puntuale riferimento:

a) agli obiettivi di produttività;

b) al grado del loro conseguimento;

c) agli Uffici interessati."

 

A noi pare che la misura sia colma. La gravità del problema ci aveva già spinti a preparare un coordinamento nazionale del settore Agenzie Fiscali, per il 16 febbraio prossimo a Roma. In quell'occasione la nostra organizzazione sindacale metterà a punto tutte le iniziative di lotta che daranno corpo allo stato di agitazione del personale. Se lo Stato di diritto ancora è possibile, lo ricostruiremo a partire dai posti di lavoro.