Agenzie Fiscali, rientri del 15 settembre: proviamo a far chiarezza

Roma -

La fase dei rientri che si apre a partire dal 15 settembre ci ripropone il consueto scenario: Regioni e/o Uffici che, come tante Repubbliche autonome, si muovono in ordine sparso.

E allora ovunque fioccano moduli o richieste più o meno informali di disponibilità: 2, 3 o 4 rientri e chi più ne ha più ne metta.

Non ci sembra affatto l'approccio giusto.

Come è noto l'articolo 263 del decreto rilancio ha previsto che individuate le attività smartabili (vedi Direttiva del Direttore dell'Agenzia delle Entrate del 5 agosto 2020) un 50 percento del personale che svolge tali attività può usufruire della prestazione lavorativa in modalità agile: il che lascia intendere, secondo la norma, che un altro 50 percento debba svolgere attività in presenza.

Dando per buona questa interpretazione, con il criterio della rotazione tutti coloro che manifestano la volontà di svolgere l'attività in modalità agile possono potenzialmente farlo, prevedendo a questo punto i rientri: in sintesi, lavoro agile a rotazione e rientri a rotazione.

E qui casca l'asino: come organizzare i rientri?

Ci permettiamo di intervenire nel caos generale per provare a mettere un po di ordine nel marasma generale e suggerire alcuni passaggi utili per bilanciare i contrapposti interessi:

  1. monitorare negli uffici i lavoratori disponibili a rientrare in presenza ai quali va garantito il diritto a rientrare in sicurezza;
  2. una volta acquisita tale disponibilità alla percentuale del 50 percento del personale che deve essere presente in sede si perviene tenendo conto del numero di lavoratori che, pur svolgendo attività smartabili, opta per il rientro in servizio;
  3. fermo restando l'esclusione del rientro in sede da parte dei lavoratori fragili o conviventi con familiari fragili e la non computabilità di questi nel 50 percento, si passa a questo punto a modulare e cadenzare i rientri per chi sceglie la modalità agile;
  4. la gestione flessibile e non rigida di questi criteri deve naturalmente contemperare il pieno rispetto delle misure a tutela della salute previste dai vari protocolli sottoscritti a livello nazionale e locale (per esempio numero di lavoratori per stanza)

Facciamo un esempio limite giusto per cercare di essere più comprensibili: in un ufficio, al netto delle persone fragili o con conviventi fragili che devono restare in lavoro agile senza rientro, se di 10 colleghi tutti svolgenti attività smartbaili 5 manifestano la volontà di rientrare stabilmente in presenza, gli altri 5 potranno tranquillamente svolgere l'attività sempre in modalità agile senza alcun rientro essendo, appunto, già stata raggiunta la percentuale del 50 percento. 

Va a tal proposito precisato con riferimento al personale assegnato a processi lavorativi da svolgere in presenza, che una volta garantite negli uffici le attività e la funzionalità del servizio, nulla impedisce anche a questi lavoratori di concludere la giornata in lavoro agile.

Questi passaggi sinteticamente esposti con una gestione flessibile dei rientri è cosa ben diversa dalla rigidità con la quale si sta procedendo in taluni territori dove tendenzialmente si sta già dando per scontato il numero dei rientri.

Ci sembra una soluzione ragionevole ed ordinata almeno per gestire questa fase emergenziale ponendo sempre attenzione a valutare l'andamento dell'emergenza sanitaria.

Infine una considerazione importante anche alla luce della trattativa che si è aperta sulla regolamentazione dello smart working. La gestione dell'emergenza non deve indurci a rinunciare ad avere uno sguardo lungo e a non cogliere il rischio (concreto) che l'emergenza sanitaria sia in realtà utilizzata per introdurre attraverso il lavoro agile un abbassamento delle tutele. 

Lo abbiamo detto più volte: il lavoro agile non è la panacea di tutti i mali accumulati con decenni di politiche di tagli al settore pubblico e quindi anche al nostro comparto.

Organici pesantemente ridimensionati, aumenti irrisori dopo anni di blocco contrattuale, organizzazione del lavoro disfunzionale, mortificazione delle professionalità e della funzione sociale del lavoro pubblico, strumentazione di lavoro antiquata: senza questi interventi e i relativi investimenti lo smart working rischia di essere una espressione molto cool, utile solo a coprire un ammasso di macerie, magari con qualche diritto in meno.