Veneto - Entrate, il diritto di non fare una cosa idiota, il diritto di essere rispettati!
I perché dello sciopero del 23 maggio nella D.P. di Verona
Il diritto di non fare una cosa idiota
Più dei tanti ragionamenti fatti, pur legittimi e sacrosanti, è questo il motivo profondo del rigetto istintivo dei lavoratori dell’Agenzia delle Entrate di Verona di fronte all’obbligo di compilare un piano ferie lungo tutto l’anno con il quale il Direttore ha la pretesa di sapere, con mesi e mesi di anticipo, quando esattamente sopraggiungerà il nostro bisogno di staccare dal lavoro per tirare il fiato. O in quale giorno il futuro ci parerà davanti necessità familiari tali da dover fronteggiare con la nostra presenza. O in che momento si presenterà una di quelle occasione da cogliere che la vita ha spesso la sfrontatezza di riservarti senza preavviso…
Una pretesa evidentemente illogica e paradossale che, infatti, si vede costretta a prevedere la “foglia di fico” di poter comunque modificare in corso d’opera quel bel piano ferie, dall’aspetto grafico lungo come un lenzuolo e dai contenuti fatalmente condannati ad essere fatti e disfatti in continuazione perché inseriti in buona parte a vanvera. Peccato, però, che tali modifiche effettuabili in “corso d’opera” finiscano nelle sabbie mobili della discrezionalità demandata a capi e capetti, non esclusa quella dei colleghi di reparto, che su quanto benevola possa dimostrarsi nessuna osa scommettere.
E’ così di cattivo gusto classificare un simile impianto, innaturale e farraginoso, per quello che appare, e cioè, un’idiozia? Fino a che punto deve spingersi l’obbligo contrattuale di un lavoratore di eseguire un ordine superiore? C’è ancora da qualche parte una cosa chiamata etica del lavoro che si preoccupa di distinguere cosa è utile per fare funzionare al meglio una struttura lavorativa da quello che è solo un esercizio del potere fine a se stesso da parte di chi la dirige?
Nel lavoro privato così spesso evocato, dove con cinico calcolo queste valutazioni si fanno, certo, ci sono situazioni nelle quali per necessità i piani ferie annuali si fanno ma ce ne sono ancora di più (vedi l’industria manifatturiera, ad esempio) dove la medesima programmazione si fa a breve, se non a brevissima scadenza perché legata all’esigenza di fronteggiare l’andamento delle commesse. Quali siano le sopravvenute e insormontabili necessità produttive che nella Direzione Provinciale di Verona obbligano improvvisamente ad adottare un sistema così rigido di programmazione delle ferie rispetto alle consuetudini degli anni passati, a tutt’oggi non è ancora stato spiegato…
Il diritto di essere rispettati
Perché non è proprio più accettabile che anche questo Direttore abbia un comportamento dilatorio rispetto al fatto che più di duecento lavoratori di ben quattro uffici su cinque attendano da mesi se non da anni che sia finalmente inserita nei rispettivi DVR una valutazione del rischio da stress correlato al lavoro con i conseguenti interventi correttivi da adottare visti i livelli di rischio riscontrati a seguito delle indagini conoscitive istruttorie effettuate.
Un lavoro di mesi condotto da RR.LL.SS. e RSPP – addirittura su input della Direzione Regionale e metodologie messe a punto e prescritte dall’Agenzia a livello nazionale - fatto di interviste, questionari, relazioni e proposte correttive che giacciono senza alcun seguito nel cassetto del direttore di turno, cui spetta l’ultima parola, così come senza alcuna risposta restano i solleciti di RR.LL.SS. e rappresentanze sindacali.
Com’è che tanti direttori sono prontissimi a negare la circostanza di carichi di lavoro divenuti eccessivi - sentenziando di uffici e strutture tutt’altro che in carenza di personale, anzi addirittura in esubero, sulla base di c.d. dati oggettivi ai quali solo loro hanno accesso - per poi invece latitare, insabbiare, procrastinare su rilevazioni attinenti al benessere organizzativo dei propri dipendenti che li potrebbero smentire?
Perché non si può stare con le mani in mano di fronte ad un direttore capace solo di “prendere” senza nulla “dare” visto che dopo poco più di un mese dal suo insediamento aveva già imposto i piani ferie che abbiamo visto, ridotto da dieci a sette i giorni di ferie rinviabili all’anno successivo, limitato a solo due le ore mensili accantonabili a titolo di riposo compensativo, incrementato pesantemente e diffusamente gli importi degli atti con responsabilità di firma di funzionari e capi team.
Perché a Verona in questi anni i lavoratori dell’Agenzia hanno già dato: con l’orario di apertura al pubblico tra i più lunghi d’Italia pur senza incentivi; la riduzione della flessibilità in entrata e il posticipo dell’orario d’ingresso; il trasloco in palazzi ai margini della città dalle stanze sovraffollate, sempre alle prese con inconvenienti, al centro di una fiorente attività di esercizio della prostituzione, lontani dagli esercizi di ristoro convenzionati e tutto questo in quanto bisognava tagliare i costi delle locazioni passive delle sedi precedenti.
Perché a Verona la gente adesso s’è stufata!